L'Osservatorio sui Balcani ha cercato, grazie ai suoi corrispondenti, di tracciare un quadro della situazione ambientale dell'area, fornendo inoltre alcuni dati di prima mano sui progetti in corso e in programmazione.
Le questioni ambientali e le problematiche di carattere ambientale, così come la ricerca su tali argomenti, pur essendo tra le principali tematiche che valgono la pena di essere affrontate con una certa solerzia, non sembra che per il momento siano oggetto di estremo interesse per i governi dei paesi balcanici. Non solo, ma anche la coscienza collettiva sulle tematiche ambientali sembra ancora non aver raggiunto quella maturità necessaria per salvaguardare l'integrità di una natura che, per vari motivi, in alcune sue parti rimane ancora incontaminata. Basti pensare alle dichiarazioni di Mustafa Omanovic, presidente dell'Eko Pokret (Eco Movimento) della Bosnia-Erzegovina, alle discariche selvagge che sono disseminate nel paese, ai rifiuti dei medicinali scaduti che ancora non si sa bene come smaltire, ecc. L'Osservatorio sui Balcani ha cercato, grazie ai suoi corrispondenti, di tracciare un quadro della situazione ambientale dell'area, fornendo inoltre alcuni dati di prima mano sui progetti in corso e in programmazione. Si scopre così, da quanto scritto da Lino Veljak, che per es. una delle principali fonti di inquinamento delle acque della Croazia proviene proprio dall'Italia, attraverso l'inquinamento dei fiumi che sfociano nel Mar Adriatico (Po, Isonzo, ecc.). Certamente l'Italia non è l'unica causa dell'inquinamento croato. Seri problemi sono legati alla presenza della centrale nucleare di Krsko, collocata tra il territorio croato e quello sloveno, e che causa il surriscaldamento del fiume Sava. Ma anche il Danubio, che per un breve tratto scorre in territorio croato, viene compromesso dalle industrie tedesche, austriache ed ungheresi. Come si può notare grandi fonti di inquinamento locali non esistono, dal momento che il paese risente ancora della mancanza di industrie pesanti, distrutte o rese inattive dopo la guerra degli anni novanta. Tuttavia ed anche se in percentuale minore esistono cause inquinanti provocate da quelle piccole industrie che utilizzano una tecnologia obsoleta e che non tengono conto della necessità della salvaguardia ambientale. Le cose non vanno meglio per quanto riguarda la Serbia. Merito del corrispondente da Nis, Mihailo Antovic, è l'aver offerto una panoramica sull'ambiente di questo paese. La situazione ambientale in Serbia è in larga parte pregiudicata dagli effetti dei bombardamenti della NATO nel 1999. Ed a ciò non sembra che gli attori politici, ONG comprese, prestino una particolare attenzione. Gli effetti dei bombardamenti sull'ambiente riguardano tanto l'uso dell'uranio impoverito quanto i veleni che hanno sprigionato gli obiettivi colpiti, in special modo l'area del petrolchimico di Pancevo, al nord della Serbia. Particolare attenzione viene prestata, soprattutto da parte di alcune organizzazioni locali, come l'Associazione degli ecologisti della Serbia o il Forum per la protezione dell'ambiente, alla salute del Danubio. Tuttavia il problema dell'inquinamento del Danubio sembra essere anche tra le priorità dei paesi occidentali, non tanto - come giustamente fa notare Antovic - per il grande amore che nutrono nei confronti della Serbia e del suo ambiente, ma bensì per i milioni di dollari che quei paesi perdono per ogni giorno che passa senza che il fiume sia percorribile dalle merci. Esistono ad ogni modo anche associazioni non governative e non-profit, come la Balkan Enviromental Association (fondata nel 1998 a Salonicco e che ha parecchi uffici in diversi paesi balcanici), che si dedicano alle problematiche concernenti la protezione dell'ambiente, con un occhio di riguardo proprio per il Danubio e il Mar Nero, sviluppando progetti di tutela territoriale. Infine, un altro istituto che si occupa del monitoraggio del fiume più lungo dei Balcani è - come ci informa Ada Sostaric da Belgrado - l'Hidro-meteoroloski zavod Srbije, che già da anni si occupa proprio della salute delle acque del Danubio. Sin dal 1965 infatti l'Istituto si occupa del monitoraggio della qualità delle acque e ha sviluppato nel corso degli anni cooperazioni bilaterali con altri centri di ricerca dei paesi confinati, quali per es. la Romania e l'Ungheria. Da quanto detto sin qui emerge che l'area balcanica presa in esame soffre di danneggiamenti all'ambiente che provengono o sono causati in buona parte dai paesi occidentali, ed inoltre che l'arretratezza tecnologica dei paesi balcanici, così come spesso la mancanza di un'educazione ambientale e di reali interessi da parte dei governi nell'investire nella salvaguardia dell'ambiente, fanno di questa regione una delle più minacciate. Tuttavia qualcosa sta cambiando. La recente decisione del Governo serbo di attivare un ministero delle risorse naturali e dell'ambiente sembra proprio favorire una maggiore attenzione e sensibilità nei confronti dell'ambiente stesso. Inoltre durante la recente conferenza dedicata ai temi ambientali, tenutasi in Serbia nelle scorse settimane, è stato posto l'accento sulla promozione di programmi di avvicinamento e di educazione dei bambini come degli adulti> al rispetto della natura e dell'ambiente. Purtroppo però è doveroso dire che per questi paesi, soprattutto per la Serbia e il Kosovo, ci vorranno decenni prima che la natura si riprenda dalle catastrofi delle guerre, in special modo di quelle "umanitarie".
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