La polizia turca ha arrestato ieri 1300 rifugiati che tentavano di raggiungere la Grecia, dopo gli accordi sui flussi migratori firmati tra Ankara e Bruxelles domenica scorsa. Critiche le organizzazioni umanitarie. Francesco Martino (OBC) per il GR di Radio Capodistria [1 dicembre 2015]
Sono circa 1300 i rifugiati arrestati ieri dalla polizia turca nella regione di Çanakkale, mentre tentavano di imbarcarsi per l'isola greca di Lesbo, porta d'ingresso all'UE per chi tenta di raggiungere l'Europa. Insieme ai rifugiati sono stati fermati tre trafficanti e sequestrate quattro imbarcazioni.
La vasta operazione arriva all'indomani degli accordi sui flussi migratori firmati domenica scorsa tra Turchia ed Unione europea, che prevedono aiuti economici e un rilancio della prospettiva di adesione all'UE di Ankara in cambio di un controllo più serrato da parte turca su chi tenta di arrivare in Europa.
In Turchia ci sono oggi più di due milioni di rifugiati. Dall'inizio del 2015 più di 700mila hanno lasciato il paese per cercare di rifarsi una vita nell'Unione europea, soprattutto in Germania: nel tentativo di raggiungere le isole greche, più di 500 persone, tra cui molti bambini, sono annegate tragicamente nel mar Egeo.
Il nuovo atteggiamento turco si rifletterà sulla “rotta balcanica” - che dalla Grecia raggiunge i confini dell'area Schengen – rotta percorsa quest'anno da centinaia di migliaia di rifugiati. Nel tentativo di limitare il numero degli arrivi, nel corso del 2015 Ungheria, Macedonia ma anche Slovenia, hanno deciso di innalzare barriere ai propri confini.
Una politica restrittiva da parte turca potrebbe rallentare sensibilmente il numero di rifugiati e migranti in arrivo alle porte dell'Unione. Come sottolineano varie organizzazioni umanitarie, però, il rischio e quello di rendere il viaggio semplicemente più costoso e pieno di rischi, a tutto vantaggio dei trafficanti.