L´ecobattaglia di un alpinista bosniaco, "acrobata" e guida: "Non conosciamo e non difendiamo le nostre bellezze". Un articolo ripreso dal quotidiano locale L'Adige.
Il turismo responsabile è un turismo meditato che si propone di non perpetrare esperienze di distruzione, sfruttamento e distribuzione iniqua delle risorse, persegue princìpi universali come l'equità e la tolleranza, cercando di contribuire alla rinascita delle aree coinvolte attraverso forme di sviluppo autosostenibile. Turisti consapevoli incontrano così storie come quella di Edin Durmo, un ragazzo che lotta per la rinascita dell'alpinismo in Bosnia Erzegovina.
di Cristina Piffer*
Edin l´ho conosciuto qualche mese fa in una cittadina vicino a Sarajevo.
È minuto, con due grandi occhi azzurri e una lunga esperienza alpinistica alle spalle che spazia dalle Dolomiti al Caucaso, dal Tibet alla perla dell´ Han Tengri.
È istruttore d´alpinismo secondo la vecchia classificazione jugoslava, figura professionale che corrisponde alla nostra guida alpina.
Abita a Zenica dove è nato e cresciuto, 70 chilometri a ovest di Sarajevo. Grigia città industriale, circondata da alte colline verdi, Zenica ha vissuto tempi migliori. La sua gigantesca acciaieria, che prima della guerra dava lavoro a 24.000 persone, lavora ora al 10% della sua capacità. Si sentono ancora forti gli strascichi della crisi sociale che l´aveva colpita nell´immediato dopoguerra; una crisi caratterizzata da rifugiati che avevano perso le loro case, invalidi di guerra, soldati smobilitati, famiglie senza genitori che erano la realtà quotidiana di Zenica (e della Bosnia) della fine degli anni ´90.
Di Edin avevo sentito parlare a lungo dal mio amico Massimo, un ragazzo italiano che vive in Bosnia Erzegovina da parecchi anni. Lo aveva conosciuto nell´ottobre del 1996, quando si era fatto accompagnare ad arrampicare per la prima volta in Bosnia Erzegovina, in una falesia di Zenica. Fiero del suo 5b da corso di roccia, il mio amico vede Edin danzare sulla roccia. Lo definisce «un miracolo di leggerezza, su vie che l´alpinista valuta solamente sest (sesto), ma che in realtà sono violenti strapiombi, che a occhio e croce sono almeno «6b»...Il suo capolavoro lo fa percorrendo un tetto di 8 metri, appiccicato al soffitto della grotta naturale come se fosse un ragno. La via è Vanzemaljac (l´"extraterrestre"), via a carattere sportivo, attrezzata da Edin (apritore e unico ripetitore fino ad oggi) e che ridendo e scherzando, valuta solamente con un 6c.
Massimo mi racconta che in quel periodo Edin era depresso perché vedeva che tutto si era bloccato in termini alpinistici. Se il dopoguerra infatti è duro per tutti, figuratevi come deve essere difficile per uno che vorrebbe vivere nella natura, facendo le cose che ama in un Paese appena uscito da un conflitto che ha lasciato molta gente privata di quello che aveva e senza quello di cui vivere oltre che distese di campi inaccessibili a causa delle mine.
Nonostante la situazione Edin non si dà per vinto. Con l´aiuto dei peacekeepers italiani (il cui colonnello è entrato negli annali dell´alpinismo bosniaco), si mette ad attrezzare falesie e preparare vie attorno a Sarajevo, Zenica e Mostar.
I dubbi del vicino contadino
Proprio qui, nella città del ponte spezzato (ora ricostruito) crea il primo dei suoi gioiellini: una falesia con più di 50 vie, con vista sul lago, posto per campeggio e grigliate serali. Il tutto con il gentile supporto del contadino che vive lì vicino, ed è proprietario della terra, e non riesce a capacitarsi di cosa faccia quella gente attaccata alle rocce.
Edin è convinto di quello che fa. Nel frattempo inizia a volare col parapendio, partecipa a gare internazionali, trova i posti migliori per praticare questo sport in Bosnia. La mountain bike è sempre stata una sua passione, mentre d´inverno si dedica allo sci, all´alpinismo invernale e alle cascate di ghiaccio. Tutto questo per passione e per amore verso la magnifica natura del suo Paese.
Per mantenersi invece, inizia a fare lavori acrobatici: si cala in corda doppia per lavare i vetri delle finestre degli edifici dove hanno sede le organizzazioni internazionali, lavora sulle dighe, mette in sicura pareti franose. Anche grazie a questi impieghi occasionali, riesce a mettere assieme i soldi per partecipare a spedizioni in Tibet, negli Stati Uniti, sulle Dolomiti. Gli sponsor? E chi è interessato a sponsorizzare la Bosnia?
Ma la Bosnia è il suo posto. Ogni giorno di più si meraviglia della natura selvaggia e ancora inesplorata in cui vive. Allo stesso tempo però vede una società in frantumi a causa della guerra, con famiglie e soprattutto bambini allo sbando. Capisce che l´una può aiutare l´altra e comincia a lavorare intensamente con i bambini. Presidente del Club Sport Estremi "Scorpio", organizza corsi di arrampicata e soggiorni nella natura per i bambini di Zenica. Allestisce la prima struttura di roccia artificiale della Bosnia ed Erzegovina: 30-40 bambini ogni settimana, in imbrago e scarpette prendono letteralmente d´assalto gli strapiombi e i tetti della struttura. Organizza una spedizione con i bambini di Zenica sul Monte Bianco e ogni anno li porta al mare a Paklenica (paradiso dell´arrampicata sportiva nei Balcani), per combinare arrampicate e nuotate. Bambini e ragazzini si appassionano rapidamente alla mountain bike, all´arrampicata, al parapendio, con i primi voli didattici di poche decine di metri.
