Proseguono le rivelazioni sul conto del presunto narco boss Darko Šarić e aumentano le pressioni della comunità internazionale sul Montenegro, tanto che il premier Ðukanović potrebbe essere costretto alle dimissioni entro fine anno
Non ci sono più dubbi: il governo montenegrino ha consentito al boss del narcotraffico Darko Šarić di lasciare il Montenegro proprio il giorno in cui la Serbia aveva spiccato nei suoi confronti il mandato di cattura internazionale.
Come riporta il quotidiano di Podgorica "Vjiesti", Šarić è andato in Svizzera con l'aiuto di uomini importanti dei vertici dello stato, con un aereo privato di una compagnia il cui proprietario è un suo amico. Molto probabilmente, l'uomo in questione è Stanko Subotić Cane, anch'egli sulla lista dell'Interpol, cittadino svizzero e amico stretto del premier montenegrino Milo Ðukanović.
Subotić si trova inoltre sulla lista degli accusati dal tribunale di Bari per associazione mafiosa e contrabbando di sigarette tra il Montenegro e la Puglia dal 1994 al 2002. L'ex diplomatico montenegrino e padrino di Ðukanović, Ratko Knežević, la scorsa settimana ha accusato Subotić e Ðukanović di fronte al tribunale di Zagabria, durante il processo per l'omicidio del proprietario del settimanale "Nacional" Ivo Pukanić, di essere i capi della mafia del tabacco nei Balcani, sostenendo che proprio loro avrebbero ordinato l'omicidio del giornalista croato.
Ciò che suscita scandalo in tutta questa vicenda è la garanzia che il ministero degli Interni di Podgorica, un mese dopo l'inizio dell'operazione di polizia di Usa, Italia e Serbia, ha dato a Šarić di poter prendere la cittadinanza montenegrina, nonostante fosse al corrente dal 2007 che l'uomo di Pljevlja (Šarić, ndt.) era "uno dei principali organizzatori del traffico di droga nei Balcani, e oltre".
Questo perché Šarić è cittadino serbo (e anche slovacco), e se avesse la cittadinanza montenegrina, secondo la Costituzione del Montenegro, automaticamente non potrebbe essere estradato in nessuno stato. Persino il premier Milo Ðukanović ha dichiarato che "Šarić ha tutto il diritto di avere la cittadinanza del Montenegro".
Siccome il Montenegro non partecipa sufficientemente alla lotta contro la criminalità organizzata, sono sempre più insistenti e frequenti le accuse che provengono dalle polizie degli altri stati, così come pure dalle fila dell'opposizione montenegrina, nei confronti del potere di Podgorica.
Ðukanović si trova ora in una difficile posizione. I media sotto il suo controllo continuano a mostrare il caso come l'ennesima pressione della Serbia sul Montenegro e la sua indipendenza, ma si tratta ormai di una storia che non gode di molta credibilità nemmeno tra l'opinione pubblica locale, figurarsi poi all'estero.
Riferendosi al comportamento del premier montenegrino, del ministero degli Interni e della tv nazionale rispetto al caso, il vice presidente del partito di opposizione "Movimento per i cambiamenti" Branko Radulović sostiene che "lo stato ha reagito nel caso di Ðukanović come se fosse l'avvocato del cartello del narcotraffico, la polizia come complice che nasconde il cartello e il servizio televisivo pubblico come se fosse un servizio privato".
I leader dell'opposizione montenegrina affermano poi che Šarić ha finanziato la campagna elettorale del partito di governo, cosa che è stata subito smentita dal partito di Ðukanović.
L'esperto di criminalità Marko Nicović ha dichiarato che gli establishment politici di Montenegro e Serbia non sono del tutto "puliti", e che il clan di Šarić è stato temporaneamente usato per i loro obiettivi. "Con i soldi che possiede, Šarić si può creare un intero sistema di difesa", ha dichiarato Nicović, ribadendo che Šarić di sicuro non "se ne sta con le mani in mano", ma sta esercitando una forte pressione sugli uomini di potere sia a Belgrado che a Podgorica, da lui in qualche modo controllati, per evitare la cattura. Nicović non ha dubbi sul fatto che Šarić sarà arrestato, affermando che la Serbia e il Montenegro sono ormai sotto pressione da parte dell'Agenzia americana per la lotta ai narcotici (DEA).
Proprio Washington ha posto come condizione per la permanenza al potere di Ðukanović l'impegno di quest'ultimo nella lotta al crimine organizzato e alla corruzione. Ma siccome per adesso il premier montenegrino non ha ancora dimostrato né l'intenzione né la prontezza a farlo, si moltiplicano le voci che danno per certo che entro la fine dell'anno dovrà lasciare l'incarico.
Il presidente del Consiglio nazionale per l'integrazione europea, Nebojša Medojević, afferma che le relazioni di Ðukanović con la criminalità organizzata impediscono alle istituzioni montenegrine di adempiere agli obblighi internazionali e che questo porterà alla conclusione del sesto mandato da premier di Milo Ðukanović.
"Presso la comunità internazionale ora è chiaro che in Montenegro il problema è il governo, il quale ha consentito ai criminali di sfruttare lo stato come una piattaforma per le loro attività, la polizia che li difende, l'Agenzia per la sicurezza nazionale (polizia segreta) che gli fornisce informazioni, la magistratura che li ignora, i tribunali che li rilasciano. Problematici sono pure i sindaci che fanno amicizia con loro, i ministri che gli aprono gli hotel, il premier che va ai loro compleanni, alle feste e alle celebrazioni del santo della famiglia", precisa Medojević.
Per queste dichiarazioni Medojević, che è anche membro del Comitato per la difesa e la sicurezza del Parlamento montenegrino, di recente a Podgorica, in pieno giorno e davanti al suo appartamento, è stato aggredito dal cugino di Branislav - Brana Mićunović, spesso descritto sui media come "padrino della mafia montenegrina".
L'aggressione è stata definita dalla magistratura montenegrina come semplice violazione e non come reato penale. Il parlamento ha chiesto al procuratore della Repubblica Ranka Čarapić di rivedere ancora una volta la qualificazione di questo atto perché si tratta, come è stato detto, di un "attacco al parlamento, ad un deputato nell'esercizio della sua funzione e di un attacco alla libertà di parola".
In Montenegro, negli ultimi venti anni, hanno avuto luogo molti altri attacchi contro personalità pubbliche, oltre a omicidi irrisolti che non hanno mai avuto seguito in tribunale, anche se in tutte queste vicende compaiono quasi sempre gli stessi nomi.
I principali collaboratori del narco boss Šarić vivono in Montenegro senza particolari patemi d'animo, nonostante i mandati dell'Interpol. Allo stesso tempo nessuno in Montenegro confisca le proprietà di Šarić, come invece accade in Serbia, del valore di decine di milioni di euro.
Ad ogni modo, l'azione coordinata della polizia di Usa, Serbia e Italia prosegue, il laccio al collo dei narco boss si fa sempre più stretto. Nessuno, però, riesce ancora a capire quale sarà la direzione presa dal Montenegro.
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