L'importanza della regione del Caucaso per la Russia ha origini secolari ed ha un significato che va ben oltre l'aspetto puramente commerciale (prima) ed energetico (oggi), poiché riguarda l'esistenza stessa della Federazione russa. Per Mosca il Caucaso è una necessità storica. Una tesi di laurea
di Gaetano Cervone
L'analisi delle motivazioni che rendono il Caucaso una regione così importante per gli interessi di Mosca non può essere relegata al semplice studio delle motivazioni energetiche, poiché riguarda interessi che vanno rintracciati attraverso una prospettiva storica dell'influenza russa nel Caucaso che, mostrando un interesse secolare nei confronti della regione (risalente alle conquiste di Ivan il Terribile e Pietro il Grande), esula anche da ragioni legate esclusivamente al periodo sovietico; e non è stata certo l'esperienza sovietica a scorgere l'importanza delle regioni caucasiche e a reputarne il controllo una necessità vitale.
Il controllo della regione del Caucaso assumeva un'importanza strategica già dal XV secolo, quale porta commerciale del versante meridionale che consentiva l'accesso alle mercanzie del Mediterraneo: le prime azioni militari russe furono guidate da Ivan IV, ma fu però Pietro il Grande, nel 1722, a dare inizio alla campagna militare contro la Persia, aprendo definitivamente una via commerciale verso Oriente con la regione caucasica quale snodo principale, una politica ripresa da Caterina II decisa a sostituire la presenza ottomana nelle regioni meridionali con quella russa.
L'annessione dell'intera regione si concluse nel 1864 - nonostante i popoli dell'impervio versante settentrionale della Ciscaucasia non si sarebbero mai inseriti pienamente nell'impero - registrando negli anni l'avvicendamento di due distinte tendenze nella politica zarista verso il Caucaso, l'approccio centralista e quello regionalista, e l'istituzione del Vicereame. Nonostante numerosi eventi storici facciano presupporre un controllo mosso da motivazioni commerciali la conquista del Caucaso non fu concepita come una campagna coloniale, ma come un'espansione inevitabile verso sud; ed il Caucaso non fu percepito come una colonia dell'impero zarista, ma come un suo naturale prolungamento.
La teoria della natura commerciale della conquista del Caucaso non troverebbe infatti riscontro nelle azioni politiche successive all'annessione della regione, col dibattito sul tipo di politica commerciale da attuare, con il calo degli scambi commerciali con l'Iran, con il ruolo marginale recitato all'interno della vita economica russa. Ciò non vuol dire che non si sia applicato nei confronti della regione una politica di tipo coloniale, ma è più opportuno affermare che l'imperialismo russo fu mosso dall'obiettivo di state-building e sicurezza, visto dai suoi operatori come essenziale difesa da incursioni di pericolose popolazioni (spesso nomade) che minacciavano i confini della Russia, i coloni russi ed il commercio.
Il controllo del Caucaso, dunque, corrisponderebbe ad un'inevitabile ed indiscutibile necessità storica sia durante il periodo imperiale, che in quello sovietico e post-sovietico: questo perché Mosca non può permettersi di fissare il suo confine meridionale sullo spartiacque naturale della Ciscaucasia, caratterizzato com'è da scontri etnico-religiosi e questioni irrisolte che rispondono al nome di Cecenia, Daghestan, Inguscezia ed Ossezia del Nord. Il limes caucasico, da sempre caratterizzato da un confine interno (la Ciscaucasia) e da uno esterno (la Transcaucasia), perderebbe altrimenti la sua secolare duplicità, mantenendo al tempo stesso una forte conflittualità che lascerebbe Mosca ancor più esposta alle minacce provenienti dal sua quadrante meridionale. La geografia è un destino. E la storia ci dice che il destino del Caucaso è tutelare la sopravvivenza della Federazione russa.
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