Rappresentazione della giustizia - © Sergii Gnatiuk/Shutterstock

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E' partito all'Aja, anche se piuttosto in sordina, il primo processo della Corte Speciale per il Kosovo sui presunti crimini commessi dalla guerriglia albanese dell'UÇK durante il conflitto che ha portato alla dichiarazione di indipendenza di Pristina. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [26 settembre 2021]

E' partito il 15 settembre scorso con il procedimento a carico di Salih Mustafa, anche noto come “comandante Cali”, il primo processo della Corte Speciale per i presunti crimini dell'UÇK in Kosovo.

Mustafa, 49 anni, personaggio di secondo piano e poco conosciuto dall'opinione pubblica, è stato arrestato nel settembre 2020 ed è accusato di detenzione illegale, torture e omicidio nei confronti di sei albanesi kosovari sospettati dall'UÇK di essere fiancheggiatori delle forze serbe.

Lo stesso Mustafa, che all'epoca del conflitto armato comandava un'unità della guerriglia albanese attiva nell'area di Podujevo, a nord-est di Pristina, si è dichiarato non colpevole rispetto ai fatti che gli vengono addebitati, che risalgono al maggio 1999.

La Corte speciale è un tribunale sui generis, istituita dal parlamento kosovaro nel 2015 dietro a ripetute pressioni da parte di Unione europea e Stati Uniti per rispondere ai forti sospetti di crimini compiuti da alcuni comandanti e unità dell'UÇK ai danni non solo di serbi ma anche di albanesi considerati traditori o oppositori politici.

Pur facendo parte del sistema giudiziario kosovaro, la Corte speciale ha sede in Olanda con giudici internazionali.

Tra gli imputati in attesa di giudizio ci sono numerosi nomi eccellenti: il più noto è quello di Hashim Thaçi, ex presidente del Kosovo e storico leader della lotta armata albanese. Raggiunto dalle accuse di crimini di guerra da parte Corte nell'aprile 2020, Thaçi si è dimesso dalla carica di presidente per consegnarsi spontaneamente alla giustizia.

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