In vista delle elezioni parlamentari georgiane che si terranno nell'autunno prossimo, abbiamo incontrato Giorgi Bobghiashvili dell’European Centre for Minority Issues per parlare di minoranze e politiche inclusive in Georgia
In ottobre si terranno le elezioni parlamentari in Georgia. Quale bilancio si può trarre del primo mandato del Sogno Georgiano, quali i nodi irrisolti e le sfide che aspettano la Georgia nel 2016? Il punto di osservazione per questa prima analisi è quello della situazione delle minoranze. Si tratta di una prospettiva fondamentale per un paese che ha subito una profonda crisi di sovranità a causa delle tensioni interetniche. Le due aree secessioniste di Abkhazia e Ossezia del Sud dichiararono la loro indipendenza nei vorticosi e complessi anni che segnarono il passaggio dall’Unione Sovietica alle indipendenze nazionali. Una fase di esacerbati nazionalismi e micro-nazionalismi che portò all’epoca a cercare di concretizzare progetti di statualità poco inclusivi, in cui le minoranze erano viste con diffidenza e marginalizzate, con conseguenze tragiche per i numerosi cittadini costretti a rifugiarsi in aree del paese in cui la loro incolumità fosse garantita (soprattutto georgiani in fuga dalle aree secessioniste) e per l’integrità territoriale del neonato stato.
Le minoranze in Georgia oggi
Stando all'ultimo censimento, circa l’83% degli abitanti si identificano come georgiani. La minoranza più numerosa è quella azera (circa il 7%), seguita da quella armena (6%) e russa (1,5%). Le altre minoranze - abkhazi, ossetini, greci, ucraini, kisti, yezidi, e altri – rappresentano ciascuna meno dell’1% della popolazione. I dati non coprono le aree secessioniste di Abkhazia e Ossezia del Sud che non partecipano al censimento nazionale.
La distribuzione delle minoranze varia significativamente, essendo alcune concentrate in regioni in cui rappresentano la maggioranza assoluta. Le due aree in cui questo fenomeno è più visibile sono quelle a maggioranza azera (Dmanisi, Bolnisi, Marnueli - Regione di Kvemo Kvartli) e armena (Akhalkalaki, Ninotsminda, Akhaltsikhe – Regione di Samtskhe-Javakheti e Tsalka, provincia del Kvemo Kvartli).
La Georgia è firmataria della Convenzione per la Protezione delle Minoranze Nazionali e l’Advisory Committee ha recentemente pubblicato la seconda opinione sull’adempienza del governo rispetto agli obblighi contratti nel quadro della convenzione.
Il quadro normativo si è fatto più articolato dal 2009, quando la Georgia ha approvato una strategia e un piano d'azione per l’integrazione delle minoranze da applicarsi in varie sfere, dall’istruzione al lavoro. Una nuova strategia (la State strategy for civic equality and integration 2015-2020) è stata adottata nel 2015, e segue il Piano strategico e d'azione per i diritti umani, del 2014, che pure dedicava una parte alla promozione dell’uguaglianza per i membri delle minoranze. Nello stesso anno veniva redatta la legislazione anti-discriminazione e nasceva l’Organismo per l’Uguaglianza all’interno dell’Ufficio del Difensore Pubblico. Il ministero per la Reintegrazione, fortemente orientato verso le questioni secessioniste di Abkhazia e Ossezia del Sud, veniva rinominato Ufficio del ministero per la Riconciliazione e l’Uguaglianza Civica, un’ulteriore apertura alla coesione sociale non incentrata sull’assimilazione etnico-linguistica quanto sul concetto di società inclusiva e definita su criteri civici. E mentre il georgiano rimane la lingua ufficiale, la nuova legge sulla lingua tutela maggiormente le lingue nazionali delle minoranze. Dal 2012, infine, il Codice di Procedura Penale prevede che la discriminazione sia considerata aggravante nei reati.
L'analisi di Giorgi Bobghiashvili
Ma com’è la situazione effettivamente, come procede il progetto nazionale georgiano, fino a che punto le minoranze ne sono parte, e come si può valutare in merito il primo mandato del Sogno Georgiano?
