Serafeim Fyntanidi

Serafeim Fyntanidi, per 31 anni direttore di Eleftherotypia, uno dei più autorevoli quotidiani ateniesi, in un'intervista esclusiva per Osservatorio, parla a tutto tondo della crisi economica e sociale che sta sconvolgendo la Grecia, dichiarandosi convinto che il Paese ne uscirà rafforzato

11/12/2009 -  Gilda Lyghounis

"Quando arriva il terremoto le piccole case subiscono meno danni dei palazzi. Così succederà anche per la Grecia, che adesso sembra la grande malata d'Europa ma in realtà è una piccola pietra rispetto ai colossi francesi e tedeschi. Usciremo anche da questa crisi economica e sociale. Anzi, ci farà bene". A parlare così non è un visionario con la sindrome di Zorba ("che bel disastro!" scoppia a ridere il protagonista del romanzo omonimo di Nikos Katzantzakis, davanti ai pali della teleferica faticosamente issati dai suoi operai, che crollano come birilli il giorno della inaugurazione della miniera, al cospetto alle autorità...) davanti alle città greche incendiate dagli slogan e dalle molotov dei dimostranti. È Serafeim Fyntanidis, per 31 anni al timone di uno più autorevoli quotidiani ateniesi, Eleftherotypia, e prima ancora giornalista al giornale riformista "Ethnos".

Un analista lungimirante che per avere pubblicato per primo negli anni Ottanta un'analisi spassionata delle Brigate rosse greche ("e se non fossero agenti della Cia, né fautori della strategia del terrore, ma un frutto del malessere del nostro tempo?") - "17 novembre" la misteriosa organizzazione che uccise decine di politici, diplomatici stranieri e giornalisti greci prima di essere sgominata nel 2003 - è stato imprigionato ma continuava a dirigere per telefono il suo quotidiano dal carcere.

Nato nel 1937 da una famiglia originaria della comunità ellenica di Istanbul, ha vissuto da protagonista e osservatore gli appuntamenti della storia greca nell'ultimo mezzo secolo: la dittatura dei colonnelli, le rivolte giovanili che hanno contribuito a farla cadere, l'entrata della Grecia nell'Unione europea e nella Nato, l'orgoglio nazionale per l'ingresso nell'euroclub nel 2001 e per il successo delle Olimpiadi 2004. Poi il declino, a cui assiste sbigottito il mondo intero almeno da un anno, da quando la "bomba sociale" greca è scoppiata dopo l'assassinio a sangue freddo del 15enne Alexis Grigoropulos da parte di un poliziotto nel dicembre 2008, omicidio di cui in questi giorni ricorre l'anniversario celebrato con megacortei, scioperi e con le molotov dei gruppi anarchici. Nella peggiore crisi economica che Atene ricordi.

Il primo ministro socialista Ghiorgos Papandreu, neovincitore alle elezioni di ottobre, ha dichiarato che il debito pubblico ellenico, arrivato al 112% del Pil nel 2009, "minaccia la sovranità nazionale". Le principali agenzie di rating internazionali, come Fitch e Standard & Poor, hanno declassato l'affidabilità dei buoni del tesoro ellenici. Stesso rischio è stato ventilato dalla Banca centrale europea. Atene è davvero al collasso? Rischia addirittura di essere estromessa dalla zona euro o di finire sotto la supervisione dei gendarmi del Fondo Monetario Internazionale?

Nessuno ha voluto vedere in faccia la verità. Ora l'abbiamo davanti agli occhi. Anche se a modo suo l'ex premier conservatore Kostas Karamanlis, che travolto dagli scandali e dalla corruzione del suo governo ha voluto indire elezioni anticipate proprio per perderle e lasciare così la patata bollente agli altri, aveva detto una grande verità: gli stipendi dei dipendenti pubblici devono essere congelati. Figuriamoci la sollevazione popolare: Karamanlis ha perso con dieci punti di differenza da Papandreu!

Eppure il congelamento, anzi la diminuzione degli stipendi del 15%, è proprio la ricetta che sta seguendo l'Irlanda, altra grande "avvertita" dall'Unione Europea.

In Grecia non lo accetteranno mai. E sono d'accordo con il premier Papandreu che per "riscaldare" la ripresa economica la gente deve avere qualche soldo in tasca, bisogna permettere loro di arrivare a fine mese se si vuole che facciano la spesa e non facciano chiudere altri negozi! Però lo stesso Papandreu ha già annunciato un'inevitabile politica di lacrime e sangue: risparmi nell'amministrazione pubblica, riforma delle pensioni, lotta all'evasione fiscale. Sa che nove medici su dieci e la maggioranza degli avvocati dichiarano meno di 10mila euro l'anno? E' quello che guadagnano in un giorno!

