Ad Istanbul la festa del 1 maggio torna ad essere segnata da scontri di piazza tra manifestanti e polizia. A causare le violenze il tentativo del corteo di raggiungere la simbolica piazza Taksim, nonostante il divieto espresso dal premier, l'islamico moderato Recep Tayyp Erdoğan. Il servizio di Francesco Martino per il GR di Radio Capodistria [ 2 maggio 2013]
Quello di ieri, a Istanbul, è stato un primo maggio segnato da scontri e violenze tra polizia e manifestanti. Alcune frange del grande corteo, organizzato dai sindacati turchi, hanno infatti tentato di raggiungere la centralissima piazza Taksim nonostante il divieto decretato dal governo conservatore del Partito della Giustizia e dello Sviluppo.
Taksim rappresenta un luogo fortemente simbolico per le organizzazioni sindacali e la sinistra turchi a causa del massacro avvenuto durante la manifestazione del 1 maggio 1977 quando, in circostanze mai chiarite, persero la vita più di 30 persone.
Abolita dopo il colpo di stato militare del 1980, la festa del 1 maggio è stata reintrodotta nel 2009. Da allora, le manifestazioni ad Istanbul sono sempre terminate a Taksim senza particolari problemi. Quest'anno, però, la piazza è in rifacimento, e il governo ha negato l'accesso, schierando nelle strade della città sul Bosforo più di 20mila poliziotti.
Gli scontri , partiti quando una parte del corteo ha tentato di farsi strada verso la piazza, hanno interessato Taksim e altri quartieri del centro, bloccando per ore la vita nella metropoli turca. Le frange violente hanno attaccato con lancio di pietre e bottiglie molotov, la polizia ha risposto con idranti e gas lacrimogeno. Il bilancio finale è di 22 poliziotti e tre manifestanti feriti e più di 70 arresti.
A differenza di molti paesi europei, dove il primo maggio è stato segnato da proteste contro l'austerità imposta nel tentativo di superare la crisi economica, in Turchia l'accento cade soprattutto sui diritti dei lavoratori.
Nonostante il paese viva un lungo periodo di sviluppo economico, infatti, molti lavoratori si vedono ancora negati diritti fondamentali, come quello di associazione sindacale.