Ha vinto in modo netto. Ivo Josipović è il nuovo presidente della Croazia e ha distanziato al ballottaggio il suo rivale Milan Bandić di oltre 20 punti percentuali. Nonostante le accuse di essere un "senza Dio" e di voler riportare il paese al comunismo
Quando domenica sera, due ore dopo che erano stati pubblicati i primi risultati degli exit poll, è comparso tra i suoi simpatizzanti che lo attendevano alla Casa dei giornalisti, Ivo Josipović (52 anni) è stato accolto da vere e proprie ovazioni. Gli exit poll indicavano che stava vincendo e che era ormai il terzo presidente della Croazia. Sopravanzava l'altro candidato - il sindaco di Zagabria Milan Bandić - di oltre 20 punti percentuali. Ma anche se la vittoria era ormai sicura, Josipović, docente di diritto, si è dimostrato legalista fino in fondo: in nessuna dichiarazione fino alla pubblicazione dei primi risultati ufficiali, giunti a mezzanotte, si è mai definito presidente.
E quando la Commissione elettorale statale a mezzanotte ha confermato la vittoria di Josipović e ha reso noto che aveva ottenuto il 60,29% di voti, contro il 39,71% di Milan Bandić - quindi solo quando era ormai chiaro che quel risultato sarebbe potuto cambiare di pochissimo - ha baciato la moglie Tatjana, anch'ella giurista, e la figlia Lana di 18 anni. Entrambe gli sono state di grande appoggio nella campagna che è durata a lungo, è stata spossante e alla fine anche decisamente sporca.
La sua campagna elettorale era cominciata nella primavera dello scorso anno ed era l'unico candidato, tra i 12 che correvano per la poltrona presidenziale, che ha dovuto passare attraverso la nomina del partito. Nel luglio 2009 aveva battuto alle elezioni interne al partito il rivale Ljubo Jurčić. Poi è accaduto ciò che all'interno del più forte partito di opposizione, il Partito socialdemocratico (Sdp), temevano in molti. Il sindaco di Zagabria Milan Bandić, nonostante le elezioni interne all'Sdp avessero designato Josipović, ha lasciato il partito e ha deciso di presentarsi come candidato indipendente. Le possibilità di riuscita di Josipović erano così ridotte.
Josipović è però stato in testa a tutti i sondaggi dal momento in cui si è impegnato nella gara per le presidenziali e ha poi vinto il primo turno, tra 12 candidati, con il 31,42 percento di voti, mentre il suo rivale ed ex compagno di partito Bandić è arrivato al secondo posto con il 14,83 percento. Ed è proprio prima del ballottaggio che Milan Bandić ha iniziato a colpire sotto la cintura. Senza badare al fatto che fino a pochi mesi fa erano membri dello stesso partito, Bandić ha iniziato ad accusare Josipović di voler far tornare la Croazia al comunismo.
Josipović, a differenza di Bandić - che si dichiara cattolico - si definisce agnostico, motivo per cui Bandić ha pensato di sfruttare questa cosa credendo che, in uno Stato in cui oltre il 90 percento di cittadini si dichiara di fede cattolica, gli avrebbe concesso un grande vantaggio.
Forte appoggio a Bandić è puntualmente arrivato dai vertici della Chiesa cattolica e molti preti nelle contee hanno suggerito ai fedeli di votare per lui e di lasciar perdere quel "senza Dio" di Josipović. Con le accuse di "agnosticismo" a Josipović si è tra l'altro cercato di coprire i numerosi scandali dove i media mettevano in relazione Bandić con casi di corruzione e ponevano sospetti sulla gestione della città di Zagabria, alla cui guida si trova già da dieci anni. Sono comparsi pure manifesti sui quali ai cittadini veniva offerta una scelta: da un lato il crocifisso e Bandić, dall'altro la stella a cinque punte e Josipović.
