Migranti in Macedonia, una rotta sempre più rischiosa
17 giugno 2015
In questi mesi la Macedonia sta diventando sempre più centrale quale terra di transito per i migranti che tentano di raggiungere i paesi ricchi dell'Unione europea attraverso la cosiddetta “rotta balcanica”.
Per i migranti, spesso rifugiati e richiedenti asilo provenienti da Siria, Afganistan, Libia e Yemen, attraversare la Macedonia si sta rivelando però una pericolosa scommessa. In molti scelgono di seguire a piedi la linea ferroviaria che attraversa il paese dal confine greco, a sud, fino a quello serbo. Una decisione rischiosa: lo scorso aprile, almeno quattordici persone sono morte investite da un treno in transito durante la notte nei pressi di Veles, in quello che è finora il più sanguinoso incidente, ma non certo l'unico, lungo la ferrovia.
Come se non bastasse, si fanno sempre più frequenti le notizie che parlano di gruppi criminali che sfruttano in modo violento chi attraversa il paese.
Un reportage dell'emittente britannica “Channel 4”, in onda ad inizio giugno, ha seguito le tracce di un gruppo criminale - guidato da un ineffabile leader afgano, chiamato Ali Baba – dedito a rapire centinaia di migranti in cerca di un riscatto.
A denunciare il fenomeno due studenti siriani, Mohamed ed Ahmed, che sono riusciti a sfuggire al controllo della gang. Il gruppo criminale, hanno raccontato i due giovani, promette ai migranti il passaggio sicuro dal confine greco-macedone alla Serbia via treno.
Il convoglio su cui viaggiavano, però, è stato fermato prima del confine, non lontano da Kumanovo. Qui i migranti, circondati da persone armate, sono stati trasportati contro la loro volontà nel villaggio di Vaksintse. Centinaia di persone sono state rinchiuse in una casa alla periferia del villaggio, minacciate e maltrattate. Unico modo per ottenere la libertà, è pagare un riscatto che, secondo vari testimoni, andrebbe dai cinquecento ai mille euro a persona.
Quando la troupe di “Channel 4” ha visitato Vaksintse, le persone di guardia alla “casa” erano soprattutto afgani, così come il presunto leader del gruppo criminale. Difficile però che un gruppo esterno possa agire indisturbato senza accordi con strutture criminali locali. E naturalmente, con funzionari pubblici disposti a chiudere un occhio, o entrambi, sul destino dei migranti.