Presentato ieri dal commissario UE per l'Allargamento Štefan Füle l'atteso rapporto annuale sui progressi dei paesi candidati all'UE. Parere positivo soprattutto per la Serbia e per il Kosovo. Il servizio di Francesco Martino per il GR di Radio Capodistria [16 ottobre 2013]
Era molto atteso sia nei Balcani che in Turchia il rapporto sull'allargamento presentato oggi a Bruxelles dal commissario Štefan Füle, arrivato a pochi mesi dall'ultimo ingresso a pieno titolo nell'Unione, quello della Croazia.
Nonostante crisi economica e crescente scetticismo, Füle ha rivendicato l'allargamento come “una delle politiche più efficaci dell'Unione”, invitando poi l'UE a rifocalizzare l'attenzione su elementi fondamentali, come lo stato di diritto nei paesi candidati.
Quest'anno i giudizi più positivi sono andati a Serbia e Kosovo, reduci dalla firma di un'importante accordo sulla normalizzazione dei rapporti reciproci. Il 2013 è stato definito un “anno storico” sia per Belgrado, che dovrebbe aprire i negoziati di adesione non più tardi del prossimo gennaio, che per Pristina, con cui il 28 ottobre iniziano le procedure di firma del'Accordo di Associazione e Stabilizzazione, primo passo del percorso di integrazione.
Buono anche il parere sull'Albania, grazie soprattutto alle elezioni parlamentari ben gestite dello scorso giugno. La Commissione ha quindi proposto di attribuire al “paese delle aquile” lo status di candidato, a patto che Tirana continui la lotta contro corruzione e crimine organizzato.
Giudizio a luci ed ombre per la Turchia, che viene criticata per la risposta violenta dell'esecutivo alle proteste anti-governative scoppiate nei mesi scorsi. Per la Commissione, il paese deve rispondere urgentemente alla necessità di sviluppare “una democrazia realmente partecipativa”. Importanti passi in avanti vengono però riconosciuti ad Ankara nel campo della riforma giudiziaria come nell'avvio del processo di pace con i curdi.
Sempre al palo, invece, la Bosnia-Erzegovina, che secondo Bruxelles nel 2013 non ha fatto alcun progresso. “La leadership politica bosniaca”, scrive laconico il rapporto, “continua a non mostrare alcuna visione condivisa sul futuro del paese”.