Uno sguardo sui processi di democratizzazione nell'area ex jugoslava nei primi anni '90. Una tesi di laurea. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Il lavoro che si è voluto sviluppare in questa tesi riguarda i processi di democratizzazione avviati all'inizio degli anni '90 in alcuni paesi della ex Jugoslavia (Serbia, Montenegro, Croazia e Slovenia). L'apertura alla competizione partitica e la fine del partito unico socialista, cardine dell'assetto istituzionale della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, sono i principali motivi della differenziazione politica e dei travagliati percorsi di democratizzazione che i diversi paesi, con la felice eccezione della Slovenia, si troveranno ad affrontare almeno fino al 2000.
Il carattere dinamico dei processi di democratizzazione, unito alla specificità che ogni caso si trova necessariamente ad avere (specie in un contesto etnicamente, culturalmente e religiosamente eterogeneo come quello balcanico) rende un lavoro di questo tipo complesso quanto affascinante.
La tesi, dopo aver presentato brevemente storia e sistema politico della Jugoslavia socialista, parte dall'analisi delle competizioni elettorali, al tempo stesso causa ed effetto dei mutamenti nello scenario partitico ed istituzionale, con particolare attenzione alle “elezioni costituenti” del 1990 e al ruolo tenuto dagli ex partiti comunisti nel cercare di guidare e/o cavalcare i cambiamenti sociali alla vigilia della disgregazione della RSFJ, cercando di mantenere la propria posizione dominante anche tramite un uso strumentale del sistema elettorale.
L'analisi, suddivisa in vari capitoli dedicati ai vari paesi (eccetto Serbia e Montenegro, affrontati parallelamente vista la stretta dipendenza dei socialisti montenegrini da Belgrado), si propone quindi di analizzare l'evoluzione del sistema partitico verso un nuovo regime, non necessariamente democratico. Oltre ad un'attenta ricostruzione delle consultazioni elettorali, spartiacque storici e politici nell'evoluzione di ogni paese, è stata data particolare attenzione al progressivo rafforzamento delle c.d. “arene democratiche” definite da Linz e Stepan e ai numerosi fattori – nazionali ed internazionali – che con queste interagiscono nel determinare l'effettiva democraticità di un paese.
Nell'ultimo capitolo, che possiamo considerare il “cuore” del lavoro, si è cercato di riassumere in chiave comparata i distinti processi di democratizzazione, sottolineandone analogie e differenze; dopo una breve promessa, fondamentale per introdurre e chiarire i dibattuti concetti di “democrazia” e “democratizzazione”, si è quindi cercato di evidenziare la particolarità di ogni processo, provando anche a dare una definizione dei c.d. “regimi ibridi” degli anni '90. Eccetto che in Slovenia, infatti, il decennio successivo alla disgregazione si caratterizza non solo per la scarsa democraticità ed il (parziale) consolidamento di nuovi regimi non democratici, ma anche per continui conflitti bellici che mettono in dubbio la stessa realtà statutaria dei paesi sorti dalla Jugoslavia socialista.
In ultima analisi, si è tentata quindi una comparazione tra i casi, valutando anche l'effettiva influenza delle principali variabili suggerite nei più importanti studi (Hunthington, Morlino, Linz e Stepan, etc.), tentando di dare risposte sull'effettiva democraticità dei vari paesi; il lavoro termina con un tentativo arbitrario, alla luce di quanto analizzato nei capitoli precedenti, di valutare la “qualità democratica” dei regimi consolidatisi a partire dal 2000.
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!