Mario Draghi © Alessia Pierdomenico/Shutterstock

Mario Draghi © Alessia Pierdomenico/Shutterstock

Nel suo rapporto sulla competitività dell'Unione europea, Mario Draghi chiede di riformare i modi in cui vengono spesi i fondi strutturali europei e alcuni degli obiettivi che perseguono. Non solo coesione sociale e territoriale – ma più innovazione, progetti industriali e grandi infrastrutture

17/09/2024 -  Lorenzo Ferrari

Lunedì 9 settembre Mario Draghi ha presentato il rapporto sul futuro della competitività dell’Unione europea che la Commissione europea lo aveva incaricato di redigere. Lungo quasi quattrocento pagine, il rapporto contiene un’analisi dettagliata delle sfide e degli ostacoli che l’UE si trova a fronteggiare e una serie di proposte per affrontarli; alcune di queste riguardano anche la politica di coesione.

Il suggerimento di Draghi che ha attirato più attenzioni è la proposta di aumentare in modo poderoso il bilancio dell’UE, così da permetterle di investire almeno 750 miliardi all’anno in più rispetto a quello che accade oggi. È una proposta basata su un’analisi realistica dei bisogni dell’UE, ma allo stesso tempo è una proposta che appare poco realistica a causa delle diffuse resistenze politiche. Ne appare consapevole lo stesso Draghi, che qua e là nel rapporto indica anche una serie di altre possibili – seppur più limitate – fonti di finanziamento delle riforme e investimenti che propone.

Una di queste è la politica di coesione: abbastanza inevitabile, dato che i fondi di coesione costituiscono oltre il 30% dell’attuale bilancio a disposizione dell’UE.

Nuove priorità

Draghi propone di piegare la politica di coesione e le relative risorse verso alcune iniziative che favorirebbero una maggiore competitività dell’UE. Per esempio, propone di usare anche i fondi di coesione per sostenere una serie di nuovi grandi progetti industriali sovranazionali. In modo più controverso, il rapporto cita i fondi di coesione come un possibile strumento che l’UE potrebbe usare per investire nello sviluppo dell’industria della difesa europea, che Draghi ritiene fondamentale sia dal punto di vista geopolitico sia da quello dell’innovazione.

Lo sviluppo delle infrastrutture per i trasporti è uno dei principali campi di intervento della politica di coesione, che da decenni finanzia il miglioramento dei collegamenti stradali, ferroviari e di altro tipo all’interno dei vari Paesi e tra i diversi stati dell’Unione. Secondo Draghi, gli investimenti europei in questo ambito non dovrebbero limitarsi a perseguire una maggiore coesione territoriale, ma andrebbero messi innanzitutto al servizio di una maggiore competitività per l’UE. E quindi, per esempio, dovrebbero contribuire di più alla realizzazione dei grandi progetti infrastrutturali transnazionali previsti dalla rete TEN-T , che finora hanno faticato a trovare i finanziamenti necessari. In questo modo il focus degli investimenti europei nelle infrastrutture e i trasporti si sposterebbe verosimilmente di più sui collegamenti ad alta velocità tra le zone metropolitane, ridimensionando lo sforzo per migliorare i collegamenti che servono le aree rurali o remote.

Riforme necessarie

Il rapporto Draghi ribadisce l’importanza della coesione sociale e territoriale, che viene descritta come uno degli elementi chiave del modello di innovazione caratteristico dell’UE: un valore fondamentale di questo modello sta “nel combinare la creazione di posti di lavoro di qualità con alti livelli di protezione sociale e di ridistribuzione”. Questo meccanismo “dovrebbe essere preservato”, per esempio assicurando ammortizzatori sociali e politiche per l’adeguamento delle competenze dei lavoratori che rischiano di restare ai margini dello sviluppo (uno dei principali settori di intervento del Fondo sociale europeo), e riducendo la tassazione sui lavoratori a reddito medio-basso.

Se il perseguimento di una maggiore coesione sociale e territoriale rimane importante, secondo Draghi la politica di coesione dell’UE ha però bisogno di essere riformata in modo significativo – come peraltro sostengono da tempo molti analisti e alcuni politici.

In primo luogo, i fondi di coesione soffrono di alcune debolezze caratteristiche di un po’ tutti i programmi di finanziamento dell’UE: “L’efficacia [degli investimenti europei] è limitata da troppa frammentazione, complessità e rigidità”, sostiene il rapporto. In effetti, l’UE conta su decine di programmi di finanziamento diversi, che in alcuni casi mancano di un focus chiaro e spesso si sovrappongono, e che si muovono con tempi molto lenti e modalità troppo rigide e complicate.

Più nello specifico, secondo Draghi alcuni principi della politica di coesione andrebbero aggiornati per allinearli con le nuove realtà economiche. Il rapporto auspica una forte accelerazione dell’innovazione, del mercato unico e della competitività dell’UE – ma riconosce che, a differenza di quanto è accaduto spesso in passato, questi sviluppi potrebbero portare a una divergenza ancora maggiore tra le regioni più ricche e dinamiche dell’Unione e quelle che oggi si trovano più in difficoltà. Secondo Draghi, occorre quindi che l’UE faccia sì che “un numero maggiore di città e regioni possano prendere parte ai settori che guideranno la crescita futura”, come l’innovazione e i servizi. Per fare questo, “la politica di coesione dovrà essere riorientata verso ambiti come l’istruzione, i trasporti, gli alloggi, la connettività digitale e la pianificazione”.

 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Energy4Future" cofinanziato dall’Unione europea (Ue). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina "Energy4Future"


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