Esattamente un anno fa in Moldavia scoppiavano violente proteste di piazza. I manifestanti contestavano la regolarità delle elezioni parlamentari. Oggi due rappresentanti di spicco della società civile moldava ricordano quei giorni. Un’intervista
Ghenadie e Oleg Brega sono rappresentanti di spicco della società civile moldava più attiva dal punto di vista politico. Sono tra i fondatori di “Hyde Park”, movimento impegnato nella difesa della libertà d’espressione ufficialmente registrato come ONG. Insieme o individualmente hanno preso parte a numerose iniziative civili e manifestazioni, incluse le contestatissime proteste sfociate in episodi di violenza che hanno seguito le elezioni parlamentari dell’aprile 2009. Ghenadie Brega è diventato famoso anche oltre i confini della Moldavia proprio in seguito a queste proteste. Oleg Brega, secondogenito di cinque fratelli, è forse meno famoso all’estero rispetto a Ghenadie, ma sicuramente non è meno impegnato del fratello in materia di libertà d’espressione, partecipazione, diritti umani e civili. Tra le loro iniziative c’è anche l’”Accademia del Coraggio”, dove viene insegnato ai giovani moldavi a usare la telecamera per effettuare interviste o inchieste riguardanti i temi maggiormente d’attualità nel Paese. Un anno dopo i moti di protesta del 6-7 aprile 2009, Osservatorio ha incontrato i due fratelli a Chişinău e ha chiesto loro di raccontarci delle loro attività e di ricordare quei giorni.
Può spiegarci cos’è l’associazione “Hyde Park”, quando è stata creata e quali sono le sue principali attività?
Oleg Brega: “Hyde Park” è stata creata circa 10 anni fa. È nata da un talk show radiofonico condotto da me in qualità di giornalista free-lance alla radio pubblica e trasmesso in orario notturno. Dopo due anni e mezzo, il programma veniva trasmesso tre volte a settimana, per un totale di 18 ore di dibattito, a cui gli ascoltatori potevano partecipare scrivendo o telefonando alla redazione. Quando i comunisti andarono al potere, il programma venne chiuso, perché era critico nei confronti del governo. Per questo motivo, io e un centinaio di ascoltatori fondammo questo movimento detto "Hyde Park" registrato nel 2003. Per cinque anni siamo stati attivi come ONG, occupandoci di promozione della libertà di espressione e di tutela dei diritti umani; abbiamo anche partecipato alle elezioni come osservatori. Nel 2007 abbiamo deciso di sciogliere ufficialmente l’associazione perché eravamo eccessivamente tenuti sotto controllo da questura, servizi segreti, ministero della Giustizia, ecc.
Cosa avvenne nel vostro gruppo nell’aprile del 2009, durante le elezioni parlamentari?
O.: Lavoravo come cameraman per una emittente televisiva locale (www.jurnaltv.md, ndr) che trasmetteva soltanto on line e si trovava in quel momento nella fase iniziale della sua attività. Per questo motivo non ero particolarmente impegnato in politica, ma mio fratello all’epoca era disoccupato e molto attivo a livello politico. Proprio dove ci troviamo ora (un self-service nel centro di Chişinău, ndr), il 5 aprile dell'anno scorso, si incontrò con altri giovani che ritenevano che le votazioni non si fossero svolte regolarmente e decisero di organizzare proteste per il giorno successivo. L’organizzazione Hyde Park non era ufficialmente coinvolta nelle proteste, ma certamente alcuni dei suoi membri lo erano.
O.: Il 6 aprile mio fratello (Ghenadie, ndr) e altri promotori del corteo sono scesi in strada con delle candele e si sono ritrovati con decine di migliaia di persone che erano lì per partecipare ad un flash mob di protesta. Ghenadie allora ha preso un megafono e ha invitato i presenti ad unirsi alla fiaccolata nei pressi del palazzo presidenziale. Quando si sono accorti che c’erano decine di migliaia di persone, i manifestanti hanno deciso di dirigersi verso la piazza centrale per controllare meglio la folla, perché soltanto con il megafono non era possibile farlo. Le forze di polizia non erano sufficienti a garantire la sicurezza. I partecipanti alla fiaccolata decisero allora di interrompere l’azione di protesta alle 8 di sera, e i manifestanti furono invitati a tornare a casa e a tornare il giorno dopo alle 10. Per l’indomani a quell’ora era infatti prevista una manifestazione dei partiti dell’opposizione, che stavano organizzando un corteo autorizzato.
Tuttavia, molti decisero di restare nella piazza centrale: alcuni partecipanti al corteo si recarono alla commissione elettorale centrale e tentarono di forzare la porta. Nessuno dei manifestanti era particolarmente aggressivo: i partecipanti all’azione si sono limitati a scuotere alcuni camioncini parcheggiati di fronte al monumento a ştefan Cel Mare. Ho filmato fino alle 10-11 di sera: ho ripreso il questore, il vice-ministro degli Interni e una serie di altre personalità politiche mentre se ne stavano là, ad osservare con le mani in mano, senza fare nulla per garantire l’ordine pubblico.
