Normative nazionali e progetti di cooperazione regionale e internazionale hanno creato le condizioni per lo sviluppo dell'agricoltura biologica in Albania. Seconda parte dell'indagine sul biologico nel sud-est Europa

04/11/2009 -  Matteo Vittuari

Nel Sud Est europeo i numeri del biologico sono ancora poco significativi. Se la Croazia presenta un settore che inizia ad esprimere valori consistenti, gli altri paesi presentano invece un deciso ritardo. A livello regionale (Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia) un aspetto significativo è rappresentato dalla crescita a due velocità di due dei principali elementi: produttori e superficie dedicata. I produttori, che ora contano meno di 700 unità, crescono lentamente; la superficie dedicata, che ha raggiunto 1,7 milioni di ettari, ha invece avuto una crescita esponenziale. Va detto che per quanto riguarda la superficie la crescita è stata trainata (e gonfiata) dall'inclusione delle aree destinate al pascolo e alla raccolta dei frutti di bosco.

Dopo il focus sulla Serbia, BalcaniCooperazione propone un approfondimento sull'Albania attraverso un'intervista ad Endrit Kullaj, ricercatore all'Università Agricola di Tirana e direttore di Sonnentor Shpk, una società impegnata nella produzione e nella raccolta di erbe aromatiche e medicinali per conto di Sonnentor GmbH Austria, tra i leader mondiali del settore.

Quando si è iniziato a parlare di biologico in Albania?

Certificato biologico Albania

Il movimento per l'agricoltura biologica è stato fondato nel 1997, ma nonostante questo i numeri del bio albanese sono ancora piuttosto poveri: circa 100 produttori e lo 0,01% della superficie agricola utilizzata. Poca cosa anche se si guarda al contesto regionale, dove l'Albania è probabilmente il paese con la minore estensione di superficie agricola dedicata al bio.
In termini di regolamenti, la prima legge sul biologico è la n. 9199 del 2004, che è stata elaborata con il supporto di numerosi donatori internazionali, ma che ancora non è stata pienamente applicata.

Quindi il settore non è ancora maturo...

Nonostante diversi progetti di cooperazione regionale ed internazionale, e gli sforzi dei pochi produttori impegnati nel settore, il biologico in Albania è ancora un settore di nicchia. I prodotti bio vengono commercializzati soltanto in pochi negozi o mercatini specializzati. L'attuale incapacità di fornire una gamma di prodotti più ampia crea una forte variabilità su base stagionale e rende difficile l'accesso nella grande distribuzione organizzata.

Che ruolo per l'agricoltura biologica nel quadro della politica agricola nazionale?

Dopo molti anni di lobbying, il biologico è stato ufficialmente incluso nella politica agricola albanese con la Strategia per lo sviluppo agricolo 2007-2013. All'interno di questo documento strategico sono inclusi un Piano d'azione e due tipologie di sussidi attivati nel 2007: contributi a copertura del 50% dei costi di certificazione e sovvenzioni per l'utilizzo di trappole ecologiche per la difesa dell'olivo.

Il biologico albanese può diventare competitivo? Esiste un potenziale per l'esportazione?

Per quanto riguarda l'esportazione, l'assenza di un mercato locale e di un premio di prezzo significativo ha portato tanto i produttori locali quanto i progetti di cooperazione ed assistenza a guardare principalmente ai mercati esteri. Esistono diversi casi di successo, tra cui prodotti ortofrutticoli, castagne, piante medicinali ed olio di oliva, basati su rapporti commerciali consolidati con Germania, Italia, Stati Uniti e Svizzera.
In un mercato globalizzato i produttori albanesi non possono essere competitivi in termini di quantità. Il futuro del biologico, e di tutta l'agricoltura albanese, si gioca infatti sulla qualità. L'Albania dovrebbe promuovere i propri prodotti facendo leva sulla qualità ed attraverso l'immagine di "paese del sole e dell'ospitalità". Ma la strada è ancora lunga.

E per quanto riguarda le collaborazioni con l'Italia?

La cooperazione con l'Italia è tradizionalmente forte, a maggior ragione in un settore dove l'Italia si presenta come uno dei leader mondiali. Basti pensare ai numerosi progetti sviluppati con la Regione Puglia, soprattutto all'interno della programmazione Interreg. Tra i progetti transfrontalieri con l'Italia può essere menzionato Bioadria, finalizzato ad attivare una cooperazione regionale tra associazioni di produttori agricoli biologici e caratterizzato da un partenariato solido sia nella sua componente italiana (partner da Abruzzo, Emilia Romagna, Puglia e Veneto) che in quella balcanica (partner da Albania, Bosnia Erzegovina, Croazia e Serbia).
Sul lato commerciale, oltre ad alcune società italiane che importano prodotti albanesi, va segnalata la presenza sul territorio di ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale) che certifica alcuni produttori albanesi.

L'olivicoltura può essere un settore trainante anche per il biologico?

La coltivazione dell'ulivo è fortemente radicata nella cultura e nella tradizione agricola albanese, e rappresenta sicuramente uno dei settori con maggiori margini di crescita anche per quanto riguarda il bio. Conferme arrivano anche dalle politiche governative che individuano l'olivicoltura come una delle linee prioritarie. Ad inizio 2009 il governo ha infatti formulato un programma decisamente ambizioso per lo sviluppo della coltivazione degli ulivi: nel quadriennio 2009-2013 saranno messe a dimora circa 20 milioni di piante che dovrebbero garantire un significativo sviluppo nella produzione di olio d'oliva.

Dai produttori ai consumatori. Ma la domanda interna di prodotti bio cresce o non esiste proprio?

 

Come accennato in precedenza, manca un vero e proprio mercato locale. Nonostante la proliferazione di iniziative per la promozione del biologico, la domanda interna è decisamente contenuta. La maggior parte dei consumatori di prodotti biologici sono emigranti tornati in patria che hanno avuto contatti con il bio per motivi di studio o lavoro.

Per concludere: le principali barriere per lo sviluppo del settore.

Sicuramente tra gli elementi che stanno rallentando lo sviluppo del settore vi è la dimensione particolarmente ridotta delle aziende agricole albanesi che fanno ancora fatica ad orientarsi al mercato. A questo fattore strutturale va aggiunta la limitata esperienza dei produttori albanesi sia in termini tecnici sia manageriali e commerciali. Alle lacune dei produttori vanno poi ad aggiungersi la sensibilità ancora embrionale dei consumatori e la mancanza di un adeguato sistema di incentivi da parte del governo.


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