Assolto Vojislav Šešelj

31 marzo 2016

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I giudici del Tribunale dell’Aja per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia hanno assolto il leader del Partito radicale serbo Vojislav Šešelj per tutti e nove i capi d’accusa che gli venivano contestati.

La sentenza di primo grado letta oggi dal giudice Jean-Claude Antonetti ha quindi messo a piede libero il leader del Partito radicale serbo perché non vi sono state prove a sufficienza per corroborare i crimini di cui era accusato.

Vojislav Šešelj, leader del Partito radicale serbo (SRS) era accusato di crimini contro l’umanità e di deportazione della popolazione non serba per motivi politici, religiosi e razziali. Inoltre era accusato di violazione degli usi e costumi di guerra, omicidio, tortura, distruzione indiscriminata di villaggi e devastazione.

La procura del Tribunale dell’Aja per i crimini nella ex Jugoslavia aveva richiesto una condanna a 28 anni di reclusione. Šešelj si è difeso da solo, senza avvocati, ed aveva chiesto l’assoluzione.

“Il propagare ideologie nazionaliste non è reato” ha affermato il giudice Jean-Claude Antonetti aggiungendo che l'accusa non è stata in grado di provare un collegamento concreto tra i discorsi nazionalisti dell'accusato e i crimini commessi in Bosnia Erzegovina, Croazia e Serbia.

Antonetti ha affermato anche che la procura non è riuscita a dimostrare vi sia stato nel periodo incriminato un diffuso e sistematico attacco ai civili non-serbi e che i giudici non sono stati in grado di contraddire l'affermazione della difesa secondo la quale i civili sono fuggiti dalle aree di combattimento per trovare rifugio e che gli autobus che portavano via la popolazione croata lo facevano per motivi umanitari e non per obbligarli ad abbandonare le loro abitazioni.

La corte ha inoltre affermato che il progetto dell'accusato di creare una “Grande Serbia” era politico e non criminale e che vi sono “ragionevoli prove” per ritenere che l'arruolamento di paramilitari sia avvenuto “per proteggere i civili”.

Šešelj non era presente all'Aja al momento della lettura della sentenza. Il leader dei radicali aveva fatto rientro in Serbia nel novembre 2014 per motivi di salute, dopo 11 anni trascorsi nel carcere di Scheveningen. Il leader dell’SRS si era consegnato volontariamente al Tribunale dell’Aja all’inizio del 2003, poco prima dell’omicidio dell’allora premier serbo Zoran Đinđić.

Sul suo canale twitter il leader radicale questa mattina prima che venisse letta la sentenza all’Aja ha scritto: “Ho dormito come un bambino, perché la mia coscienza è del tutto tranquilla. Sono fresco come una rosa, lo si vedrà oggi alla conferenza!”. Dopo la sentenza un altro tweet di Šešelj: “Da quel che sento la battaglia pare sia finita!”.

Di contro il segretario dell’Associazione delle famiglie degli scomparsi e imprigionati del comune di Zvornik Hakija Smajlović, commenta secco: “Il Tribunale dell’Aja non ha rispettato quello che le famiglie si attendevano, un Tribunale che ritenevamo di altissimo profilo”.

 


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