Alcuni ragazzi in un parco dei divertimenti a Vukovina, Croazia (© Goran Jakus/Shutterstock)

In Croazia in questi mesi sono avvenuti numerosi casi di violenza contro le minoranze, razzismo, incitamento all'odio. E in alcuni casi hanno visto coinvolti minori, con gli adulti che, invece di difenderne i diritti e l'integrità, li utilizzano in modo strumentale

28/02/2019 -  Ivana Polić

Analizzando la questione del revisionismo storico e facendo i conti con la sua storia recente e meno recente, la Croazia sembra essere uno dei paesi più problematici dell'UE. Negli ultimi anni, un'ondata di letteratura revisionista ha sminuito la natura e la portata dei crimini commessi durante la Seconda guerra mondiale dal regime fascista croato ustascia e di quelli dei conflitti più recenti degli anni '90. Il risultato di tali tendenze è un'atmosfera che spesso incoraggia apertamente l'animosità interetnica e ostacola i tanto necessari tentativi di riconciliazione. Tuttavia, ciò che più preoccupa al giorno d'oggi è il fatto che gli adolescenti, un gruppo che dovrebbe essere educato nello spirito della tolleranza ed estremamente ben protetto da tale dannoso ambiente sciovinista e revisionista, sono stati recentemente posti al centro di incidenti inquadrati proprio in tale contesto.

Gogna mediatica

Meno di un mese fa, un video pubblicato da Ivan Penava, sindaco della città di Vukovar, ha suscitato l'ennesima serie di accesi dibattiti che hanno infiammato ancora una volta le tensioni croato-serbe nell'area, ma questa volta coinvolgendo minorenni. Durante la conferenza stampa svoltasi nell'ambito del 27° anniversario della reintegrazione pacifica di Vukovar e della regione della Slavonia orientale nel sistema costituzionale croato, Penava ha denunciato pubblicamente un gruppo di studenti delle scuole superiori serbe che non si sono levati in piedi per onorare l'inno nazionale croato durante una partita di calcio locale. Penava ha mostrato ai giornalisti un ​​video girato da lui stesso, dove potevano essere chiaramente distinti i volti degli studenti serbi. Il video è stato anche messo a disposizione sulla pagina web del comune fino a quando la richiesta dell'avvocato dei minori non ha costretto Penava a rimuoverlo. Questo, tuttavia, non ha interrotto la circolazione del video online.

Questo atto si inquadra in una serie di dichiarazioni e insinuazioni del sindaco sulla "strisciante aggressione Grande-serba" a Vukovar, anche 27 anni dopo la sua liberazione dalle forze militari e paramilitari serbe. Secondo Penava, i difensori croati combatterono per la stessa bandiera e l'inno nazionale oggi "offeso" da, in questo caso, ragazzi serbi, e il sindaco si chiedeva pubblicamente chi li avesse indottrinati con sentimenti anti-croati. Un paio di giorni dopo l'uscita del video, uno studente serbo della stessa scuola frequentata dagli studenti nel video è stato brutalmente attaccato mentre tornava da scuola da un gruppo di minori con il volto coperto. Non è chiaro se l'attacco fosse motivato dall'uscita del video, ma i media serbi hanno attaccato duramente Penava per aver incitato all'odio contro la popolazione serba e, più specificamente, i ragazzi serbi a Vukovar.

