"Italianismi nella lingua albanese" di Brunilda Dashi è un lemmario italo-albanese. Non è un libro solo per specialisti, è la storia di un'antica relazione tra l'Italia e l'Albania attraverso le parole e il loro "prestito". Recensione

16/12/2013 -  Ennio Grassi

Si scrive con una doppia erre iniziale, rruga e la pronuncia è la stessa in albanese come in italiano, con l'unica differenza che nella prima le erre si leggono arrotandole.

Rruga significa in albanese strada, ruga è invece il termine che significa strada nel dialetto veneziano, da cui la prima origina. E nell'italiano standard, per relazione analogica e slittamento di senso, le rughe sono i segni del tempo sul volto, i piccoli solchi che segnalano gli umori, i pensieri ineffabili della gente.

Rruga è anche uno dei 5926 “prestiti” della lingua italiana all'albanese raccolti con appassionata quanto competente acribia critica da Brunilda Dashi in un regesto inevitabilmente in progress dal titolo Italianismi nella lingua albanese.

La Dashi è da anni lettrice di lingua e letteratura albanese alla Sapienza nonché allieva di Elio Miracco, raffinatissimo albanologo originario della comunità arbëreshë di S. Sofia d'Epiro in Calabria, cui si deve la conoscenza in Italia della migliore letteratura albanese moderna e contemporanea.

Il “prestito” linguistico, a scanso di equivoci, non è una forma occulta o differita di colonizzazione di una lingua. E' testimonianza, al contrario, della duttilità della lingua di accoglienza, nel nostro caso l'albanese, nell'agglutinare lemmi altrui, ovviamente ad alto contenuto semantico, inserendoli con piccole varianti fonetiche e grafiche nella propria economia comunicativa.

L'italiano veicolare (ma anche letterario) per intenderci, proprio per la sua storica ostilità al prestito, è stato per secoli una sorta di esperanto o, nella migliore delle considerazioni, la lingua del canone toscano nel nome di un purismo autoreferenziale quanto anacronistico.

Censire questi quasi seimila lemmi italiani presenti nel vocabolario albanese, accertarne le fonti, ricostruirne la storia e il contesto culturale della loro acquisizione, significa compiere un viaggio straordinario e affascinante dentro la ricchissima trama delle relazioni tra l'Italia e Albania, muovendo dal lontano medioevo per arrivare ai giorni nostri.

Lemmari come questo di Brunilda Dashi illuminano finalmente parte della grande piazza adriatica, dove da secoli si sono incontrati, senza frontiere di sorta, mercanti, artigiani, soldati di ventura, artisti, viaggiatori, uomini e donne con la loro voglia di conoscenza, con le loro piccole, grandi storie da raccontare, da vivere o da rivivere in luoghi diversi e amici, condividendo e scambiando parole.

C'è insomma più storia e verità profonda sui rapporti tra l'Italia e l'Albania nel lemmario della Dashi di quanti non ve ne siano nelle spesso superficiali cronache giornalistiche di questi anni come nelle impressionistiche e a volte stereotipate notizie ufficiali dalle nostre istituzioni culturali in Albania.

Il lavoro della Dashi non è dunque solo un prezioso, importante testo di studio per i linguisti di professione ma uno strumento indispensabile, leggibilissimo e altrettanto godibile per tutti coloro che, soprattutto in Italia, vogliano entrare da una porta privilegiata e con curiosità impregiudicata nell'anima antica e fascinosa del paese delle aquile.


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