Lo scorso 20 dicembre la comunità di Kostel, in Slovenia meridionale, ha manifestato contro la barriera di filo spinato eretta dal governo sloveno alla frontiera con la Croazia per fermare profughi e migranti
Kostel. Il parcheggio del piccolo villaggio sloveno sul fiume Kolpa/Kupa, alla frontiera con la Croazia, è insolitamente pieno di automobili con targhe locali, ma anche della capitale Lubiana e del paese confinante. A riunire circa trecento persone, di diverse età e con background piuttosto disparati, è stata una protesta indetta nei giorni immediatamente precedenti dall'associazione Turistico-sportiva del comune di Kostel contro la barriera di filo spinato eretta dal governo sloveno di Miro Cerar nella seconda settimana di dicembre a protezione della frontiera con la Croazia.
L'iniziativa nasce sull'onda di simili manifestazioni svoltesi in Istria e nell'entroterra fiumano nei giorni precedenti, con azioni dimostrative contro il filo spinato. Nella giornata di sabato 19 in Istria è stata giocata una partita di pallavolo tra atleti sloveni e croati tra i valichi di Brezovica/Lucija, usando come rete la barriera di filo spinato, mentre in rete gira un piccolo manuale per i tagliatori di filo spinato freelance , impossibilitati a partecipare alle iniziative indette: si consiglia di mettere a punto un gruppo di due-tre tagliatori, scegliere una zona senza controllo di polizia o esercito, pubblicare le fotografie anonimamente su un gruppo Facebook. Prestando attenzione, ma anche contando sul fatto che le forze di polizia della parte opposta non possono entrare nel territorio dell'altro stato e che in ogni caso verrebbero ostacolate loro stesse dal filo. Inoltre, dato l'avvicinarsi del periodo natalizio, sono stati in molti a rispondere con l'ironia decorando il filo spinato con palline natalizie.
A spingere la piccola comunità di Kostel a indire una manifestazione, terminata con una camminata di circa 3 km lungo il fiume costeggiando le due spirali di filo spinato, è stata la contrarietà di gran parte della comunità locale alla barriera introdotta dal governo di Lubiana per fermare un flusso di profughi che in queste aree non si è mai verificato. Oltre a essere inutile il filo potrebbe avere piuttosto conseguenze negative sul territorio danneggiando il turismo, una delle poche fonti di reddito dell'area, e l'ambiente naturale. Le foto di un cervo agonizzante che ritraggono l'animale rimasto impigliato nel filo mentre cercava di andare a bere nel fiume hanno fatto il giro della rete. Inoltre, come ricorda Stanko Nikolič, uno degli organizzatori della protesta, sebbene fossero iniziati dei contatti con le autorità provinciali, i locali non sono stati avvisati dell'erezione della barriera sui loro terreni, se non due giorni dopo il fait accompli.
Le questioni ambientali si sono fuse con rivendicazioni più ampie da parte di un composito gruppo di partecipanti, alcuni dei quali hanno preso la parola all'inizio della manifestazione. Tutti hanno rimarcato come il fiume, ora segnato dal filo spinato, abbia sempre unito più che diviso gli abitanti delle due sponde, sloveni e croati. Ma sono volati anche slogan, come “Morte al fascismo, libertà al popolo”, con richiami nostalgici al tempo della Jugoslavia seguiti da nutriti applausi e che si coniugavano con le numerose bandiere rosse di piccoli gruppi di ispirazione socialista. A ritornare è stato anche il paragone con un altro filo spinato, quello che durante la seconda guerra mondiale circondava la città di Lubiana e i campi di concentramento. “Anche oggi abbiamo gli stessi fascisti, deve cadere il filo e deve cadere anche questo governo” urla nel microfono Ines, trentenne di Adrija. Ma subito dopo è Goran, un quarantenne di Lubiana con origini della valle della Kolpa, a invitare i presenti a non cadere negli slogan, come i politici, ma a prendere le forbici in mano ed andare da soli a tagliare il filo.
Tutti i partecipanti concordano sugli effetti pesantemente negativi che il filo spinato ha sulla vita delle comunità locali, in termini di danni al turismo e all'ambiente. Che potrebbero aumentare esponenzialmente in caso il fiume uscisse dagli argini, trascinando con sé tronchi e portando alla rottura e alla dispersione del filo spinato, uno scenario che potrebbe compromettere l'ambiente per le generazioni future. L'erezione della barriera è anche vista come un'imposizione del governo centrale che – può sembrare forse paradossale in un paese piccolo come la Slovenia – viene descritto da molti come lontano anni luce dai bisogni degli abitanti della valle della Kolpa. “Da anni chiediamo infrastrutture e posti di lavoro e l'unica cosa che è arrivata è stato il filo spinato” afferma Sara, studentessa di Stari trg ob Kolpi. Come lontano sembra il resto della Slovenia, dove secondo un recente sondaggio l'80% degli abitanti sarebbero a favore del muro, oltre che la gran parte dell'arco politico. Violeta Tomič, ex attrice recentemente entrata in politica, originaria dell'area, rivendica le posizioni del suo partito, Združeva levica (Sinistra unita): “Siamo gli unici nell'arco politico sloveno ad opporci al muro, ha vinto la paura verso i profughi”.
