Droga e denaro - © Lumi Studio/Shutterstock

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Si è aperto ieri a Bellinzona, in Svizzera, il processo che vede alla sbarra la banca elvetica Credit Suisse: l'istituto non avrebbe impedito a suoi dipendenti di riciclare milioni provenienti dallo spaccio di droga della mafia bulgara. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [8 febbraio 2022]

Criminalità organizzata balcanica, traffico internazionale di droga, banche svizzere: sembrano pagine tratte dall'ultimo libro dello scrittore italiano Roberto Saviano, ma è la cronaca del processo aperto ieri dal Tribunale penale federale elvetico a Bellinzona che coinvolge direttamente l'istituto Credit Suisse.

Il processo, che si apre dopo quindici anni di lunghe indagini, vede alla sbarra due banchieri e due cittadini bulgari legati al boss Evelin Banev, noto in Bulgaria con il soprannome di “Brendo”. Grazie alla collaborazione dei banchieri, e alle falle nel sistema anti-riciclaggio della Credit Suisse, che la procura ha definito “carente”, l'organizzazione sarebbe riuscita a riciclare negli anni almeno 146 milioni di franchi svizzeri, una parte dei quali sarebbero stati trasportati fino alla sede di Zurigo in valigie cariche di banconote di piccolo taglio. La banca si è detta estranea ad ogni coinvolgimento nelle azioni criminali dei suoi dipendenti, ma rischia ora multe milionarie.

Pur non essendo direttamente coinvolto nel processo, il procedimento riporta sotto i riflettori la figura di “Brendo”, uno dei boss bulgari più attivi nel commercio di cocaina a partire dagli anni 2000. Negli anni scorsi, i tribunali di Italia, Romania e Bulgaria lo hanno condannato a pene complessive per 36 anni, per traffico di droga e riciclaggio. Banev però è riuscito a far perdere le sue tracce nel 2015 – nonostante fosse ricercato dall'Interpol - ed è ricomparso soltanto nell'autunno scorso in Ucraina, di cui ora ha il passaporto e da cui difficilmente verrà estradato.

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