Lo scorso 17 dicembre la procura di Istanbul ordina l'arresto di decine di persone. L'accusa è quella di corruzione. Ma il fatto da mera cronaca diviene subito politico: perché al centro dell'indagine vi è l'attuale establishment turco. Un'analisi

19/12/2013 -  Francesco Martino

Corruzione, sospetti trasferimenti internazionali di denaro e metalli preziosi, permessi edilizi comprati (anche in aree protette), edifici innalzati nonostante l'evidente pericolosità dell'opera. Si allargano ad amplissimo raggio le accuse della procura di Istanbul che, martedì 17 dicembre, hanno portato all'arresto di decine di persone.

L'indagine e gli arresti sono un violento e plateale schiaffo all'establishment politico ed economico turco. Tra gli arrestati, infatti, figurano i figli dei ministri dell'Interno, dell'Economia e dell'Ambiente ed Urbanizzazione. Ma anche il discusso businessman azero (che recentemente ha acquisito la cittadinanza turca) Reza Zarrab, il magnate dell'edilizia Ali Ağaoğlu, il general manager della banca statale “Halkbank” Süleyman Aslan e il sindaco della municipalità istanbuliota di Fatih, Mustafa Demir. E ancora imprenditori, dirigenti e consiglieri ministeriali.

L'azione della procura, culmine di una serie di indagini che sarebbero proseguite per più di un anno, rappresenta uno dei colpi più duri subiti dal governo monocolore del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), al potere in Turchia dal 2002 sotto la guida del premier Recep Tayyp Erdoğan.

Scontro al vertice

Per molti osservatori, visto il calibro degli arrestati, i fermi dei giorni scorsi lasciano trasparire un altissimo livello di tensione, ed una nuova profonda frattura nella scena politica turca, spesso segnata da forte polarizzazione. Secondo la teoria più apertamente discussa a scontrarsi senza esclusione di colpi sarebbero da una parte il gruppo dirigente dell'AKP, dall'altra i sostenitori del movimento religioso “Hizmet”, che fa capo a Fethullah Gülen, il suo influentissimo leader, da molti anni in esilio auto-imposto negli Stati Uniti.

Il movimento di Gülen è stato per molti anni alleato e sostenitore dell'AKP, ma col passare del tempo i rapporti si sono fatti sempre più tesi, fino ad arrivare allo scontro aperto. In Turchia da anni si parla delle posizioni influenti che membri dell'”Hizmet” si sarebbero ritagliati all'interno delle forze di polizia e dei servizi segreti, ma anche nello stesso AKP. E proprio da queste posizioni sarebbe arrivato l'attacco ai vertici del partito di governo.

Alla luce dello scontro andrebbero letti anche gli sviluppi successivi, con la rimozione di cinque commissari di polizia da parte del ministro degli Interni Muammer Güler, alcuni dei quali, come il capo della sezione crimini finanziari e dell'unità anti-crimine organizzato, direttamente coinvolti nelle indagini. Entro la serata di mercoledì, il contrattacco del governo aveva portato all'allontanamento di altri 29 funzionari di polizia e alla nomina di due nuovi procuratori incaricati di prendere le redini delle indagini.

La lotta appare politicamente insidiosa, perché rischia di creare serie spaccature all'interno dello stesso AKP alla vigilia di un'importantissima serie di appuntamenti elettorali, che inizieranno con le amministrative del marzo 2014. Pericolo esemplificato dalle dimissioni dal partito di Hakan Şükür, noto ex-calciatore professionista (Torino, Inter, Galatasaray), eletto deputato nelle fila dell'AKP nel 2011. Il 16 dicembre - un giorno prima degli arresti - Şükür, notoriamente vicino al movimento religioso di Gülen, ha lasciato il partito denunciando la politica del governo, che intende chiudere le scuole di preparazione gestite dall'Hizmet: uno dei punti di frizione più evidenti tra il partito di Erdoğan e il movimento di Gülen.