Marchiature

Un episodio apparentemente non correlato si è verificato la scorsa settimana in una scuola superiore nella città croata di Zara, dove uno studente ha marchiato il braccio di una studentessa con la lettera "U", che sta per ustascia. Il giornale croato Jutarnji list riporta che lo studente avrebbe detto alla vittima, di origine albanese, che ora può "vantarsi di essere un'ustascia". Il preside della scuola non ha interpretato questo incidente alla luce della sua natura violenta o dell'uso di termini relativi al regime fascista della Seconda guerra mondiale, ma lo ha liquidato come normale "provocazione fra studenti". Qualche tempo dopo, tuttavia, il caso si è fatto più complesso con la diffusione di alcune foto di Facebook della studentessa attaccata che indossava una maglietta con la lettera "U". Interrogato sulle azioni della figlia, il padre ha detto ai giornalisti che la studentessa aveva acquistato la maglietta convinta dai suoi insegnanti durante la recente gita scolastica a Vukovar (obbligatoria per gli studenti croati di terza media), ma non sa nemmeno per cosa stia il simbolo "U".

Accadimenti preoccupanti

Anche se questi eventi potrebbero non sembrare connessi a prima vista, sono in realtà inestricabilmente collegati e profondamente preoccupanti. Da un lato, le azioni del sindaco Penava sono moralmente discutibili in molti aspetti. Com'è possibile che Penava, lui stesso un educatore ed ex preside della scuola locale, abbia deliberatamente messo dei ragazzini al centro di una questione etnica estremamente delicata, senza nemmeno fare il minimo sforzo per proteggere la loro identità? Invece di incolpare i giovani di divisioni etniche e collegarli direttamente a eventi avvenuti molto prima della loro nascita, la leadership locale e nazionale non dovrebbe creare un ambiente in cui i minori siano protetti da ogni tipo di manipolazione politica, specialmente se pericolosa come questa dove le azioni dei ragazzi sono giudicate in base alla loro discendenza etnica?

D'altra parte, l'incidente nella scuola superiore di Zara mette in luce le conseguenze di questo stesso problema: se dei ragazzini possono usare liberamente parole come "ustascia" nella vita di tutti i giorni, indossano vestiti con tale simbolismo durante i concerti del cantante nazionalista Thompson e, ancora più allarmante, possono invocare tali simboli nel contesto dell'incitamento alla violenza e odio verso gli altri, non è da biasimare chi alimenta questo ambiente? È molto più probabile che lo studente di Zara sia stato motivato dal puro disprezzo piuttosto che dal desiderio di trasmettere deliberatamente il contesto politico e storico della parola e della lettera che aveva usato per danneggiare fisicamente l'altra studentessa. Tuttavia, ciò indica un problema molto più grande: la normalizzazione dell'odio razziale al punto che è diventato parte del vocabolario quotidiano dei ragazzi.

I casi descritti qui non sono affatto isolati. Oltre un mese fa, il giorno in cui i serbi ortodossi celebravano il Natale, il figlio di un deputato dell'Unione democratica croata pubblicava una foto di un ustascia che reggeva la testa di un cetnico (membro delle unità paramilitari serbe) precedentemente ucciso, ed è stato quindi costretto a scusarsi dopo che suo padre si è dimesso. Tempo fa, studenti e insegnanti di una scuola elementare di Spalato hanno trovato le pareti esterne della scuola dipinte con graffiti che contenevano, tra le altre cose, i simboli e gli slogan ustascia, nonché le scritte "Odio la Serbia" e "Odio i serbi". Questo è accaduto solo due giorni dopo un brutale attacco contro i giocatori della squadra di pallanuoto maschile serba a Spalato da parte di un gruppo di teppisti, che avevano etichettato i giocatori serbi come "cetnici".

Tali eventi richiedono una risposta urgente da parte delle istituzioni statali, in particolare quelle incaricate della tutela dei diritti dei minori, nonché delle organizzazioni non governative che si occupano di riconciliazione e dialogo interetnico. Senza azioni coerenti e tempestive da parte di questi attori, potremmo vedere queste generazioni diventare adulte in un ambiente che condona la retorica e l'iconografia fasciste, insieme a discorsi di odio rivolti alle minoranze. Con l'inerzia, il silenzio e la mancanza di risolutezza dei leader locali e nazionali, possiamo solo immaginare quale tipo di valori queste generazioni porteranno nell'età adulta.


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