Il 23 e 24 gennaio il Segretario generale dell’ONU ha incontrato i due leader ciprioti. Nonostante le “vigorose e intense discussioni” i passi in avanti sono stati limitati. Ban Ki-moon ha sottolineato che per ottenere il successo dei negoziati proseguire in questo modo “non è abbastanza”
Il comunicato ufficiale con cui Ban Ki-moon ha commentato l’esito degli incontri trilaterali con Dimitris Christofias e Derviş Eroğlu è una diplomatica critica della fase di stallo in cui i negoziati per la riunificazione di Cipro sono rimasti negli ultimi mesi. Dalla tenuta statunitense di Greentree (Long Island, New York) sede dell'incontro, il Segretario generale delle Nazioni Unite ha ricordato che durante il precedente meeting, lo scorso ottobre, i due leader ciprioti avevano espresso fiducia e garantito il proprio impegno verso il raggiungimento di un accordo, in vista di una successiva conferenza multilaterale ed un duplice referendum per sottoporre l’eventuale compromesso raggiunto al giudizio dei cittadini greco e turco-ciprioti.
Il Segretario ha inoltre ribadito che i negoziati hanno ormai raggiunto la “fase finale”, ma vi sono ancora significative divergenze in tre ambiti: governance e sistema elettorale; definizione dei confini delle due eventuali unità federali cipriote e gestione delle proprietà greco e turco-cipriote; diritto di cittadinanza nella nuova entità federale – questione piuttosto complessa dati i cambiamenti demografici avvenuti dal 1974 nella parte settentrionale dell’isola.
Nuove tappe per il processo di pace
I due giorni trascorsi a New York, ha proseguito Ban Ki-moon, sono stati caratterizzati da “vigorose e intense discussioni” ma non hanno prodotto risultati significativi. Sebbene il Segretario abbia preferito evitare di ufficializzare la fase di stallo, egli ha precisato che “nello stadio attuale, mantenere l’andamento e continuare i negoziati, anche in modo intensivo, non è abbastanza”.
Ban Ki-moonNello stadio attuale,
mantenere l’andamento
e continuare i negoziati,
anche in modo intensivo,
non è abbastanza
Per dare nuovo impulso al processo di pace Ban Ki-moon ha definito una serie di tappe per i prossimi mesi: entro due settimane i leader ciprioti completeranno lo scambio di dati relativi alla gestione delle proprietà; alla fine di febbraio il Segretario preparerà un rapporto per il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; alla fine di marzo egli chiederà un’ulteriore valutazione del processo in corso al suo Consigliere speciale, Alexander Downer; infine, se il suo giudizio sarà “positivo, coerente con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza e in armonia con le consultazioni avute con le due parti” il Segretario convocherà una conferenza multilaterale alla fine di aprile o inizio di maggio. Alla conferenza parteciperanno probabilmente, oltre alle due delegazioni cipriote, i rappresentanti della Grecia, Turchia e Gran Bretagna. Verosimile è anche la presenza, sia pur in funzione di semplice osservatore, di una delegazione dell’Unione Europea.
Ai ciprioti è richiesta flessibilità
L’intero processo, ha concluso Ban Ki-moon, rimane sotto il pieno controllo dei ciprioti e nessuna soluzione sarà imposta alle parti coinvolte ma – questo è il senso fondamentale del messaggio – è inconcepibile procedere a tempo indeterminato con i negoziati, senza che entrambe le parti mostrino la flessibilità necessaria per qualunque tipo di accordo. L’alternativa ottimale allo status quo per la maggioranza dei greco-ciprioti sarebbe la creazione di uno stato unitario o, in secondo luogo, una federazione composta da due stati, coordinati da un forte governo centrale. I turco-ciprioti, al contrario, preferirebbero due stati autonomi e riconosciuti dalla comunità internazionale o, in alternativa, federati in un’entità politica dotata di un governo centrale dai poteri limitati. Una federazione, bi-zonale in termini territoriali e bi-comunitaria sul piano amministrativo, rappresenta quindi l’unico compromesso possibile . La forma politica del compromesso fra greco e turco-ciprioti è stata individuata e condivisa già alla fine degli anni ’70, ma il suo contenuto rimane definito in modi inconciliabili.
Le aspettative alla vigilia del meeting
Alla vigilia dell'incontro di Greentree non vi erano valide ragioni per scommettere sulla produttività dei due giorni. Il 6 gennaio, durante una cena organizzata dall’associazione dei corrispondenti delle Nazioni Unite, il Segretario aveva commentato che gli incontri fra i due presidenti ciprioti “non possono andare avanti in questo modo” – ovvero trascinarsi anno dopo anno senza raggiungere una conclusione.
Alla luce di tali considerazioni gli opinionisti interni e gli osservatori internazionali si mostravano piuttosto scettici sulla prosecuzione del processo di pace: pur essendosi impegnati a raggiungere una convergenza su alcuni punti fondamentali, nessun reale passo in avanti è stato compiuto negli ultimi mesi. Gli addetti ai lavori prevedevano che gli incontri di Greentree, pur non segnando la fine del processo di pace iniziato nel 2008, non avrebbero determinato alcun avanzamento. I pronostici sono stati confermati solo parzialmente: la road map individuata da Ban Ki-moon è un chiaro tentativo di dare impulso ai negoziati.