Ma basterà tutto questo? In fondo sia i conservatori di Nuova Democrazia, sia i socialisti del Pasok, che si alternano dal 1974 al potere, non hanno fatto che continuare ad assumere in modo clientelare impiegati negli uffici pubblici. Vedi il caso dell'Olympic privatizzata pochi mesi fa: collassata sotto il peso di 8100 dipendenti fra hostess, piloti, personale di terra! Di cui tantissimi andati in pensione a 45 anni!

Succedesse così solo all'Olympic! La compagnia di bandiera fondata da Onassis è la metafora dell'intero Paese. Però io sono ugualmente ottimista: ce la faremo. E sa perché? Nessun altro Paese occidentale ha passato quello che abbiamo attraversato noi nell'ultimo secolo: due guerre mondiali seguite da una guerra civile durata 5 anni, fame, povertà. Ancora prima, nel 1922, in seguito alla nostra sconfitta nel conflitto contro il nuovo Stato turco uscito dalla disfatta dell'impero ottomano, la deportazione di due milioni di greci dall'Anatolia alla madre patria, il famoso scambio di popolazioni, noto come la "megali katastrofì", [il grande disastro, ndr] in una Grecia che all'epoca aveva sei milioni di abitanti: come se in Italia arrivassero ora venti milioni di italiani emigrati da secoli all'estero! Eppure ora siamo nell'Unione Europea, nell'euroclub e siamo i primi in Europa per consumo di carne rossa, i primi nelle classifiche dell'obesità, i primi nel possesso della prima e anche della seconda casa, i primi per incidenti stradali (tutti hanno almeno un'automobile!). E' come se negli ultimi 30 anni abbiamo voluto rifarci da tanta fame e povertà. Ma non è vero che siamo al collasso: 40 anni fa i greci emigravano in America, ora abbiamo in casa un milione di emigrati dall'Afghanistan ai Balcani, che da noi riescono a vivere. Siamo davvero un Paese così allo stremo? Mi fanno ridere quelli che dicono che un terzo dei greci è sotto la soglia di povertà: e l'evasione fiscale? E il secondo lavoro (molti sono dipendenti pubblici e poi hanno, per esempio, il campo di ulivi al paesello d'origine)?

Allora tutta la rabbia dei giovani che invade le piazze delle grandi città greche, l'ira della "generazione dei 700 euro" (i nostri "milleuristi")?

Io li conosco questi ragazzi: insegno Comunicazione all'Università di Atene da 15 anni. Prima erano organizzati nelle associazioni giovanili dei grandi partiti, ora sono autonomi, cani sciolti. Ma non muoiono certo di fame: la maggior parte di loro, come lo steso Grigoropulos, sono di famiglia benestante, vivono nei quartieri chic di Atene. Ma non hanno più nessun punto di riferimento, né nei genitori, né una speranza di futuro. Un recente sondaggio ha chiesto ai giovani quale era il loro modello di riferimento: hanno risposto Rivaldo, calciatore dell'Olympiakos. Noi avevamo Che Guevara, De Gaulle o il vecchio e populista Andreas Papandreu a seconda delle tendenze politiche. Questi giovani non hanno nulla a che vedere con l'"eredità delle Brigate rosse greche" come è stato scritto. E questo vale anche per gli anarchici armati di molotov. Sono giovani privi di modelli, e allora sfogano la loro rabbia sterile distruggendo le vetrine. Pensi che alcuni degli ultimi arrestati hanno 12 anni! Distruggono e imbrattano per un gioco perverso. Anche noi 40 anni fa manifestavamo, ma non rompevamo il lavoro altrui!

Fosse nei panni di un ragazzo greco di oggi, cosa farebbe?

Mi schiererei con i miei compagni fuori dalla casa del primo ministro e non lo farei più uscire. Ci vuole fantasia costruttiva per colpire i bersagli giusti e, contemporaneamente, per non farsi odiare dai concittadini!

Però Atene, dopo le manifestazioni dei giorni scorsi, è invasa da montagne di rifiuti per lo sciopero dei netturbini precari. Guadagnano 700 euro e lavorano anche di notte.

Alla loro età guadagnavo ancora meno. Ma eravamo tutti poveri, nessuno ci faceva caso. I rifiuti? A Napoli non succede lo stesso? Cominciamo a non buttare via tutto, a consumare meno. E le montagne scenderanno. L'ho detto: da questa crisi impareremo a indossare due anni di seguito un cappotto, a fare durare una macchina almeno dieci anni. Ci farà bene.


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