Nicosia, Cipro - LaRezistance/flickr

Nicosia, Cipro - LaRezistance/flickr

Per la prima volta dal 1974, i turco-ciprioti di Nicosia hanno manifestato contro Ankara per alcune misure d'austerità. La furiosa reazione della Turchia sta però alimentando ulteriori tensioni sull'isola, riportando in primo piano il problema della sua riunificazione - tra le ambizioni di Erdoğan - e il ruolo sempre più debole dell'Unione europea

02/03/2011 -  Nicholas Birch

Questo articolo è stato originariamente pubblicato da EurasiaNet.org il 18 febbraio 2011

Decine di migliaia di turco-ciprioti stanno preparando una seconda ondata di proteste contro la Turchia per i primi di marzo. C'è un crescente senso di amarezza tra i turco-ciprioti sul modo in cui la propaganda nazionalista a Cipro e in Turchia, insieme al venir meno dell'entusiasmo di Ankara per l'adesione all'Unione europea, sta erodendo le speranze per una soluzione duratura dell'isola mediterranea divisa.

Le prime da quando le truppe turche invasero Cipro nel 1974 per contrastare un colpo di Stato dei radicali greco-ciprioti sostenuti da una giunta ad Atene, le proteste contro Ankara sono iniziate il 28 gennaio, quando 40.000 turco-ciprioti, pari a un sesto della popolazione, si sono radunati nella divisa capitale cipriota Nicosia.

Le proteste sono state provocate dalle misure d'austerità imposte dalla Turchia, che ogni anno fornisce 700 milioni di dollari in aiuti all'entità turco-cipriota, non riconosciuta a livello internazionale e sulla quale vige un embargo dell'Unione europea.

Ma molti si aspettano una folla molto più grande a marzo, dal momento che ai ciprioti preoccupati per il loro lavoro si uniscono quelli arrabbiati per la pesante reazione del governo turco alla prima protesta.

"Io non c'ero il 28 gennaio perché non sono un dipendente pubblico e non dovrei essere colpito da questo pacchetto economico", ha detto Salih Sahin, un albergatore nella città costiera di Girne. "Ma sarò là fuori il 2 marzo. Ne ho avuto abbastanza di tutti questi discorsi provenienti da Ankara su come dovrei stare zitto e fare quello che dicono loro, perché loro ci hanno salvato la vita nel 1974".

Sahin si riferiva alla furiosa reazione del primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan a una manciata di cartelloni esplicitamente anti-turchi sventolati il 28 gennaio.

"Chi...vi credete di essere?" ha affermato Erdoğan il 3 febbraio. "I miei soldati sono morti per voi, hanno combattuto per voi, io ho un interesse strategico [per Cipro]...Gente nutrita dal nostro Paese...non ha alcun diritto di protestare in questo modo".

Nel frattempo, Cemil Çiçek, il vice primo ministro della Turchia nonché ministro responsabile per Cipro, ha fatto eco ai pregiudizi diffusi nella Turchia continentale contro i turco-ciprioti descrivendo i manifestanti come turchi "che parlano con accento greco".

"Perché sventolavano bandiere greche?", ha aggiunto. Egli si riferiva alla bandiera della Repubblica di Cipro. La Turchia è stata uno dei tre Paesi a garantire nel 1960 il federalismo bi-etnico e l'indipendenza della repubblica dalla Gran Bretagna.

Le tensioni sono aumentate ulteriormente quando gli organizzatori della prima protesta hanno annunciato che avrebbero manifestato nuovamente il 2 marzo. Il giorno dopo l'annuncio, l'11 febbraio, la Turchia ha improvvisamente sostituito il proprio ambasciatore a Cipro Nord con un alto funzionario molto impopolare che ha progettato le misure di austerità contro le quali stavano protestando i ciprioti. "La nomina appare come il modo di Ankara di punire i ciprioti per non aver perseguito i manifestanti, come Erdoğan aveva detto loro di fare", ha detto Niyazi Kizilyurek, un analista politico presso l'Università di Cipro.

Il comportamento della Turchia ha portato alcuni a supporre che il governo guidato dal Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) abbia smesso di cercare una soluzione per l'isola soltanto sette anni dopo aver radicalmente rovesciato decenni di sostegno turco per lo status quo di divisione, appoggiando un piano delle Nazioni Unite per riunificare l'isola. Cipro Nord "è sulla buona strada per diventare l'82esima provincia della Turchia", afferma Cengiz Aktar, un politologo dell'Università Bahcesehir di Istanbul.

