AZADI, libertà

Mostra fotografica di Federica Araco, Paolo Fumanti e Laura Santopietro sui rifugiati politici e richiedenti asilo curdi che vivono ad "Ararat", centro socio-culturale autogestito di Roma; inaugurazione giovedì 19 dicembre alle 17:30 in occasione dell’incontro “Roma come Lampedusa. Racconti dalla città invisibile”

Le fotografie di AZADI sono state scattate al centro culturale curdo “Ararat” di Roma che ospita circa quaranta richiedenti asilo e rifugiati politici. Il suo nome ricorda quello del monte divenuto un simbolo per curdi e armeni e la prima nave arrivata in Italia con a bordo 835 profughi turchi e iracheni nel 1997. Nato all'interno dell’edificio abbandonato dell’ambulatorio veterinario nell’ex Mattatoio di Testaccio, occupato da attivisti curdi e italiani nel 1999, il centro ora paga un regolare affitto al Comune di Roma ma non riceve alcun sostegno economico dallo stato. Tutte le attività sono autogestite e autofinanziate dagli ospiti, con la collaborazione di volontari esterni.
Tra esasperanti silenzi e interminabili attese, qui da anni si intrecciano i destini di centinaia di persone in transito verso la Germania, la Francia, il nord Europa, il Canada. Punto di riferimento per tutti i curdi che arrivano in Italia, Ararat è un luogo in bilico tra un “altrove” al quale non si può far ritorno e un “qui” dove è sempre più difficile riuscire a integrarsi. La vita comunitaria è un elemento importante e crea un profondo senso di appartenenza e condivisione tra gli ospiti del centro che spesso trascorrono mesi, a volte anni, prima di ricevere una risposta dalla Commissione.

 

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