Turchia

La Turchia è scossa da un pesantissimo scandalo di corruzione. Coinvolte persone vicinissime al premier Recep Tayyp Erdoğan, che ha parlato di “cospirazione internazionale” contro il suo governo. Il servizio di Francesco Martino per il GR di Radio Capodistria [23 dicembre 2013]

 

E' uno scandalo che arriva dritto al cuore dell'establishment politico ed economico turco, tanto da lambire lo stesso premier islamico-moderato Recep Tayyp Erdoğan, al potere orma da un decennio. Un'inchiesta che potrebbe avere conseguenze pesanti per il futuro politico della Turchia, ma anche sui rapporti internazionali di Ankara.

Tutto è iniziato martedì scorso, quando una spettacolare operazione anti-corruzione della procura di Istanbul ha portato al fermo di decine di persone. Ventiquattro fino ad ora le persone arrestate, accusate di corruzione, traffico internazionale di valuta e metalli preziosi, abusi edilizi. Tra questi i figli dei ministri degli Interni e dell'economia, insieme al direttore della banca statale Halkbank.

L'ondata di arresti porta alla luce una durissima lotta nei circoli di potere della Turchia di oggi. A scontrarsi, due ex alleati, divenuti ora avversari irriducibili: da una parte il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo dello stesso Erdoğan, dall'altra il movimento ispirato all'influente leader religioso Fethullah Gülen, che vanta molti aderenti proprio nella polizia e negli organi di giustizia, da dove è partita l'inchiesta che ora fa tremare il governo.

Erdoğan ha reagito con rabbia ed energia. L'esecutivo ha provveduto a rimuovere in fretta e furia molti dei funzionari di polizia protagonisti dell'inchiesta. Con tutta probabilità, in cantiere anche un rimpasto di governo, che dovrebbe mettere da parte i nomi più compromessi dalle indagini.

La battaglia si è presto spostata anche a livello internazionale: Erdoğan, che ha definito lo scandalo “una cospirazione” contro il suo governo, non ha gradito i commenti dell'ambasciatore americano sulla vicenda. Tanto da arrivare a minacciare velatamente di espulsione il rappresentante diplomatico di Washington.

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