Indagini parallele

Tornando ai contenuti delle accuse, la procura di Istanbul ha delineato l'esistenza di tre indagini parallele alla base degli ordini di arresto eccellenti di questi giorni. La prima ruota intorno alla figura del businessman azero Reza Zarrab, che avrebbe pagato mazzette a membri dell'esecutivo per ottenere la cittadinanza turca, ma soprattutto in cambio della copertura a sospette transazioni di denaro ed oro tra Turchia, Iran e Russia.

Secondo le accuse, sul libro paga di Zarrab ci sarebbero Barış Güler, figlio del ministro degli Interni Muammer, Salih Kaan Çağlayan, figlio del ministro dell'Economia Zafer Çağlayan, e Süleyman Aslan, general manager della “Halkbank”. Nella casa di quest'ultimo, la polizia ha sequestrato 4,5 milioni di dollari in contanti.

La seconda inchiesta si concentra invece su permessi edilizi concessi illegalmente in cambio di bustarelle. In questo filone dell'inchiesta risultano coinvolti Abdullah Oğuz Bayraktar, figlio del ministro per l'Ambiente e l'Urbanizzazione Erdoğan Bayraktar e il tycoon dell'edilizia Ali Ağaoğlu insieme a numerosi funzionari e consiglieri dell'esecutivo e dell'Agenzia governativa per lo sviluppo edilizio (TOKİ).

Il terzo filone riguarda infine costruzioni illegali nella municipalità istanbuliota di Fatih, dove dietro pagamento il sindaco Mustafa Demir avrebbe concesso permessi edilizi in aree protette, ma anche laddove potevano costituire un pericolo immediato per la sicurezza del tunnel sottomarino Marmaray, recentemente inaugurato, che connette le sponde europea ed asiatica del Bosforo.

Polemica rovente

Gli sviluppi giudiziari dell'indagine anti-corruzione sono molto difficili da prevedere. Il profilo di molti degli arrestati (come ad esempio i figli di ben tre ministri in carica) lasciano intravedere la possibilità concreta che le accuse possano salire ancora più in alto, e toccare direttamente il cuore del sistema di potere politico ed economico creatosi nell'ultimo decennio in Turchia. Sui media turchi si è fatto poi ripetutamente il nome del ministro agli Affari europei Egemen Bağış come possibile nuovo nome eccellente coinvolto nello scandalo.

L'intera vicenda, come prevedibile, ha presto assunto la dimensione di un violento scontro politico. Riferendosi alle voci che parlavano di possibile rimozione anche dei procuratori a capo delle indagini, Kemal Kılıçdaroğlu leader della principale forza di opposizione (Partito repubblicano del Popolo - CHP) ha espresso profonda preoccupazione per quella che ha definito un'indebita intrusione dell'esecutivo nel lavoro del potere giudiziario. “Continueremo a seguire la vicenda con estrema attenzione”, ha avvertito Kılıçdaroğlu.

Per il segretario dei nazionalisti dell'MHP Devlet Bahçeli, l'indagine mostrerebbe che “l'esecutivo è coinvolto in attività illegali”, e porterebbe alla luce “quanto la Turchia sia stata trasformata nel paese della corruzione, della povertà e dei divieti con Erdoğan al potere”. Molte voci di opposizione all'attuale governo hanno invitato esplicitamente il primo ministro a rassegnare le sue dimissioni.

Lo stesso Erdoğan ha replicato energicamente alle accuse in una breve conferenza stampa tenuta nella serata di mercoledì. “Quella a cui assistiamo non è altro che una sporca operazione contro il governo”, voluta “da alcuni circoli, sia dentro che fuori dalla Turchia, che vogliono fermare la rapida crescita del paese”, ha dichiarato visibilmente contrariato il premier turco.

Erdoğan ha poi commentato la rimozione degli ufficiali di polizia, che secondo il premier avrebbero abusato dei poteri loro concessi. Se necessario, ha poi aggiunto il leader dell'AKP, potrebbero avvenire presto nuove rimozioni. “Questo governo”, il messaggio forte che Erdoğan ha lanciato sia ai sostenitori che agli avversari “non si lascerà mettere con le spalle al muro da complotti politici”.


Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!