Belgrado - Daniele Dainelli

Dopo la formulazione della nuova strategia Ue sull'allargamento ed a seguito del vertice di Sofia tra l'UE e i Balcani occidentali, un'analisi del ruolo dell'Italia nel processo di allargamento

25/05/2018 -  Luisa Chiodi

(Pubblicato anche su Ispi on-line )

Nel corso degli anni, l'Italia ha ripetutamente confermato il pieno sostegno, a livello politico e diplomatico, al processo di integrazione dei Balcani occidentali. Uno dei principali risultati della presidenza italiana dell'UE nel 2014 è stato il lancio della Strategia macroregionale per la regione adriatico-ionica (Eusair). Più recentemente, il vertice di Trieste del processo di Berlino (luglio 2017) ha rappresentato il coronamento degli sforzi dell'Italia per rilanciare il processo di integrazione dei Balcani occidentali.

In Italia, tradizionalmente, l'allargamento dell'UE ai Balcani gode di un sostegno politico trasversale a livello locale, nazionale ed europeo. Fondamentalmente il paese appoggia il processo guidato dalla Commissione europea e porta avanti i propri obiettivi politici nei confronti della regione nei forum multinazionali a livello politico e militare.

Dal 2011, tuttavia, con la crisi economica e la conseguente riduzione delle risorse pubbliche a disposizione l'Italia ha perso l'influenza politica guadagnata in passato e il suo impegno nella regione è diventato più declaratorio che sostanziale. Attualmente, ad esempio, dei 20 paesi prioritari dell'Agenzia italiana per la cooperazione internazionale (AICS ) per il 2015-17, solo l'Albania e la Bosnia Erzegovina sono beneficiari dei fondi APS italiani.

Come sottolineano gli analisti italiani Andrea Frontini e Davide Denti, l'Italia deve fare affidamento sull'europeizzazione del proprio interesse nazionale proprio nel momento in cui la politica comune dell'allargamento subisce un processo di ri-nazionalizzazione da parte degli stati membri. Prendendo ad esempio la cosiddetta diplomazia culturale: mentre tutte le potenze globali e regionali stanno investendo nel settore dei media (Deutsche Welle, BBC, la russa Sputnik, la stampa, radio e televisione pubblica turca e l'Agenzia Anadolu, N1 per CNN e Al Jazeera), l'Italia deve fare i conti con il fatto di avere chiuso le proprie sedi Rai nell'area 10 anni fa.

Ci sono molte ragioni strategiche per cui l'Italia dovrebbe essere protagonista della cosiddetta "europeizzazione" dei Balcani occidentali, a partire dalla sua radicata presenza economica, sia in termini di investimenti che di interscambio commerciale (l'Italia è il secondo partner dopo la Germania). Come è noto, inoltre, vivono in Italia consistenti comunità di immigranti provenienti dai Balcani e il numero di italiani che si trasferiscono nella regione sta crescendo, specialmente verso l'Albania.

In un contesto in cui il prevalere di interessi nazionali degli stati membri rischia di mettere in pericolo il processo di integrazione – si veda ad esempio lo spregiudicato atteggiamento austriaco nei confronti della gestione dei flussi migratori sulla rotta balcanica – l'Italia andrebbe elogiata per la scelta di perseguire coerentemente l'agenda comunitaria.

Tuttavia, il paese non esercita il proprio peso politico con la necessaria convinzione. A volte è l'instabilità politica ad indebolire l'efficacia della politica italiana, come nel caso dell'attuale presidenza dell'Osce che, in assenza di un governo, si basa solo sull'azione del corpo diplomatico.

Guardando all'attuazione dell'Eusair, però, emerge anche il problema di un impegno concreto inadeguato. Nella relazione che esamina l'implementazione delle strategie macroregionali da parte dei governi nazionali coinvolti, il Parlamento europeo prende atto con preoccupazione della "mancanza di un efficace collegamento tra la disponibilità di risorse, la governance e la titolarità dell'Eusair, che impedisce il pieno raggiungimento degli obiettivi” .

Nella sfera pubblica italiana c'è poco dibattito sul processo di allargamento, che rimane un tema per esperti di politica estera. Sebbene il vertice di Trieste venga considerato un successo diplomatico, non si può dire che abbia avuto visibilità sui media nazionali o un impatto significativo sull'opinione pubblica.

Mentre le relazioni transnazionali tra Italia e Balcani si intensificano nei fatti, i sondaggi di opinione degli ultimi anni mostrano un preoccupante mutamento di approccio nei confronti della regione. Con l'aumento dell'euroscetticismo nel paese, i dati dell'Eurobarometro mostrano il prevalere di opinioni ostili ad ulteriori allargamenti dell'UE: nelle rilevazioni dell'autunno 2017 il 45% degli italiani si dice contrario, mentre si esprime a favore il 40% (anche se il numero dei contrari è in calo rispetto all'anno precedente).

Nel nuovo clima politico, l'Italia rischia di perdere la finestra di opportunità aperta nel 2017 dal presidente della Commissione Juncker che, nel suo discorso sullo "Stato dell'Unione", evidenziava la necessità di offrire una prospettiva "credibile" per integrazione europea della regione (posizione confermata nel febbraio 2018 con la pubblicazione della nuova strategia della Commissione che indica il 2025 come prossima data per eventuali adesioni di nuovi membri).

Di fronte a figure politiche di rilievo come il presidente francese Macron che appena dopo l'apertura della Commissione hanno espresso dubbi sulla fattibilità dei nuovi allargamenti dell'UE, mettendo in discussione i risultati faticosamente conquistati dal processo di Berlino, l'Italia deve chiarire che l'europeizzazione dei Balcani occidentali è un interesse nazionale strategico per ragioni politiche, economiche e di sicurezza, e mostrare di essere fortemente impegnata a sostenere la regione in questo processo.

I decisori italiani dovrebbero iniziare a ragionare in termini di UE a 33 stati membri e simulare scenari in cui l'Italia si trovi a costruire coalizioni regionali, per guadagnare peso all'interno delle istituzioni europee e difendere gli interessi della regione adriatico-ionica su questioni come la protezione ambientale, la biodiversità e la connettività o il turismo, come previsto dalla stessa strategia Eusair.

Si tenga presente tuttavia che, in modo circolare, questo scenario virtuoso può concretizzarsi solo nella misura in cui i paesi dei Balcani occidentali riusciranno a diventare stati membri dell'UE portando a compimento il loro processo di trasformazione. L'Italia, quindi, non deve proporsi di accelerare artificialmente la loro integrazione ma deve impegnarsi in modo concreto e coerente a sostenere il loro percorso di democratizzazione e stabilizzazione.

Per fare ciò, l'Italia ha la possibilità di coinvolgere un ampio spettro di portatori di interessi, che include attori economici (prevalentemente PMI), attori sociali e culturali (ONG, musei, università, ecc.), tutti soggetti che beneficiano in gran parte di risorse comunitarie, ma anche attori istituzionali come la magistratura e le prefetture, che da quasi tre decenni sono direttamente coinvolti in questioni di sicurezza comune.

Questa panoplia di soggetti può fornire un sostegno efficace ai Balcani occidentali grazie alla conoscenza diretta, all'esperienza pratica e agli interessi concreti e può efficacemente controbilanciare il diffondersi nell'opinione pubblica di posizioni ideologiche ostili al processo di integrazione della regione avviato 20 anni fa.

Questa pubblicazione/traduzione è stata prodotta nell'ambito del progetto Il parlamento dei diritti, cofinanziato dall'Unione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.


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