Il prossimo dicembre in Croazia si terranno le elezioni presidenziali. Ma qual è il clima che si respira nel paese? Quali sono i favoriti e quali sono gli orizzonti politici croati? Un'intervista a tutto tondo con Boris Pavelić, brillante e celebre giornalista croato
(Originariamente pubblicato da Monitor , il 4 ottobre 2024)
A dicembre in Croazia si svolgeranno le elezioni presidenziali. Si parla già di almeno sette potenziali candidati. È curiosa la decisione dell’Unione democratica croata (HDZ) di appoggiare la candidatura di un suo ex membro, Dragan Primorac. Secondo lei, Primorac sarà il principale contendente di Zoran Milanović, candidato dell’SDP e attuale presidente della Croazia, oppure ci possiamo aspettare qualche sorpresa?
Stando ad un recente sondaggio, l’attuale presidente Zoran Milanović sarebbe in testa con circa un terzo dei voti, più precisamente il 36%, seguito da Dragan Primorac, candidato indipendente sostenuto dall’HDZ ed ex ministro della Scienza, che si fermerebbe al 21%. I risultati del sondaggio sono in linea con le previsioni degli analisti che danno favorito Milanović e ipotizzano un ballottaggio tra quest’ultimo e Primorac.
Potrebbe però esserci qualche sorpresa. Cresce il sostegno a Marija Selak Raspudić, filosofa e deputata del parlamento di Zagabria, che recentemente ha rotto con il partito di destra MOST a causa di una polemica sull’aborto. Selak Raspudić ha difeso il diritto all’aborto, scontrandosi con un esponente di spicco di MOST, per poi decidere di lasciare il partito.
Sarà interessante vedere anche quante preferenze raccoglierà la candidata di sinistra e psichiatra Ivana Kekin, deputata eletta tra le fila del partito rosso-verde Možemo! e moglie di Mile Kekin, leader della famosa rock band Hladno pivo. Ivana Kekin sicuramente ruberà voti a Milanović.
Quanto a Dragan Primorac, pur presentandosi ufficialmente come candidato indipendente, in realità è un candidato dell’HDZ avendo per anni militato tra le fila di questo partito, anche come ministro della Scienza. Il fatto che l’HDZ abbia appoggiato proprio Primorac è indicativo non tanto di una strategia politica pensata per conquistare nuovi consensi quanto della mancanza di quadri competenti all’interno dell’HDZ stesso.
Dopo le elezioni politiche dello scorso 17 aprile, l’HDZ ha formato il nuovo governo con una forza di estrema destra (il Movimento patriottico, DP) che nel frattempo si è scissa. Recentemente, Mario Radić, l'ormai ex vice presidente del DP, ha creato una nuova formazione politica denominata DOMiNO [acronimo croato “casa e raduno nazionale”], ma non sembra intenzionato a ritirare il suo sostegno al governo. Quali sviluppi ci possiamo aspettare?
Assistiamo ad una situazione bizzarra. Il DP è nato da una scissione all’interno dell’HDZ che ha portato la componente oltranzista a lasciare il partito. Oggi l’HDZ e il DP sono nuovamente alleati, però nel frattempo quest’ultimo si è spaccato in due. Alcuni media hanno anche ironizzato sul comportamento dei fuoriusciti dal DP che, prima ancora di creare un nuovo partito, hanno iniziato a rinegoziare con l'HDZ il proprio posto nel governo.
In parlamento sia il DP che il neo-formato partito DOMiNO probabilmente dovranno obbedire all’HDZ, ma non per questo saranno meno pericolosi. La loro palese intolleranza – per usare un eufemismo – nei confronti del Partito democratico indipendente serbo (SDSS) di Milorad Pupovac avvelena il discorso pubblico, legittimando la retorica anti-serba.
Il DP e DOMiNO possono essere osservati come l’equivalente croato dei nuovi partiti di estrema destra in Europa, però con una particolarità significativa: entrambe le formazioni politiche sono nate negli ambienti dei veterani, appesantiti da traumi di guerra reali, e mai superati, tanto da costruire una politica fondata sul peso psicologico della guerra, talvolta manipolando deliberatamente questa eredità dolorosa. Per quanto sia umanamente comprensibile, questo atteggiamento è inaccettabile dal punto di vista etico e politico.
Per avere una politica costruttiva, basata sugli interessi dei cittadini anziché sui traumi di guerra, la società deve raggiungere la piena consapevolezza di questo problema e impegnarsi a tutto tondo per risolverlo.