Una casetta diroccata
Ed è a questo punto che Edin realizza il secondo dei suoi gioiellini. Ispirandosi ai nostri rifugi dolomitici, Edin compra un terreno sulle colline di Zenica e una casetta diroccata: è il suo progetto. Il posto è ameno e domina l´intera vallata. Costruisce un centro sportivo dove praticare tutte le attività e da utilizzare come struttura di accoglienza. In pochi mesi, aiutato da amici e membri del Club, ripara la casetta e inizia ad inaugurarla per le sue attività sportive: d´inverno, Edin e il suo amico Jure, con gli sci ai piedi battono il pendio attorno alla casa e con un´improvvisata manovia organizzano un corso di sci per offrire il contatto con la natura ai bambini della sua città che altrimenti non avrebbero altre opportunità per frequentare centri di aggregazione (quasi inesistenti) durante le vacanze scolastiche.
Durante il resto dell´anno, il centro serve per i corsi di mountain bike e parapendio e presto una struttura di roccia artificiale permetterà anche l´arrampicata. Una vera e propria oasi sulle colline insomma, con percorsi vita, casette sugli alberi, dove i fine settimana, dopo le fatiche degli sport in montagna, si possono gustare i famosi cevapcici (una specie di polpettine alla griglia) preparati dal vicino di casa che si è fatto coinvolgere dall´attività.
Ma non basta! La natura della Bosnia è troppo bella, sconosciuta agli stessi bosniaci. Bisogna farla conoscere, divulgarla. Edin scrive e pubblica una rivista, "Izazov" (la sfida), rivista di alpinismo, natura, ecologia, e sport che cerca di diffondere in tutto il Paese. Posti come il canyon di Rakitnica o le distese innevate del Prenj vengono portati a conoscenza del pubblico bosniaco, che ha ancora un rapporto relativamente conflittuale con la natura. Per molti bosniaci, infatti, l´isolamento dei villaggi, le asperità delle montagne non sono elementi da salvaguardare ma solo difficoltà da superare e da vincere: da qui il poco rispetto per l´ambiente e una coscienza ecologica che deve ancora formarsi.
Per Edin invece la natura è un potenziale per far conoscere il proprio paese e per rilanciare l´alpinismo in Bosnia Erzegovina. Si impegna in alcune battaglie ecologiche, si arrabbia perché le istituzioni non lo seguono e molte volte, fa da sé, a sue spese.
Comincia a prodigarsi per divulgare la Bosnia e le sue bellezze: nell´autunno 2003, prepara un calendario con le più spettacolari montagne del Paese e il messaggio «Salvate la natura della Bosnia Erzegovina»: il calendario, in inglese e bosniaco, va a ruba: 500 copie finiscono addirittura al Parlamento Europeo a Strasburgo.
L´edizione 2004 si chiama "i ovo je Bosna" (la Bosnia è anche questo) e contiene immagini di canyoning, parapendio, arrampicata, fatte dai pionieri di questi sport in terra bosniaca.
Un duemila metri mai arrampicato
Edin guarda avanti. Intravede la possibilità di godere del potenziale naturalistico in maniera responsabile per sviluppare un turismo intelligente in Bosnia ed Erzegovina che ne promuova le peculiarità culturali e umane. I primi turisti arrivano quest´anno, attratti dalla possibilità di fare trekking, arrampicare, visitare Sarajevo, Mostar e il ponte ricostruito, fare escursioni nella natura e farsi conquistare dalla realtà multiculturale e multireligiosa della Bosnia.
Da questo punto di vista la Bosnia è tutta da esplorare: per fare un paio di esempi, l´estate scorsa Edin ha portato alcuni amici su una cima di 2000 metri dove prima di allora nessuno aveva mai messo piede (vi sono ragioni per ritenere che fosse l´ultimo duemila metri d´Europa non ancora conquistato), semplicemente perché la montagna era troppo difficile per chi cammina e banalmente facile per chi arrampica. Poche settimane fa inoltre, è stato organizzato il primo canyoning nel fiume Rakitnica, un posto unico, dove fino ad ora non più di 50 persone erano passate.
L´altezza delle montagne è piuttosto modesta (il picco più alto, il Maglic, non arriva ai 2400 metri), ma la natura è spettacolare, l´antropizzazione è ancora limitata, i rari villaggi bosniaci sono ancora isolati e con condizioni di vita estremamente spartane.
La recente guerra ha lasciato le sue conseguenze e una di queste è rappresentata purtroppo dalle mine, ancora presenti in larga quantità nel paese. Tuttavia, le mine (esistenti anche nella balneare Croazia) non crescono spontaneamente come i funghi: sono collocate in zone delimitate, lungo quella che era la linea del fronte al tempo del conflitto. È sufficiente chiedere a guide locali (come Edin) o, ancor meglio, farsi accompagnare da esse, per poter girovagare per i monti in tutta tranquillità e senza alcun pericolo, scoprendo realtà e paesaggi unici.
Edin Durmo è ben conscio dell´immenso potenziale del suo Paese ma ha anche imparato sulle sue spalle che nulla è facile e quindi occorre guardare avanti, lottare e sfidare le avversità.
E chi meglio di un alpinista potrebbe farlo?, ci verrebbe da dire. Edin dimostra un raro coraggio, perché ha saputo osare in un Paese che fino a dieci anni fa significava solo morte, dolore e distruzione.
* Cristina Piffer dalla fine degli anni '90 è coinvolta in Bosnia Erzegovina in progetti di cooperazione allo sviluppo, soprattutto rivolti alla valorizzazione delle risorse locali.
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