Sveti Sedmochislenitsi, un tempio sospeso tra due mondi
7 novembre 2012
Inizio 1900. Sofia, nuova capitale della Bulgaria, liberata da appena vent'anni, cresce a ritmi tumultuosi. Il nuovo quartiere “Aligina Mahala” (oggi in pieno centro) ha bisogno di una chiesa. I fondi sono già stati raccolti, ma il politico e rivoluzionario Petko Karavelov ha un'idea diversa:
“Abbiamo appreso dell'idea di costruire un nuovo tempio, non lontano dalla Moschea Nera (Chernata Dzhamiya). Insistiamo affinché la moschea stessa, splendida opera monumentale, venga trasformata in chiesa”.
La Moschea Nera (così chiamata a causa del minareto, in granito color corvino) era allora in stato d'abbandono da alcuni decenni, a causa dello stato di insicurezza che ha accompagnato il crepuscolo dell'Impero ottomano. Ma non aveva perso quasi nulla della sua imponente bellezza. Opera (secondo fonti non confermate) dell'immortale architetto Mimar Sinan, venne innalzata nel 1528 per ordine del gran visir di Solimano il Magnifico, Mehmed Pasha Sokollu.
Secondo una leggenda, durante la spedizione contro l'Ungheria, decisa dalla battaglia di Mohács (1526) Solimano ebbe proprio a Sofia un sogno che preannunciava vittoria. Al ritorno il sultano avrebbe quindi ordinato l'erezione della una moschea, in segno di gratitudine. Accanto al tempio vennero col tempo costruiti anche una madrasa, un' imaret (sorta di ricovero pubblico per i poveri e bisognosi), un cavanserraglio e un hamam, un bagno pubblico.
Quando Karavelov propose di trasformare la moschea in chiesa, buona parte di questi edifici era già scomparsa. Il progetto di trasformazione fu affidato ad uno dei più noti architetti russi dell'epoca, Aleksandar Pomarantsev, che aggiunse nartece e torre campanaria, aprendo una delle pareti per inserire l'abside.
La nuova chiesa, col nome di “Sveti Sedmochislenitsi” (“I sette santi” della tradizione ortodossa, cioè Cirillo, Metodio e cinque dei loro allievi) viene inaugurata il 27 luglio 1903. Gli affreschi interni, però, verranno completati solo molti anni dopo, nel 1996.
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