Spesso ci sono palesi disaccordi, talvolta anche qualche tacita intesa tra i politici croati sulle crisi globali, sulla politica dell’UE, ma anche sulle relazioni bilaterali con i paesi della regione, compreso il Montenegro. Lei come vede la politica estera della Croazia?
A dettare la politica estera è il governo, a cui il presidente Milanović spesso si oppone lanciando critiche mal articolate e inefficaci. Ad esempio, Milanović è contrario alla partecipazione della Croazia a iniziative europee per fornire sostegno militare all’Ucraina. Alcuni critici interpretano questa contrarietà come un sostegno a Mosca. Forse hanno ragione, forse no.
Quanto alle relazioni bilaterali tra Zagabria e Podgorica, se vuole davvero aderire all’Unione europea, il Montenegro deve impegnarsi seriamente per migliorare i rapporti con la Croazia. La mia impressione è che Podgorica sottovaluti la posizione di Zagabria che ha posto un freno all’avanzamento del Montenegro verso l’UE e, per come stanno le cose oggi, non farà un passo indietro così facilmente [le relazioni tra Montenegro e Croazia si sono incrinate dopo che lo scorso 28 giugno il parlamento di Podgorica ha approvato una risoluzione in cui i crimini commessi nel campo di concentramento di Jasenovac vengono definiti genocidio. Zagabria ha duramente condannato l’adozione della risoluzione, vedendovi un atto malevolo, pilotato da Belgrado].
La Procura europea, guidata da Laura Kövesi, sta indagando su alcuni casi di corruzione e utilizzo improprio dei fondi UE in Croazia. All’inizio di quest’anno, l’ufficio di Laura Kövesi si è occupato anche del caso della Facoltà di Geodesia di Zagabria, salito alla ribalta grazie ad un’inchiesta della giornalista croata Dora Kršul. In quale misura le autorità croate sono disposte a collaborare con la Procura europea?
La collaborazione dovrebbe essere data per scontata, considerando che la Croazia è uno degli stati membri UE ad aver appoggiato la creazione della Procura europea. Tuttavia, la scorsa primavera il mandato di Zlata Hrvoj Šipek, l’ormai ex procuratrice generale della Croazia, era giunto al termine e la nomina del suo successore si era trasformata in uno scandalo attorno al quale il Partito socialdemocratico (SDP, la principale forza di opposizione) aveva costruito la sua intera campagna elettorale per le elezioni politiche.
A suscitare polemiche era stata la decisione dell’HDZ di proporre il giudice Ivan Turudić come nuovo procuratore generale nonostante la sua vicinanza all’élite al potere, le esternazioni pubbliche inappropriate e sospetti legami con alcuni criminali. Durante il processo di nomina, Turudić si era scagliato contro la Procura europea, affermando che la Croazia ne poteva fare anche a meno. Poi però, appena assunto l’incarico, ha incontrato Tamara Laptoš, a capo dell’ufficio croato della Procura europea. Resta da vedere come evolverà la cooperazione tra i procuratori croati ed europei e se – come sarebbe auspicabile – rimarrà immune dall’ingerenza del premier croato e leader dell’HDZ Andrej Plenković.
Assistiamo all’ascesa dell’estrema destra in Europa. Il Partito della Libertà (FPÖ) è uscito vincitore dalle recenti elezioni in Austria, in Germania l’AfD ha trionfato in diverse regioni, in Italia i partiti di estrema destra sono al potere, nei Paesi Bassi guidano la nuova coalizione di governo… Ritiene che l’estrema destra europea stia cercando di conquistare la propria legittimazione nascondendosi dietro al paravento del populismo?
Nella sfera politica ciò che conta di più non sono le parole, bensì le azioni. Oggi non c’è più quella destra radicale che c’era negli anni Trenta del secolo scorso – e che speriamo non torni mai più – però c’è una destra che affida incarichi importanti a persone LGBT, mentre le sue bande attaccano i gay e le lesbiche nelle strade. Una destra che fa di tutto per sembrare moderna e, allo stesso tempo, ci porta indietro nel tempo. Lo vediamo in Serbia, ma anche in Croazia e, purtroppo, sempre più spesso in altri paesi dell’UE.
Tornando alla politica interna della Croazia, le dichiarazioni del presidente Zoran Milanović, uno degli esponenti di spicco del Partito socialdemocratico (SDP), spesso vengono interpretate come espressione di una politica lontana dal centro-sinistra. Secondo lei, l’SDP è disposto ad adeguarsi alla retorica di Milanović oppure potrebbe rinnegarlo se dovesse perdere le imminenti elezioni presidenziali?
