Gli USA hanno richiesto all'Albania di smaltire sul proprio territorio l'arsenale chimico siriano. Molti si oppongono alla decisione, mettendo in discussione la capacità di Tirana di gestire materiali pericolosi, visti i gravi incidenti del passato. Il servizio di Francesco Martino per il GR di Radio Capodistria [12 novembre 2013]
L'Albania come sito per la distruzione delle più di mille tonnellate di armi chimiche in dotazione al regime di Bashar al-Assad. Armi che, secondo la risoluzione 2118 votata lo scorso settembre dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu, dovrebbero essere smantellate entro il giugno del 2014. Questa l'ipotesi emersa nei giorni scorsi quando le istituzioni di Tirana hanno confermato la richiesta di collaborazione arrivata dall'amministrazione Obama.
La notizia ha subito scatenato le proteste di gruppi ambientalisti, estremamente preoccupati dall'arrivo in Albania di ingenti quantità di materiale altamente tossico e pericoloso che altri paesi della Nato, come la Norvegia, hanno già rifiutato di trattare sul proprio territorio. Per il momento il governo albanese, tradizionalmente molto sensibile alle richieste provenienti da Washington, non ha ancora dato risposte definitive.
L'Albania viene presa in considerazione anche perché, nel 2007 ha smaltito con successo il proprio arsenale chimico proprio grazie al supporto economico e tecnico arrivato dagli Stati Uniti: la quantità di materiale tossico che arriverebbe dalla Siria è però decine di volte più grande. Molti scettici pongono l'accento sulla capacità delle autorità albanesi di gestire materiali pericolosi. Fin troppo facile ricordare la spaventosa tragedia avvenuta nel 2008 nel villaggio di Gerdec, alle porte di Tirana, quando l'esplosione di un deposito di munizioni portò alla morte di ventisei persone e al ferimento di diverse centinaia.
Per il neo premier socialista Edi Rama, la questione è delicata. Mostrando attenzione alle tematiche ambientali, una delle prime decisioni del suo esecutivo è stata quella di vietare l'importazione di immondizia in Albania, proveniente soprattutto dall'Italia. Sull'altro piatto della bilancia, però, c'è la gestione dei rapporti con Washington principale alleato e patrono internazionale del paese delle aquile.