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Nonostante il rapido aumento di casi di COVID19, in Russia il tasso di mortalità ufficiale per coronavirus resta nettamente più basso che nei principali paesi europei. Sempre più voci, però, parlano di cifre ritoccate in basso dal Cremlino. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [16 maggio 2020]

Con un aumento vertiginoso dei casi, la Russia è oggi uno dei focolai più attivi di COVID19: nel giro di poche settimane ha superato i 260mila casi accertati, ed oggi è il secondo paese più colpito al mondo, dietro soltanto agli Stati Uniti.

Nonostante l'impennata del contagio, con più di 10mila nuovi casi al giorno da inizio maggio, la mortalità associata al virus in Russia resta estremamente bassa: ad oggi, infatti, il numero ufficiale delle vittime ha superato di poco le 2400 unità, con un tasso di mortalità di appena lo 0,9%, un dato che è stato ripetutamente sottolineato dalle autorità russe per rivendicare la qualità della gestione della crisi sanitaria nel paese.

Col passare dei giorni, però, sempre più voci mettono in dubbio i dati presentati, sostenendo che le cifre reali siano in realtà molto più alte, visto che i dati ufficiali forniti da Mosca includono solo chi sarebbe deceduto esclusivamente a causa del coronavirus e non – come succede nella maggior parte degli altri paesi – chiunque sia mancato dopo essere risultato positivo ad un tampone.

A supporto del loro scetticismo, i critici citano ad esempio il sensibile aumento del numero delle morti totali nella capitale Mosca, che ad aprile ha registrato un aumento di quasi duemila decessi rispetto alla media degli ultimi anni.

Dal canto loro le autorità russe negano però qualsiasi manipolazione dei dati: secondo il Cremlino, il numero basso di vittime sarebbe conseguenza dei test di massa e della rapida risposta in caso di accertata infezione.

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