Milanović esercita un controllo assoluto sull’SDP, come emerso anche dalle recenti elezioni primarie: ha vinto il candidato proposto da Milanović, mentre Sanja Major, l’unica candidata che si è dimostrata riluttante ad una collaborazione incondizionata con Milanović, è finita all’ultimo posto. Se Milanović dovesse perdere le presidenziali – ed è un’ipotesi poco probabile – potrebbe tranquillamente riprendersi la poltrona di presidente dell’SDP per continuare a spingerlo a destra, alla rovina.
Il sociologo Žarko Puhovski sostiene che i croati siano molto tradizionali per quanto riguarda il sostegno ai partiti: da tre generazioni ormai votano o l’HDZ o l’SDP. Questo bipartitismo riflette una particolare comprensione della democrazia, il bisogno di stabilità oppure l’indolenza della società? Gli altri partiti - come Možemo! – hanno qualche possibilità di conquistare il potere a livello centrale?
Si tratta probabilmente di una combinazione dei fattori da lei citati. Gli elettori di destra tradizionalmente tendono a votare l’HDZ e quelli di sinistra l’SDP, anche se negli ultimi decenni entrambi i partiti hanno più volte cambiato radicalmente le loro strategie politiche. In questo contesto, la classica distinzione tra “destra” e “ sinistra” è svuotata di qualsiasi significato.
Inoltre, la Croazia è un piccolo paese, politicamente e intellettualmente devastato, quindi è molto difficile creare alternative convincenti. Negli ultimi anni, solo l’HDZ è riuscito a realizzare un vero e proprio ricambio generazionale al proprio interno, con l’arrivo di Andrej Plenković – un politico abile e istruito – alla guida del partito. L’SDP invece da una decina di anni ormai fatica a costruire una leadership convincente, capace di conquistare il potere.
Nel frattempo, le alternative poco significative si sono susseguite come su un tappeto mobile. L’opinione pubblica non ricorda nemmeno tutti i politici e i partiti che sono improvvisamente saliti alla ribalta, entrati in parlamento, per poi scomparire come se non fossero mai esistiti: il Partito del lavoro, ORAH, Miroslav Škoro, una moltitudine di formazioni di estrema destra ben presto fallite… L’unica eccezione è il partito rosso-verde Možemo! È dal 2017 che questo movimento, lentamente ma costantemente, è cresciuto, diventando sempre più forte, fino ad entrare in parlamento e nel consiglio comunale di Zagabria, oggi guidata da un sindaco eletto tra le fila di Možemo! Perseguendo questa saggia tattica di rafforzamento strategico, Možemo! ha buone possibilità di sostituire l’SDP, ormai sclerotico e politicamente confuso.
La coalizione di governo ha annunciato di voler reintrodurre la leva obbligatoria a partire dal primo gennaio del 2025, come precisato da Ivan Anušić, ministro della Difesa. Un traguardo che ormai appare irraggiungibile visto che il presidente Milanović non ha approvato la proposta. Secondo la legge sulla difesa attualmente in vigore, la leva obbligatoria non può essere introdotta senza il via libera del presidente, quindi ora si parla anche di una possibile modifica della legge. Mentre il governo pianifica e fa i suoi calcoli, cosa ne pensano i cittadini e le cittadine della Croazia?
Non ci sono sondaggi rappresentativi, forse anche perché la leadership al potere ha paura dei dati che ne emergerebbero. Un’analisi pubblicata sul portale Net lo scorso 30 settembre non può che scoraggiare il governo: oltre il 70% degli intervistati ha affermato di non avere alcuna intenzione di svolgere il servizio di leva. Questo dato è in linea con le informazioni diffuse dalle autorità, secondo cui i giovani mostrano scarso interesse per il servizio militare. Ben due terzi dei giovani si appellano al diritto all’obiezione di coscienza.
La reintroduzione della leva obbligatoria resta ancora un’incognita. Si parla di un servizio della durata di due mesi che comprenda un addestramento militare di base, da introdurre a partire dal primo gennaio dell’anno prossimo, però nulla è stato ancora ufficialmente confermato. Il presidente Milanović e il governo guidato dall’HDZ litigano su tutto, la questione della leva non fa eccezione. Purtroppo, anche la leadership croata si sta dimostrando incapace di rispondere alla terribile escalation di violenza nel mondo con una strategia più saggia che prescinda dalla necessità di mettere le armi nelle mani dei giovani. La questione della leva obbligatoria in Croazia non dipenderà tanto dalla fermezza della leadership di Zagabria quanto dai conflitti globali, perché anche l’élite al potere è consapevole che i croati sono stanchi di combattere la guerra.
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