Manifestazioni in Turchia a favore della Convenzione di Istanbul - © Huseyin Aldemir/Shutterstock

Manifestazioni in Turchia a favore della Convenzione di Istanbul - © Huseyin Aldemir/Shutterstock

Nonostante le forti proteste di donne e attivisti, la Turchia ha deciso di uscire dalla Convenzione di Istanbul, sottoscritta dieci anni fa per lottare contro le violenze di genere. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [4 luglio 2021]

Non si placano le proteste in Turchia dopo la decisione del presidente Recep Tayyip Erdoğan di ritirare l'adesione del paese dalla Convenzione di Istanbul, sottoscritta da 45 paesi nel 2011 proprio nella principale città turca per combattere contro le violenze di genere.

A scendere in piazza sono soprattutto donne e attivisti, preoccupati dell'impatto della decisione in un paese dove solo nel 2020 sono stati registrati più di 400 femminicidi, un trend confermato nel 2021 con quasi 200 donne uccise nei primi sei mesi dell'anno.

Il presidente Erdoğan ha comunicato l'inaspettata decisione di ritirarsi dalla Convenzione nello scorso marzo, sostenendo che il documento sia stato “dirottato” da “chi vuole presentare l'omosessualità come qualcosa di normale”. Giovedì scorso, un ricorso contro la decisione è stato rigettato dalla Corte di Stato, rendendo così il ritiro fatto compiuto.

Secondo molti analisti, il presidente turco – da sempre paladino dei valori più tradizionali - tenta così di ingraziarsi le fasce più conservatrici dell'elettorato con un occhio alle prossime elezioni presidenziali in agenda per il 2023.

Per gli attivisti e le attiviste che si battono contro le violenze di genere, però, l'impatto del ritiro dalla Convenzione di Istanbul, che la Turchia era stato il primo paese a ratificare – avrà effetti deleteri sui diritti, soprattutto delle donne e delle minoranze sessuali.

Secondo Guslum Kav, fondatrice della piattaforma “Fermiamo i femminicidi” il ritiro dalla convenzione renderà le vittime “ancora più impotenti”, aumentando invece il “senso di impunità” di chi esercita violenza.

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