Il giorno dopo era il 7 aprile…
Ghenadie Brega: La mattina del 7 aprile, dopo questa situazione di tensione e disordine, gli organizzatori della manifestazione del 6 aprile avevano convocato per le 9 del mattino una conferenza stampa per spiegare che l'attacco alla commissione elettorale centrale e l’assalto ai camioncini non erano state nostre iniziative. Tuttavia, nelle stesse ore abbiamo scoperto dal sito web della questura che era stata aperta un’indagine nei confronti degli organizzatori del flash-mob.
Dopo la conferenza stampa ci siamo dovuti nascondere (Ghenadie e altri, ma non Oleg, ndr); ci hanno aiutato alcune ONG impegnate nella tutela dei diritti umani come Amnesty International. Specialmente io sono dovuto sparire: il mio era l’unico nome che compariva sulle richieste presentate alle autorità legali perché autorizzassero il flash-mob. Stavamo anche cercando degli avvocati che ci difendessero. Al tempo stesso, diversi leader dell’opposizione erano scesi in strada sin dalle dieci del mattino, ma nessuno voleva prendersi la responsabilità di organizzare la manifestazione. Ecco perché alle 11-12 del mattino la gente si è mossa verso il palazzo presidenziale e, nel giro di un’ora, sono scoppiati episodi di violenza.
Cos’altro è avvenuto il 7 aprile?
O.: Dopo gli episodi di violenza, sono rimasto là, in prima fila, fino all’una. Stavo riprendendo tutto, anche i disordini creati dalla polizia, dal ministero degli Interni, dalle unità speciali, che non hanno fatto praticamente nulla per difendere gli edifici. All’una ho sentito degli spari provenire dalla strada, e ho visto un fiume di gente che correva gridando in via Puşkin. Ho provato a filmare dalla finestra, ma era molto buio, così sono sceso in strada. Nella piazza centrale la polizia è stata particolarmente violenta e ha arrestato in maniera sommaria 200 persone che erano sul posto. Ero davvero spaventato, soprattutto per gli spari. Sono tornato a casa e ho pubblicato online un po' dei materiali raccolti (vedi un video ).
La mattina dell’8 aprile sono sceso nuovamente in strada. Di nuovo le stesse scene di arresti eseguiti in maniera totalmente arbitraria. Alle 10 di sera avevo filmato già abbastanza, ma la polizia e i servizi segreti mi hanno preso la telecamera e mi hanno picchiato. Ho perso conoscenza e sono stato portato al pronto soccorso.
Il 9 aprile la polizia ha fatto irruzione nei locali che avevamo adibito ad ufficio operativo, senza regolare permesso di perquisizione. Hanno preso un sacco di documenti, CD, computer, bandiere e altre cose. Erano molto sarcastici e violenti.
Siete stati interrogati e/o sottoposti a processo?
O. e G.: Siamo stati convocati in questura il giorno immediatamente successivo. Ci hanno chiesto cosa avessimo fatto. Sono state effettuate delle indagini ma non è stato messo in atto un vero e proprio processo nell’aula di un tribunale. Era evidentemente un caso politico, non c’era tempo e soprattutto non c’erano valide motivazioni per portare a termine le indagini.
La situazione è cambiata con l'arrivo al potere del nuovo governo?
O. e G.: Qualcosina! (ridono). Nessuno dei colpevoli è stato arrestato o comunque punito. Molti dipendenti della questura e poliziotti hanno addirittura ricevuto una promozione! Ci hanno restituito le nostre bandiere solo qualche settimana fa, ci restituiscono qualcosa ogni tanto e hanno ancora alcuni dei nostri computer e altri oggetti che ci appartengono.
Come giustificano questo comportamento?
O.: Non forniscono nessuna motivazione. Abbiamo inoltrato una richiesta ufficiale una volta al mese, ma non ci hanno mai risposto.
Di cosa vi state occupando in questo momento?
O. e G.: Oltre al progetto “Accademia del coraggio”, un altro importante settore di attività è organizzare manifestazioni e flash-mob. Ad esempio, in gennaio abbiamo messo in atto un’azione di protesta davanti all’Ambasciata russa, per fare sentire la nostra voce contro le violazioni dei diritti umani a Mosca. Siamo anche membri di una coalizione che si batte contro le discriminazioni. Inoltre, sosteniamo attivamente Curaj (www.curaj.net, www.curaj.tv), una rivista che prima veniva stampata, mentre adesso è soltanto on-line. Le nostre attività sono tutte autofinanziate; ad esempio, abbiamo vinto quattro cause presso la Corte Europea dei Diritti Umani e in questo modo abbiamo ottenuto 13.000 euro in risarcimenti. Attualmente, stiamo ancora attendendo l’esito di 10 cause intentate contro il governo.
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