Dopo un voto di sfiducia, è caduto ieri il governo montenegrino guidato da Zdravko Krivokapić, espressione delle forze politiche che nel 2020 erano riuscite a sconfiggere dopo tre decenni il monopolio politico dell'attuale presidente Milo Đukanović. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [5 febbraio 2022]
Con 43 voti a favore, 11 contro e numerosi astenuti, è passata ieri nel parlamento di Podgorica la mozione di sfiducia contro il governo del conservatore filo-serbo Zdravko Krivokapić. Insieme alle forze dell'opposizione, a sostenere la mozione è stato anche il movimento progressista URA, fino a ieri parte della maggioranza di governo.
Finisce così, dopo 14 mesi di difficile coabitazione, l'esperienza di un'esecutivo di esperti, nato dopo la storica sconfitta del padre-padrone del Montenegro, l'attuale presidente Milo Đukanović, subita alle elezioni dell'agosto 2020 per mano di una coalizione variegata fatta da filo-serbi e progressisti europeisti.
Le tensioni interne alla nuova maggioranza, evidenti fin dall'inizio, hanno alla fine bloccato il paese, portando alla definitiva spaccatura nelle ultime settimane. Per i settori progressisti, il governo di Krivokapić si è rivelato incompetente, troppo legato all'ingombrante vicino serbo e debole nel portare avanti il percorso di avvicinamento del Montenegro – paese candidato dal 2010 – verso l'Unione europea.
Al momento le prospettive politiche nel paese restano poco chiare: il leader di URA, Dritan Abazović, è fautore della creazione di un governo di minoranza, che escluda dall'esecutivo sia il Fronte democratico che il Partito democratico dei socialisti di Đukanović, e consultazioni per esplorare questa possibilità sono già in corso.
Anche se l'operazione dovesse andare a buon fine, il nuovo governo avrebbe però un orizzonte limitato: per uscire dall'impasse, bisognerà chiamare di nuovo gli elettori alle urne, probabilmente nei prossimi mesi.
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