Si è svolto a Trento il convegno-seminario dedicato al Caucaso nell'ambito di una serie di iniziative per porre l'attenzione alle tematiche della solidarietà internazionale e dei conflitti ancora aperti nel mondo. Un momento di dibattito che ha coinvolto giovani studenti italiani e provenienti dai paesi caucasici
Fonte: Per il mio futuro
Nel convegno “Per la Pace in Caucaso”, ospitato lo scorso 11 novembre alla Facoltà di Sociologia di Trento, proposte concrete per la costruzione della convivenza, nate dall’iniziativa degli studenti dell’Associazione Rondine con la collaborazione di Trentino SpA , Università di Trento e Osservatorio Balcani e Caucaso.
Sono i giovani la risorsa strategica per portare la pace nel Caucaso. È questo il messaggio che è emerso, forte e concreto – con iniziative che vanno al di là di quelle pur importanti di sapore simbolico – dal convegno-seminario. Si tratta della prima della serie di iniziative che nascono dalla collaborazione tra Associazione Rondine, Trentino SpA, Osservatorio Balcani e Università di Trento e portano nel cuore della società trentina l’attenzione per le tematiche della solidarietà internazionale e dei conflitti ancora aperti nel mondo. A questa seguirà poi – come ha sottolineato Paolo Manfrini, direttore dell’area relazione esterne di Trentino SpA – la realizzazione di una serie di residenze per studenti stranieri come quelle già presenti in Toscana e in Umbria ad esempio.
Una partnership, quella tra Trentino SpA e Cittadella della Rondine, suggellata il 4 ottobre scorso con un protocollo d’intesa tra l’Assessore provinciale al turismo Tiziano Mellarini e il presidente Franco Vaccari. Rondine è un’associazione onlus con sede nell’omonimo borgo in provincia di Arezzo, che svolge un importante ruolo nella promozione della cultura del dialogo e della pace, tramite l’esperienza concreta dello Studentato Internazionale.
Tanti gli studenti stranieri presenti, accanto a quelli italiani, al convegno di stamattina. Elad, Mark, Kabiria, Kama, Ruba, Arnen, Gan sono solo alcuni dei nomi dei ragazzi – provenienti dalle zone di guerra come Bosnia Erzegovina, Macedonia, Kosovo, Russia, Inguscezia, Ossezia, Cecenia, Georgia, Medio Oriente – che, grazie a Rondine, stanno sperimentando una vita di convivenza, di formazione e di studio e che hanno dato vita al progetto “Venti di pace nel Caucaso”.
Un’iniziativa che ha coinvolto i ragazzi e li ha portati nel Caucaso in un viaggio-delegazione, impegnati in un momento di “democrazia popolare”. «Nel 2008 – ha spiegato Gan, studente dell’Abkazia – ero in Georgia quando scoppiò il conflitto con la Russia e, arrivando in Italia presso Rondine, la città della Pace, ho trovato tanti ragazzi di varie nazionalità caucasiche, con i quali dapprima abbiamo discusso e litigato su questo argomento. Poi abbiamo capito che non serve litigare, e ci siamo messi a lavorare su una bozza di documento con delle proposte concrete per la realizzazione della pace da sottoporre ai nostri governanti». Nasce così il famoso documento dei 14 punti, una specie di piccola road map per la risoluzione pacifica del conflitto, che, grazie alla caparbietà di questi giovani e la guida di Franco Vaccari, presidente di Rondine, è finito sulle scrivanie di tanti ministri e diplomatici, a Palazzo Madama, a Strasburgo, ricevendo le attenzioni del viceministro georgiano.
«Un’iniziativa molto valida – ha spiegato l’ambasciatore Giuseppe Cassini – che sottolinea il valore positivo della cosiddetta diplomazia “popolare”, quella che viene dal basso, dalla società civile e serve da stimolo per obbligare i potenti a politiche virtuose».
All’insegna della positività, anche se estremamente realista, anche l’intervento di Aldo Ferrari, docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia ed esperto delle tematiche relative al Caucaso : «Non dobbiamo negare che la situazione nella zona caucasica sia molto tesa e potenzialmente anche molto pericolosa, con implicazioni anche per l’Europa, si pensi solo alla questione energetica. Però va sfatato il mito che certi territori non possano trovare la pace, quasi la guerra fosse una condizione atavica. Non c’è niente scritto nel Dna di questi popoli che porti fatalmente alla guerra, solo scelte politiche sbagliate, in questo caso riconducibili alla errata politica delle nazionalità messa in campo dall’Unione Sovietica negli anni Venti che ha tracciato confini “a caso”. Nel 1991, crollato l’Urss i nodi sono venuti al pettine. Ma la pace, ripeto, non è impossibile».
Per l’Osservatorio dei Balcani e Caucaso Luisa Chiodi, direttrice scientifica, ha sottolineato l’importanza di conoscere le tematiche geopolitiche della zona per poter concertare le giuste azioni politiche e diplomatiche in funzione di una pace-possibile. «Da 10 anni – il 27 novembre si festeggia il decennale – l’Osservatorio studia le zone di guerra dei Balcani e dal 2006 ha allargato il campo al Caucaso con oltre 13.000 saggi e articoli su questi argomenti».
“Per la pace in Caucaso: un laboratorio di diplomazia popolare” fa parte di un percorso che vuole valorizzare la vocazione del Trentino quale “terra della pace”, caratteristica e peculiarità che ritorna nella propensione solidaristica di questa provincia, ma anche in simboli, carichi di storia e di significati, quali la Campana della Pace a Rovereto o il Sentiero della Pace, come ha avuto modo di sottolineare l’assessore provinciale alla Solidarietà internazionale Lia Giovanazzi Beltrami. «Il nostro territorio da sempre è sensibile a queste tematiche – ha detto – e anche grazie alla sinergia con l’Università di Trento cerchiamo di dare sempre più spazio ai giovani perché siano loro a mettere i primi mattoni sul percorso della pace».