Bandić durante la campagna elettorale ha fatto anche appello alle associazioni di veterani della guerra patriottica accusando Josipović - in quanto autore della legge sulla collaborazione della Croazia con il Tribunale dell'Aja - di essere stato colui che ha "consegnato i generali croati" e contro di questi "ha stilato le accuse".
Nonostante si tratti di evidenti falsità, questo tipo di accuse - tenute presenti le ferite della guerra ancora aperte - sono state piuttosto scomode e Josipović è stato costretto a smentirle in continuazione. Oltre a questo Bandić ha commissionato anche alcuni spot televisivi in cui, mentre parlava Josipović, tutto lo schermo per la durata di 15 secondi era coperto dal colore rosso, a simboleggiare il comunismo.
Gli elettori hanno però evidentemente ritenuto che la campagna elettorale di Bandić in cui si presentava come candidato indipendente (benché fino a pochi mesi fa fosse membro dell'Sdp) e in cui paventava il ritorno al comunismo di Josipović, era poco credibile e scorretta. Hanno accettato la piattaforma della "nuova giustizia" di Josipović, ossia del programma con cui quest'ultimo ha annunciato la lotta per una società in cui tutti avranno almeno una possibilità.
"Patriota non è colui che si batte più forte l'eroico petto croato o che sventola più velocemente la bandiera. Patriota è chi esegue con diligenza il proprio lavoro e paga le tasse. Colui che con la creatività e le innovazioni contribuisce al progresso della Croazia. Patriota è quell'imprenditore che paga i lavoratori, paga le tasse e crea nuovi posti di lavoro", spiega così Josipović cosa, fra il resto, intende per "nuova giustizia".
I media gli hanno rimproverato un'eccessiva serietà nei dibattiti e un'assenza di charme che confina con la noia. Abituati alle numerose battute, alle barzellette e alla informalità del presidente uscente Stjepan Mesić, hanno informato che Josipović potrebbe essere più simile a Tuđman del suo predecessore.
Josip Kregar, docente alla Facoltà di diritto di Zagabria, che conosce molto bene il suo collega universitario, afferma: "Josipović non appartiene alla linea di Tuđman e di Mesić, lui piuttosto compie una triangolazione, è completamente diverso da entrambi. Con Tuđman ha in comune il disinteresse per le piccole cose, con Mesić l'interesse per le persone comuni. E si distanzia dall'uno e dell'altro per il fatto che non intende il ruolo di presidente come parte della politica. Per lui il capo dello Stato è al di sopra della politica".
Josipović, esperto di diritto penale internazionale, è laureato, oltre che in giurisprudenza, anche presso l'Accademia di Musica di Zagabria e ha al suo attivo oltre 50 composizioni. Sta scrivendo un'opera sul leggendario membro dei Beatles, John Lennon, ispirata alla sua vita e alla sua musica e potrebbe essere il primo capo di Stato a fare uscire, durante il proprio mandato, una propria opera musicale. Il suo amico dell'Accademia di musica, compositore e direttore d'orchestra, Berislav Šipuš, così descrive il nuovo presidente croato: "È riuscito in modo del tutto incredibile a unire la razionalità - la conoscenza giuridica - con qualcosa di così svolazzante come l'arte, insomma è riuscito a comporle. Lui riesce a controllare egregiamente quelle due parti di sé, l'una completa l'altra".
Quando il 18 febbraio sulla Piazza Marko di Zagabria, tra gli edifici del governo e del parlamento presterà giuramento e assumerà i poteri di terzo presidente della Croazia (dopo Tuđman e Mesić), in qualità di agnostico si troverà in una situazione inusuale. Il breve discorso di sole 60 parole termina infatti con: che Dio mi aiuti.
"Non ho alcun problema con questo. Si tratta di una parte della profonda tradizione cattolica della Croazia e lo apprezzo. Rispetto la fede cattolica, così come rispetto tutte le fedi ed anche le persone che non credono", conclude Josipović.
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