Il 13 giugno scorso a Novi Sad (Serbia) si è svolta la conferenza finale del South East European Media Observatory. Al centro del dibattito integrità dei media e proposte di riforma
Fonte: European Federation of Jopurnalists
"Perché i media nella regione non sono al servizio della democrazia?" Questa la domanda principale che ha orientato il progetto di ricerca e formulazione di policy recommendation per le riforme dei media nel Sud Est europa. Un progetto durato 4 anni che ha coinvolto 10 paesi con il coordinamento del Peace Institute di Lubiana. E' in rappresentanza di questo istituto che Brankica Petković, coordinatrice del SEE Media Observatory, ha inaugurato la sessione di apertura della conferenza, intitolata "Alternative: riforme dei media per la loro integrità e il futuro del giornalismo indipendente nei paesi del Sud-est Europa".
Fra le risposte formulate a questo quesito la prima risale al 2015 e coincide con la pubblicazione dei risultati del sondaggio sugli assetti proprietari e i canali di finanziamento dei media in Turchia, Montenegro, Kosovo, Macedonia, Albania, Bosnia Erzegovina e Serbia. Un'analisi che ha evidenziato l'impatto significativo della corruzione.
I rapporti pubblicati nel 2016 hanno portato avanti il dibattito concentrandosi in particolare sul ruolo di giornalisti e redattori nel sostenere modelli di giornalismo indipendente e attendibile in risposta ai costanti tentativi dello stato, del mercato, dei proprietari, dei politici di ottenere il controllo sulle informazioni prodotte e sulla loro diffusione.
"Quando discutiamo di democrazia, non possiamo dimenticare che il tentativo di controllare i media è sempre in atto", ha ricordato Dunja Mijatović, Rappresentante OSCE per la libertà dei media, nel videomessaggio inviato alla conferenza. Mijatović ha inoltre espresso preoccupazione per i ritardi nel processo di digitalizzazione in alcuni paesi della regione, che potrebbero comportare ritardi significativi nel flusso di informazioni disponibili per i cittadini. Mijatović ha suggerito infine che un approccio basato sui principi è essenziale per avere l'integrità dei media.
I risultati del sondaggio sul ruolo dei redattori, riassunti e riportati da Ilda Londo dell’Albanian Media Institute, ente che fa parte del gruppo di ricerca del SEE Media Observatory, non sono stati però molto incoraggianti: la legge non prevede nessuna protezione speciale per loro, c’è una mancanza di regolamentazione interna, oltre a una mancanza di fiducia nelle associazioni che potrebbero proporre un codice etico. La posizione di redattore non è più considerata una professione prestigiosa, e l'affiliazione politica resta tuttora un criterio decisivo per poter lavorare nei media pubblici in molti paesi della regione.
I nuovi modelli di finanziamento per il giornalismo, argomento affrontato nel corso della conferenza e trattato in uno dei policy paper risultato del progetto, hanno stimolato un dibattito vivace. La discussione ha evidenziato le alternative agli attuali sistemi multimediali e alle pratiche che ostacolano l'integrità dei media nei paesi del Sud-Est Europa. In questo contesto, una bozza del manifesto "Towards Media Policy in the service of the public", è stata distribuita a tutti i partecipanti, perché tutti potessero contribuire con commenti e modifiche a quello che potrebbe essere una ricaduta di lungo periodo di questo importante progetto, da leggere assieme al lungo Policy Recommendations Paper 2013-2016, pubblicato precedentemente.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto