In Croazia si stima vi siano ancora oltre 46.000 mine. E gli sminatori - dopo l'ennesima morte di un collega - scendono in piazza per denunciare le precarie condizioni di lavoro
Ad oltre venti anni dalla fine della guerra degli anni '90, nell'immaginario internazionale la Croazia pare essersi finalmente lasciata alle spalle le cupe memorie delle distruzioni belliche per imporsi come emblema del “paese delle vacanze”, una reputazione che si era già guadagnata all'interno della Jugoslavia socialista. La ricostruzione quasi completa di tutte le aree turistiche ha eliminato anche visivamente i segni impressi dalla guerra al suo patrimonio artistico e ai centri urbani. Se sono pochi fuori dal paese a ricordare che esistono ancora alcune superfici minate in determinate aree, anche l'opinione pubblica croata se ne dimentica spesso, almeno finché un incidente non ritorna a far parlare di ordigni esplosivi.
Tragedie annunciate
Così è accaduto, ad esempio, dopo la morte di uno sminatore e il ferimento di due colleghi, avvenute a metà aprile nei pressi di Lički Ribnik, a una decina di chilometri dal capoluogo della Lika, Gospić, zona pesantemente segnato dall'ultimo conflitto. La vittima si chiamava Dražen Aleksić, era un trentanovenne di Karlovac con una lunga esperienza nel settore e lavorava per la ditta BIOS-F. Ad ucciderlo è stata una mina anti-uomo PROM-1 (chiamata promovka) di produzione jugoslava, una delle più devastanti e responsabili della maggior parte delle ultime morti tra gli sminatori. Un'altra promovka nel settembre 2015 era costata la vita allo sminatore Ivan Jurić, ventiquattenne impiegato della ditta di Vukovar Detektor, a Josipdol, nella regione di Karlovac.
Secondo i dati forniti dal Centro croato per lo sminamento, ente statale che si occupa della gestione dei progetti di sminamento, in Croazia ci sarebbero oggi ancora oltre 46.000 mine inesplose. Dal 1991 ad oggi si sono registrati 1350 incidenti dei quali 513 conclusisi con decessi. Tra le vittime un addestratore di cani da caccia italiano, Matteo Quattrini, morto nel 2007 su un terreno non contrassegnato come minato nei dintorni di Zara.
A lottare da due decenni contro gli ordigni esplosivi sono gli sminatori che dal 1996 hanno lasciato sul campo 43 morti e 120 feriti. Il rischio è insito nel mestiere e le squadre sul terreno sono seguite da équipe di primo soccorso. Tuttavia, secondo le associazioni di categoria, quella di Lički Ribnik è stata l'ultima di una serie di tragedie annunciate. Da diverso tempo, infatti, gli sminatori denunciano come insostenibile la situazione creatasi, con una pressione sempre maggiore sugli uomini sul campo per effettuare le operazioni in minor tempo possibile comprimendo i costi per rendere le ditte appaltatrici economicamente competitive.
Sminatori in piazza
Mercoledì 11 maggio circa 300 sminatori si sono dati appuntamento in Markov trg, la piazza antistante il Parlamento a Zagabria per denunciare le condizioni in cui si trovano ad operare. Infatti, gli appalti del Centro croato per lo sminamento vengono vinti dalle ditte private con le offerte più basse, al prezzo, secondo i diretti interessati, di mettere a rischio la vita dei dipendenti e offrire un servizio di minore qualità. I rappresentanti di categoria hanno chiesto al Parlamento che i servizi di sminamento vengano esclusi dalle regole del mercato che, sotto effetto del dumping, tiene i prezzi artificialmente bassi, ed escluda la possibilità che vengano dati in subappalto determinati servizi. E come corollario, condizioni di sicurezza sul lavoro, un contratto collettivo e rassicurazioni su quale sarà la loro sorte a conclusione del processo di sminamento.
“Restituiamo la dignità agli sminatori”, “Quanto vale la vita di uno sminatore?”, “Noi moriamo e voi accumulate profitti” “Contratto collettivo salvezza per gli sminatori”, sono alcuni degli slogan esposti in Markov trg.
“Negli ultimi 14 mesi sono morti per incidenti 2 sminatori e 5 sono rimasti feriti. Gli incidenti mortali sono una diretta conseguenza di questi bassi prezzi per arginare i quali i datori di lavoro costringono i dipendenti a ricoprire enormi superfici, fino a 1.000 metri quadri al giorno”, conferma Josip Selinger, presidente dell'associazione di categoria degli sminatori a Osservatorio Balcani Caucaso. “Ci sono ditte che operano lo sminamento anche per meno di tre kune (0,40 €) al metro quadrato mentre le ditte di giardinaggio che si sono aggiudicate l'appalto del parco zagabrese Zrinjevac sono state pagate dalle 7 alle 10 kune al metro quadro. Noi non siamo in condizione di fare un lavoro di qualità e se non verremo ascoltati ci rivolgeremo all'Unione Europea”.
Le richieste dei manifestanti in piazza di essere ricevuti dal premier Tihomir Orešković sono andate a vuoto, ma delegazioni sono state ricevute da alcuni partiti della Coalizione di governo di centro-destra e dai parlamentari del partito Most. La maggior parte degli sminatori sono ex veterani e i loro interlocutori privilegiati si sono sempre trovati nei partiti di centro-destra. Tuttavia quest'anno a fare da portavoce alla protesta degli sminatori è stato Ivan Velibor Sinčić, unico rappresentante in Parlamento della lista Živi zid [Muro umano] che ha tenuto una conferenza stampa il giorno prima della protesta in cui ha parlato degli interessi privati che avrebbero la precedenza sulla qualità dello sminamento a discapito del fatto che possano rimanere nel terreno delle mine, da quando, su pressione della Banca mondiale, il settore è stato privatizzato.
“Non lascerei transitare mia moglie e mio figlio su quelle superfici. Viviamo in un paese in cui si dice che le superfici sono sminate, ma non lo sono come dovrebbero essere”, ha affermato durante la conferenza stampa lo sminatore Alen Sučić. Una dichiarazione a cui ha reagito il Centro croato per lo sminamento, equiparando l'affermazione secondo la quale i terreni sminati non sarebbero sicuri all'ammissione di un reato contro la pubblica sicurezza e chiedendo al ministero dell'Interno di intraprendere procedimenti penali contro coloro che se ne sono fatti portatori. Ma senza tuttavia negare le contraddizioni portate alla luce dalla questione, in cui si intrecciano interessi pubblici e privati, questioni di basilare sicurezza e un numero di incidenti in crescita.
E così la guerra di dichiarazioni tra gli sminatori sul campo e il Centro croato per lo sminamento continua, nonostante il 2016 potrebbe essere considerato un anno d'oro per i processi di sminamento, con la cifra record di 509.610.942 kune a disposizione (circa 68 milioni di euro), dei quali il 62% per la prima volta proveniente da fondi strutturali europei. Nonostante questi investimenti esistono voci fortemente discordi sul fatto che la Croazia possa raggiungere nel 2019 l'obbiettivo di portare a termine il processo di sminamento come si era obbligata a fare in sede internazionale con la convenzione di Ottawa del 1997.
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!