Osservatorio Balcani e Caucaso ne ha parlato con Giorgi Bobghiashvili, coordinatore progetti presso l’European Centre for Minority Issues . Il centro ha sede a Tbilisi, svolge un ruolo di monitoraggio e consulenza presso gli organi competenti relativamente alla situazione delle minoranze etno-linguistiche, ma anche confessionali. Per svolgere queste funzioni è in perenne contatto con i rappresentanti della società civile, con i vari organismi dello stato, vanta anni di esperienze e collaborazioni internazionali.
Le principali criticità riscontrate dal centro nel settore del rispetto e della promozione delle minoranze, indicate da Giorgi Bobghiashvili, riguardano soprattutto la scolarizzazione, la partecipazione politica, il perpetrarsi di sistemi di segregazione. Per quanto riguarda la scolarizzazione, il problema si colloca nel quadro di un generale deterioramento del sistema scolastico. Per quanto circa 300 scuole siano in grado di fornire insegnamento in armeno, azero e russo, il livello di training e di aggiornamento della classe insegnante rimane basso. La partecipazione politica è ancora condizionata da dinamiche locali, in un complicato contesto di lealtà etniche ma anche claniche, in cui di fatto la rappresentanza e la capacità di partecipazione sono fortemente inibite dal fatto che non si riesce a raggiungere una vera alternanza di eletti alle cariche locali. Le dinamiche di segregazione, scarsa mobilità ed interscambi sono dovute al ristagno economico. I matrimoni misti (che pure si riscontrano, soprattutto fra abkhazi e georgiani, fra georgiani e ossetini) sono ancora fortemente ostacolati da una tradizione culturalmente poco trans-confessionale. I media giocano poi un ruolo fondamentale: armeni e azeri tendono a guardare o le tv nazionali o quelle di lingua russa, ricevendo quindi una narrativa diversa da quella della maggioranza georgiana.
Queste criticità hanno caratterizzato fin dall’inizio il progetto nazionale georgiano, e un bilancio dell’azione del governo per sanare la situazione è, secondo Giorgi Bobghiashvili, misto. Nella voce positiva di bilancio dell’operato di Sogno Georgiano rispetto ai predecessori del Movimento Nazionale Unito figura una generale democratizzazione del processo decisionale rispetto alla questione delle minoranze: le varie parti, incluso lo European Centre for Minority Issues, sono ora coinvolte nei progetti del governo, alla società civile organizzata è riconosciuto un ruolo attivo da giocare. Con il Movimento Nazionale l’intero processo era gestito dall’alto, in modo assai poco inclusivo. Allo stesso tempo vi è stato – nel passaggio da un governo all’altro – un peggioramento in termini di professionalità, per cui quello che manca adesso non è la volontà politica, ma le capacità tecniche. Un elemento che grava molto negativamente sulla bilancia dell’efficacia dell’azione di governo.
Bobghiashvili identifica poi una certa carenza dell’ultimo governo nelle strategie comunicative: il Movimento – e l’allora presidente Saakashvili in particolare – visitavano le regioni abitate dalle minoranze. Le visite non implicavano necessariamente nuovi programmi o progetti di integrazione, ma facevano sentire i cittadini meno abbandonati o alienati rispetto al governo centrale. Sogno Georgiano sembra invece più carente sotto il profilo della visibilità nelle suddette regioni.
Per quanto riguarda le intenzioni di voto delle minoranze, l’esito non è scontato. Si tende a considerare le minoranze come roccaforte di voti della maggioranza in carica, poiché la questione della fedeltà verso il governo centrale viene vista come forma di tutela da chi non si sente sufficientemente garantito dallo stato. Allo stato attuale, però, la situazione appare più complessa: l’altissimo livello di polarizzazione nazionale si sta riverberando nelle comunità di minoranza, che pure paiono abbastanza spaccate fra l’ipotesi di un secondo mandato del Sogno Georgiano e la ricerca di un’alternativa. La sfida per conquistare questa fetta di elettorato è aperta, e i mesi che seguiranno saranno fondamentali per condizionare le preferenze di voto.
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