L'avversione contro il filo spinato fuoriesce dalla valle e arriva fino a Lubiana, portando gente come Barbara alla protesta: “Io in genere non scendo in piazza, ma sono amareggiata dal perverso cervello che ha inventato questo obbrobrio che non serve a nulla se non a ostacolare coloro che sono abituati a fare il bagno nel fiume. Il fiume è nostro!”. E come in molti casi un microcaso getta luce su numerosi altri problemi che dal livello locale si spostano a quello nazionale. Come ricorda Luka Počivalšek di Radio Študent di Lubiana dietro all'erezione del confine si nasconde una mancanza di trasparenza: “non sappiamo con esattezza quanti soldi siano stati stanziati per la costruzione della barriera, né da dove viene il filo spinato, anche se si possono vedere dei piccoli simboli che indicano il paese di provenienza”.
A prevalere nettamente sono le posizioni di solidarietà verso i profughi e ricorre la questione dell'inutilità di una barriera costruita per proteggere la Slovenia da un pericolo che non esiste, quello di un flusso migratorio attraverso il complesso montuoso croato Gorski Kotar. Rilievi particolarmente aspri, che fanno ritenere alla maggior parte degli abitanti improbabile che i profughi scelgano mai quella rotta. È possibile però che il flusso, se dovesse un giorno passare dalla valle, dividerebbe il composito gruppo di manifestanti. Davorin Klobučar, presidente dell'associazione Sport, spettacolo e turismo di Brod na Kupi, prima località croata al di là del confine, sottolinea la cooperazione transfrontaliera tra Slovenia e Croazia, ma ribatte con decisione la contrarietà della sua comunità ad ospitare un campo profughi nell'area perché danneggerebbe un'area già depressa che trova la sua unica risorsa nel turismo. “I profughi rappresentano un pericolo e un problema che ha creato Angela Merkel creando questo corridoio umanitario e che ora lei deve risolvere”.
Oltre alle difficoltà pratiche a far indignare i residenti è il significato simbolico della barriera, posta tra due rive che nonostante le frontiere sono sempre state storicamente legate. Ai tempi della Jugoslavia, quando il confine tra le repubbliche socialiste di Slovenia e Croazia delimitava semplicemente un'unità amministrativa, i locali erano soliti attraversarlo con frequenza per recarsi al lavoro nella vicina repubblica o anche per andare a scuola, rapporti tagliati dall'innalzamento di una frontiera di stato ma ancor più dall'entrata della Slovenia in Schengen. “Attendevamo di entrare nello spazio Schengen e ora ai suoi confini troviamo il filo spinato” commenta tra i denti Vera, insegnante in pensione di Fiume.
Vera, insegnate in pensioneAttendevamo di entrare
nello spazio Schengen e
ora ai suoi confini troviamo
il filo spinato
Molti degli anziani, a sostegno della narrazione dell'unità delle due sponde, menzionano i numerosi matrimoni misti e portano l'esempio del ponticello di Slavski Laz, costruito con un'azione di lavoro volontario per agevolare il transito degli abitanti di entrambe le sponde durante il giorno, ma diventato il simbolo di appuntamenti amorosi di sera. Chiuso al transito dopo le dichiarazioni di indipendenza di entrambi i paesi, il ponte si trova al centro di un progetto di cooperazione transfrontaliero europeo, ma è oggi completamente circondato dal filo spinato. E proprio vicino al ponte si è conclusa la marcia organizzata dal comune di Fara, con un rinfresco simbolico seguito al taglio del filo e all'apertura di un varco attraverso il quale sono passati i membri di un'associazione di canottieri locali.
Mentre i partecipanti ritornano al parcheggio Demir, un abitante di Kočevje guarda sconsolato le – pur rarissime – cartacce che si trovano lungo il sentiero. “L'opinione pubblica slovena inorridiva vedendo i profughi lasciare cartacce sul loro cammino, ma guarda qua. In che cosa siamo migliori dei profughi?”.
L'articolo è parte di un progetto sui confini mobili nell'area ex jugoslava sviluppato in collaborazione con Smk Videofactory e Graphic News .
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