Le speranze di Christofias
Fra le due delegazioni cipriote, lo scetticismo prevaleva senza dubbio fra il presidente Christofias e i suoi collaboratori. Il leader greco-cipriota, infatti, ha dichiarato di non comprendere quale fosse il senso complessivo dell’appuntamento a New York e quale sarebbe stata la procedura dei lavori, dal momento che non sembrava possibile superare l’impasse e portare all’incontro trilaterale i risultati promessi dai due presidenti ciprioti al Segretario generale nel loro precedente meeting.
Il 16 gennaio, nel corso di una riunione del Consiglio Nazionale (organismo consultivo per la gestione dei negoziati), il presidente Christofias ha ottenuto una rara convergenza fra i rappresentanti dei principali partiti greco-ciprioti concordando tre posizioni fondamentali per affrontare i lavori: la delegazione greco-cipriota non avrebbe accettato scadenze di alcun tipo, né la convocazione di una conferenza multilaterale prima di aver raggiunto un accordo su tutti gli “aspetti interni” dei negoziati e, in termini più generali, non avrebbe accettato che le Nazioni Unite assumessero un ruolo di mediazione o arbitrato - preferendo la semplice promozione del processo di pace.
La differenza tecnica fra queste opzioni negoziali è riconducibile all’alternativa tra la figura del facilitatore e quella di una parte terza che ha il potere di intervenire, avanzare proposte e colmare eventuali distanze con soluzioni intermedie in ultima istanza imponibili alle parti coinvolte.
Il presidente Christofias e i principali partiti greco-ciprioti hanno quindi raggiunto un accordo concernente il non accettabile. Significativo il commento che il presidente Christofias ha rilasciato qualche giorno prima del meeting di New York: “Non credo nei miracoli ma forse un miracolo accadrà …lo spero”.
Le speranze di Eroğlu
In vista dell’incontro trilaterale Derviş Eroğlu e i suoi collaboratori speravano, al contrario, nella definizione di una serie di fasi e scadenze per il processo di pace. Lo scenario ideale per la parte turco-cipriota sarebbe consistito nella soluzione di tutti gli aspetti interni dei negoziati nel corso di Greentree, la convocazione di una conferenza multilaterale in primavera e l’assunzione della presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, il prossimo 1° luglio, da parte di una nuova Repubblica federale cipriota.
La presidenza UE e il veto di Ankara
Tali aspettative corrispondono a quanto atteso da Ankara. Il governo turco ha già precisato nei mesi scorsi che qualora la presidenza venga assunta dalla Repubblica di Cipro – dal punto di vista di Ankara rappresentativa della sola comunità greco-cipriota – i contatti con Bruxelles per l’accesso all’UE potrebbero congelarsi a tempo indeterminato. A questo rischio, attualmente non fra i più pressanti e temuti dall'opinione pubblica europea, si accompagnerebbe una conseguenza molto più diretta e preoccupante per le due comunità cipriote: il venir meno del potere di contrattazione di Bruxelles e dell’apertura al compromesso sulla questione cipriota da parte di Ankara.
L’esito di Greentree e le reazioni delle due delegazioni
Le parole e le tappe del processo di pace scandite dal Segretario soddisfano almeno una parte delle aspettative della delegazione turco-cipriota ma sono motivo di frustrazione per i rappresentanti greco-ciprioti.
Due dei tre punti che il presidente Christofias aveva concordato con le forze politiche greco-cipriote sono stati superati dalle proposte di Ban Ki-moon. È stato evitato il rischio del passaggio del ruolo delle Nazioni Unite dalla semplice promozione alla mediazione o arbitrato: il processo di pace rimane nelle mani dei rappresentanti greco e turco-ciprioti. Tuttavia, le temute scadenze sono arrivate e, sebbene il Segretario abbia precisato che la convocazione della conferenza sarà subordinata al rapporto del suo Consigliere speciale, la decisione sull'opportunità di procedere con la conferenza multilaterale spetterà ad Alexander Downer e Ban Ki-moon, non alle delegazioni cipriote.
Il Segretario negli ultimi mesi ha ripetuto che i negoziati sono entrati nella loro “fase finale” e ha ricordato che le parti coinvolte hanno confermato in varie occasioni il proprio impegno a procedere verso il “finale di partita”.
Kudret Özersay, rappresentante speciale di Derviş Eroğlu, ha commentato il discorso conclusivo di Ban Ki-moon dicendo “lasciamo questo summit avendo ottenuto ciò per cui siamo venuti”.
La soddisfazione turco-cipriota è tuttavia incompleta perché il meeting non ha prodotto altri risultati concreti. Ad esempio, le proposte sul sistema elettorale, le proprietà e la cittadinanza offerte alla delegazione greco-cipriota non sono state discusse ma solo “garbatamente accettate”, con la promessa di valutarle dopo il ritorno nell’isola – ha commentato il portavoce del presidente turco-cipriota, Osman Ertuğ. Inoltre, sebbene Eroğlu abbia dichiarato che la conferenza multilaterale “oggi è più vicina di quanto non fosse ieri”, la sua convocazione rimane vincolata al report di Alexander Downer sull’andamento dei negoziati nei prossimi due mesi. Non è casuale che il Segretario generale non abbia voluto indicare le conseguenze di un giudizio negativo sull’intero processo di pace.
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