A Lubiana si è da poco chiusa una mostra nella quale sono stati esposti gli scatti di Tito fotografo. Scatti di intimità familiare e della folla che lo acclamava durante le sue visite nel mondo intero
Alla fine degli anni ’60 Alberto Moravia intervistò Josip Broz Tito per L’Espresso. “Lei ha avuto una bella vita” disse lo scrittore al Maresciallo. “Una vita difficile” rispose Tito, serio. E Moravia, di rimando, “Difficile, ma bella”.
Non si può non pensare a queste parole dopo aver visitato la mostra “Josip Broz Tito – fotografo dilettante”, ospitata nella Mala Galerija dello Cankarjev Dom di Lubiana sino allo scorso 24 maggio.
Viaggi, inaugurazioni, momenti passati con i grandi della terra e con la moglie Jovanka nelle proprie residenze lussuose: le centinaia di foto che già conosciamo, fatte a Tito durante il suo lungo mandato alla guida della Jugoslavia, enfatizzano questo aspetto esteriore della “bella vita”. A questa quantità di immagini si affiancano ora gli scatti fatti dallo stesso Tito, riscoperti da poco ed esposti, in una piccola selezione, in questa mostra.
Le foto, quasi tutte in bianco e nero e in piccolo formato, non riportano indicazioni di data o di evento e sono raggruppate per temi, con titoli scritti in prima persona.
Tito aveva gusto, lo sappiamo dal suo interesse per l’eleganza, aveva anche occhio per il dettaglio e i riflessi pronti per immortalare all’istante quello che lo colpiva, come lo sbalordito ragazzo in un chiosco lungo la strada, la fila di cameriere intente a riordinare in una delle sue ville, le geometrie di New York riprese dall’interno di un’automobile, l’amico scrittore Miroslav Krleža in pose comiche.
Degne di Andy Warhol e del suo stile “seriale” il gruppo di immagini intitolato “Come mi hanno accolto” in cui Tito ha ripreso quello che si presentava ai suoi occhi ovunque andasse: una folla anonima che salutava, sorrideva e applaudiva, sempre diversa ma sempre uguale. Con lo stesso distacco con cui Andy Warhol scattò la foto a sé stesso mentre stringeva la mano a Papa Giovanni Paolo II, così Tito è pronto a riprendere la folla che lo attende e lo omaggia, e viene da chiedersi se e quanto ci credesse fino in fondo, a tutto questo entusiasmo.
Particolarmente affascinanti gli scatti dedicati alla “Mia Jovanka”. E’ una Jovanka diversa da quella che conosciamo dalle immagini ufficiali, in cui appare sempre sicura di sé e con uno sorriso smagliante. In queste immagini vediamo una donna seria, pensierosa, a tratti malinconica.
E’ proprio Jovanka la protagonista di una delle foto più belle della mostra: è ritratta in primo piano, nell’atmosfera raccolta di una serra, dove la luce schermata dalle finestre crea un bel gioco di ombre esaltato dal bianco e nero della pellicola.
Jovanka è vestita con un semplice abito da casa, uno degli amati barboncini in braccio, i capelli raccolti sotto un fazzoletto, senza gioielli e senza la famosa “cofana”.
Una giovane donna triste, che fissa l’obiettivo con un’espressione consapevole di tutta la precarietà della propria condizione, tanto privilegiata quanto inevitabilmente legata proprio al destino dell’uomo che in quel momento la stava fotografando.
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