Nicole Corritore 15 giugno 2016
Dopo la rotta balcanica, arrivo a Udine - foto Ospiti in Arrivo.jpg

Tre volontari dell'Associazione "Ospiti in Arrivo" sono stati messi sotto indagine dalla Procura di Udine, per reati connessi all'aiuto offerto a trenta profughi. Immediata la reazione della società civile italiana con una petizione rivolta al Governo

Fonte: Ospiti in Arrivo - Melting Pot - Change.org - L'Espresso

"Solidarietà ad Ospiti in Arrivo: arrestateci tutti!". Questo è il titolo dato alla petizione lanciata sul web due giorni fa, a sostegno di alcuni volontari messi sotto indagine dalla Procura di Udine per aver aiutato trenta profughi. L'appello, rivolto al Governo, è già stato firmato in pochi giorni da molte associazioni e singoli tra i quali l'eurodeputata Elly Schlein, il presidente di Medici Senza Frontiere, Loris De Filippi, oltre a parlamentari, giornalisti, volontari, attivisti e giuristi.

La scorsa settimana ad alcuni volontari dell’Associazione Ospiti in Arrivo è stato notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari a loro carico. Come riporta L'Espresso del 13 giugno scorso, la Procura di Udine ha posto sotto indagine la presidente, la vicepresidente e un interprete in servizio presso la Commissione territoriale di Gorizia, per aver accompagnato trenta profughi presso la sede della Caritas, aver fornito loro informazioni dettagliate sulle procedure da seguire per il riconoscimento dello status di rifugiato, accusati del reato di invasione di edifici e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina al fine di trarne ingiusto profitto. Un reato che prevede fino a 4 anni di reclusione.

Ospiti in Arrivo è un’associazione che da quasi due anni si occupa di richiedenti asilo a Udine, a scopo esclusivamente umanitario. È nata dall'iniziativa spontanea di un gruppo di cittadini che - di fronte alle inadempienze istituzionali - ha iniziato a prestare aiuto e assistenza a migranti e richiedenti asilo provenienti per la maggior parte da Afghanistan e Pakistan attraverso la rotta balcanica. Queste persone arrivavano in città - e arrivano tuttora - per formalizzare la richiesta d’asilo alla Questura di Udine, dopo averne dichiarato la volontà alla polizia di frontiera a Tarvisio, prima città italiana dopo il confine austriaco.

Nel dicembre 2014 a Udine non esisteva alcuna struttura di prima accoglienza. Molti richiedenti asilo, che pure avrebbero avuto diritto all'accoglienza secondo le Direttive UE 32 e 33 del 2013, erano costretti a dormire per strada e avevano accesso a un solo pasto al giorno. Considerando la situazione inaccettabile e disumana, i volontari di Ospiti in Arrivo hanno iniziato a fornire assistenza quotidiana distribuendo pasti caldi e vestiario nei luoghi dove trovavano riparo, cioè edifici dismessi, parchi, il sottopasso della stazione ferroviaria: un’informalità obbligata dalle inadempienze istituzionali e sostenuta esclusivamente grazie alle risorse messe a disposizione da privati cittadini e all'opera gratuita dei volontari.

Di questa attività di prima accoglienza, svolta esclusivamente a fini di solidarietà sociale - come espresso nello Statuto dell’Associazione, che dal dicembre 2014 si configura come Onlus - i volontari hanno informato per un lungo periodo tutte le istituzioni presenti sul territorio, con l’invio di report quotidiani alla Prefettura, alla Questura e al Comune di Udine.

Nell’aprile 2015 veniva concertata tra Comune e Prefettura l’apertura di una tendopoli presso la caserma Cavarzerani per l’accoglienza dei migranti - tendopoli perennemente sovraffollata, tanto che pochi mesi dopo si è sentita l’urgenza di aprire una seconda struttura di accoglienza presso la ex caserma Friuli.

Attualmente l’Associazione, che nel tempo ha allargato il suo campo d’azione dando vita a una scuola d’italiano e a una lunga serie di iniziative di sensibilizzazione nelle scuole e in città, è ancora impegnata nel primo supporto ai richiedenti asilo che continuano ad arrivare ogni sera alla stazione di Udine, meta di una rotta balcanica data per chiusa ma che continua a portare in città un grande flusso di migranti afghani, pakistani e iracheni che spesso ancora dormono all'addiaccio, pur avendo diritto legale all'accoglienza.

"Se donare soccorso, vestiti, scarpe, coperte e cibo a persone abbandonate per strada dalle istituzioni - che sembrano ricordarsi di loro solo quando viene il momento di sgomberarle dai luoghi in cui hanno trovato rifugio - è un reato, allora noi tutti ci dichiariamo pubblicamente colpevoli. Se fornire “precise indicazioni sulla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato” è favoreggiamento dell'immigrazione clandestina allora tutti noi avvocati, mediatori, giuristi, attivisti, giornalisti, operatori delle varie organizzazioni e associazioni di volontariato siamo colpevoli. Arrestateci. Arrestateci tutti!". Si conclude così la petizione, ad oggi arrivata a 3.400 firme.