Durante una visita, l'11 gennaio, alla parte greca di Cipro Sud, riconosciuta a livello internazionale, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha lasciato intendere qualcosa di simile, elogiando i greco-ciprioti per il loro approccio "creativo" ai negoziati in corso e dispiacendosi per il fatto che "la parte turca non si stia comportando di conseguenza".

Molti analisti turchi concordano sul fatto che il volta faccia sulla questione di Cipro da parte della Turchia nel 2004 sia stata una mossa tattica finalizzata ad assicurare l'inizio del processo di adesione all'Unione europea all'inizio del 2005. Ma vedono le parole della Merkel come un esempio di come l'UE sia diventata parte del problema su Cipro, piuttosto che parte della soluzione.

Tre mesi prima della sua visita, essi sottolineano, un rapporto delle Nazioni Unite sugli sforzi in corso per riunificare l'isola affermava che greci e turchi apparivano entrambi indifferenti al processo. Fonti vicine ai negoziati dicono che, semmai, la Turchia e i turco-ciprioti hanno mostrato maggior entusiasmo per far avanzare i negoziati, premendo per una loro scadenza nel marzo 2011, a cui i leader greco-ciprioti hanno posto il veto.

La disillusione turca con l'Unione europea ha le sue radici nell'adesione della parte greca di Cipro, nonostante il suo veto al piano di riunificazione sostenuto dalle Nazioni Unite espresso al referendum del 2004.

Rifiutandosi di soddisfare le richieste di aprire i propri porti alle navi greco-cipriote finché Bruxelles non onorerà il suo impegno di rimuovere l'embargo economico ai turco-ciprioti, la Turchia ha ottenuto che otto dei 35 capitoli negoziali con l'Unione europea siano stati congelati dall'UE dal 2006. Cinque anni dopo, ci sono solo tre capitoli rimasti da aprire, e l'influenza dell'UE sulla Turchia in merito alla questione di Cipro sta rapidamente svanendo, affermano gli analisti.

"L'UE ha fatto tutto ciò che poteva ragionevolmente fare per punire la Turchia" sulla questione di Cipro, dice Sinan Ülgen, un esperto di Unione europea e capo del Centro per gli studi economici e di politica estera, un think-tank con sede ad Istanbul. "Metà dei capitoli sono sospesi e metà sono aperti. Ciò è indice di quanto sia diventata debole la relazione politica".

Erdal Güven, un esperto di Cipro al quotidiano turco Radikal, afferma che i funzionari turchi siano giunti alla conclusione che quest'anno non saranno aperti nuovi capitoli. Egli aggiunge che, d'altro canto, non c'è nemmeno un motivo per cui essi spingano per aprirli: secondo recenti sondaggi, al 45% circa del sostegno turco all'adesione europea corrispondono 30 punti percentuali in meno rispetto al periodo d'oro dell'euro-mania che si è avuto in Turchia cinque anni fa.

Ancora più importante, con le cruciali elezioni parlamentari previste prima di giugno, l'AKP di Erdoğan sembra aver deciso di giocare la carta nazionalista.

Erdoğan vuole ottenere la maggioranza parlamentare di due terzi di cui ha bisogno per far approvare una nuova Costituzione per conto proprio, afferma Sinan Ülgen. "Per farlo, sta cercando di spingere [un partito dell'opposizione di destra nazionalista] sotto la soglia nazionale del 10%" per la rappresentanza parlamentare.

Per quanto riguarda Cipro, è sorprendentemente facile trovare persone fiduciose che le proteste di gennaio e marzo segneranno l'inizio di una nuova era nelle relazioni tra i turco-ciprioti e la "madrepatria", come essi tendono a riferirsi alla Turchia.

"Per anni, la specificità dei turco-ciprioti è stata sacrificata da discorsi astratti su lotte nazionali", afferma Niyazi Kızılyürek, l'analista politico di Nicosia. "Le richieste che i ciprioti stanno avanzando ora sono concrete: Cipro ha un'identità diversa. La Turchia deve fare dei passi concreti per rispettarlo".


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