Siamo arrivati a metà strada del nostro dibattito on-line sulla Turchia e l'Europa. Fazıla Mat fa un punto della situazione e rilancia: occorre che l'Europa venga vista come qualcosa in più di mero mercato finanziario
L’ingresso della Turchia in Europa è un’opportunità per la prima o per quest’ultima? Il rallentamento del processo negoziale dipende dai lenti progressi registrati dalla Turchia nel capo delle riforme e, “addirittura” dai “passi indietro” che violano “diritti fondamentali quali la libertà d'espressione e di stampa e le libertà religiose” (Sommer), o anche dall’ostracismo di alcuni membri dell’Unione europea? (Lagendijk) O forse la questione è solo “politica” e qualunque progresso possa fare la Turchia sarà sempre soggetta “alle dinamiche interne dell’UE”? (Niki).
E ancora, la posizione geografica del paese candidato è un’opportunità per l’UE di diventare un attore globale (Lagendijk) o un potenziale pericolo per la sicurezza (Sommer) per il gruppo dei 27? La Turchia mostra un atteggiamento che “tiene più in conto la difesa dei valori islamici che non il principio basilare della libertà d'espressione” (Sommer) o la membership della Turchia nell'UE riuscirebbe a smontare il mito secondo cui sarebbe inevitabile uno scontro di civiltà tra l'Occidente e il mondo musulmano? (Lagendijk).
Che peso hanno in tutto il processo la crisi economica che sta attraversando l’Europa e i successi economici della Turchia? Infine, e alla luce di quanto si sta osservando in questi giorni con il movimento Occupy Gezi, quanto è corretto considerare il livello di democratizzazione di un paese sulla base delle risposte del suo governo, escludendo la voce della società civile?
Gli interventi dei nostri due relatori e dei commentatori affrontano queste e altre questioni da vari punti di vista. Joost Lagendjk elenca ben cinque motivi secondo cui “l'ingresso della Turchia nell'Unione europea sarebbe positivo per l'Europa”, mentre per Renate Sommer “per chi è a favore dell'adesione della Turchia all'UE è ora di togliersi le lenti colorate di rosa e guardare ai fatti”.
Tra le motivazioni più forti del blocco dei negoziati per alcuni commentatori vi sarebbero le mancate riforme del governo turco dell’AKP: “Il processo di allargamento è basato sui ‘meriti’ dei paesi candidati e la Commissione europea nel suo Rapporto annuale afferma chiaramente il ‘progesso insufficiente’ registrato dalla Turchia nel 2012. Anziché implementare l’acquis, il governo turco preferisce concentrarsi su contro-riforme di stampo conservatore”. (Aymeric D.)
Simili constatazioni erano state fatte da Renate Sommer: “La Turchia non desidera cedere propria sovranità per adeguarsi alle leggi UE. (…) Inoltre il rifiuto della Turchia di riconoscere Cipro, membro dell'UE, come stato sovrano e la politica del muro contro muro di Ankara durante la presidenza UE di Cipro, dimostrano che la Turchia non riconosce l'UE nella sua integrità”.
Ma in che misura la posizione ostile all'ingresso della Turchia nell'Unione europea di alcuni paesi membri ha determinato tale situazione?
“L’opposizione alla membership effettiva alla Turchia e il ritardo dell’apertura dei capitoli negoziali hanno creato sfiducia e delusione, abbassando la percentuale della popolazione a favore dell’UE. La cosa si è riflettuta direttamente sulle tendenze sempre più anti-democratiche del governo, molto diverse dal suo iniziale approccio riformista”. (TC Melek Parman)
Quanto quelle riforme siano state interiorizzate dalla popolazione, a prescindere dall'atteggiamento attuale del governo, rappresenta un altro punto di riflessione importante: “Oggi abbiamo la prova che una grande fetta della gioventù turca, e non solo a Istanbul, ma anche negli angoli più remoti del paese come Antakya e Rize, si meritano l’Unione”, scrive Luigi. “Se questa avesse aperto un numero maggiore di capitoli con la Turchia avrebbe in mano uno strumento di negoziazione più efficace da utilizzare contro il premier Erdoğan affinché questi plachi la sua vendetta sui manifestanti pieni di speranze”.
E se per qualcuno l’ammissione della Turchia nell'UE dipende anche dai “comportamenti attuali” del premier turco, “su come sta gestendo l'attuale rivolta e sulle sue ideologie in merito al futuro del suo Paese” (Elisa) Iler chiede se “un’intera popolazione debba essere penalizzata perché è il suo premier a non meritarsi [l’UE]”
Ma se la “capacità istituzionale ed economica di accoglienza dell’UE” rende comunque l’accesso della Turchia una "mission impossible" non è meglio per l’Unione optare per una “partnership privilegiata” con la Turchia? (Sommer). Il successo economico turco in contrasto con le difficoltà economiche del Vecchio continente solleva dubbi anche da parte di chi si trova a favore dell’adesione del paese. “Sul fatto che la Turchia faccia parte dell’UE non c’è alcun dubbio. Se poi legarsi ad una nave che sta affondando (tale è la situazione del’UE oggi) sia una cosa buona e utile per lei è tutt’altro discorso”, scrive Canadian in China.
Forse però la questione essenziale, come scrive un commentatore non è né geografica e nemmeno economica, ma “mentale”. “Quando la maggior parte della popolazione turca vedrà nell'UE qualcosa che va oltre i fondi e i mercati finanziari, allora sarà arrivato il momento dell’ingresso della Turchia nell’UE.” (Tolga Dorken) , e forse questo forse è un aspetto sul quale anche l'UE dovrebbe ragionare più spesso.
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