Da quando la Croazia ha deciso di abolire il regime delle quote per i lavoratori stranieri, il loro numero è aumentato notevolmente e in particolare quello dei nepalesi. Dopo l’emorragia migratoria degli ultimi anni, i nuovi trend rappresentano per Zagabria una piccola rivoluzione
Due ragazze avvolte in lunghi sari rossi stanno accendendo dei bastoncini d’incenso sul palco, mentre nella grande sala gli uomini hanno già iniziato a ballare in cerchio. È il giorno del Gaura Parva – la festa di matrimonio tra le divinità indù Shiva e Gaura – e la comunità nepalese di Zagabria si è riunita per una serie di celebrazioni nel parco di Ribnjak. C’è la biruda, il mix di cinque cereali che viene preparato appositamente per l’occasione, le grandi casse suonano le canzoni popolari e sullo schermo scorrono le immagini del lontano Nepal con le sue alte montagne. Tra gli invitati d’onore c’è anche un imprenditore croato, la cui ditta di consegne a domicilio ha assunto decine di nepalesi.
Da paese di emigrazione a terra di immigrazione
Da quando la Croazia ha deciso, a fine 2020, di abolire il regime delle quote per i lavoratori stranieri, il numero di operai, impiegati ed artigiani provenienti da paesi terzi è aumentato notevolmente e in particolare quello dei nepalesi. Nel 2021 il ministero dell’Interno croato ha rilasciato 81.000 permessi di lavoro ad altrettanti cittadini stranieri. Nel 2022 si è saliti a quota 124.000 e nei primi otto mesi del 2023 si è già arrivati ad oltre 120.000. Per un paese che era abituato a perdere ogni anno decine di migliaia di abitanti (vuoi per la bassa natalità, vuoi per l’emigrazione), i nuovi trend rappresentano una piccola rivoluzione.
Tra i censimenti del 2011 e del 2021, la Croazia ha perso quasi il 10% della sua popolazione, che oggi supera di poco i 3,8 milioni di abitanti. Ma nel 2022 l’Ufficio statistico di Zagabria ha registrato – per la prima volta dopo 15 anni – un saldo migratorio positivo, mentre secondo la stampa croata i nepalesi rappresentano ormai la terza comunità di stranieri, dopo serbi e bosniaci. Certo, l’emigrazione non è finita e va anche detto che molti dei nuovi arrivati non restano a lungo in Croazia, ripartendo a loro volta verso altri e più ricchi paesi europei, ma per le strade della capitale, così come nelle città della costa il cambio demografico è evidente.
Secondo il ministero dell’Interno croato , i permessi di lavoro rilasciati nei primi otto mesi del 2023 (in totale 120.000 circa) hanno riguardato soprattutto i cittadini di nove paesi: Bosnia Erzegovina (27.616), Serbia (18.931), Nepal (14.721), Macedonia del Nord (11.083), India (9.624), Kosovo (7.220), Filippine (6.862), Bangladesh (5.334), Turchia (3.384) e Albania (2.875). I settori coinvolti sono quello dell’edilizia (con 44.564 permessi di lavoro), del turismo e della ristorazione (38.983), dell’industria (15.244), dei trasporti (6.694) e del commercio (3.407). Non sorprenderà, dunque, che, mentre i nepalesi sono arrivati a rappresentare più del 12% dei permessi di lavoro concessi dal ministero dell’Interno, la loro comunità a Zagabria è diventata sempre più visibile.
Il business delle agenzie
Di ritorno al parco di Ribnjak, le danze lasciano spazio alle premiazioni e ai discorsi di rito degli ospiti d’onore. Marko Cvitkovac è il fondatore di Unija Dostava d.o.o., un’impresa di consegne a domicilio con 85 dipendenti, di cui 28 nepalesi. “Quando ho avviato la mia impresa tre anni fa, non c’era quasi nessun nepalese in Croazia. Oggi quasi l’80% delle domande di lavoro che ricevo provengono dal Nepal. In futuro questo paese dipenderà da voi e noi croati siamo molto felici che voi siate qui”, afferma Cvitkovac, prima di ricevere in segno di riconoscimento il copricapo tipico del Nepal. In futuro, l’imprenditore pensa di aprire un’agenzia di collocamento che si rivolgerà proprio ai nepalesi, aiutandoli a trovare un impiego e a orientarsi nel mercato del lavoro croato, una volta arrivati nel paese.
Da quando non ci sono più quote ai lavoratori stranieri in Croazia, il business delle agenzie di collocamento è in effetti esploso. Oggi ci sono 424 agenzie registrate nel paese , quasi cinque volte di più rispetto a due anni fa e il giro d’affari delle dieci agenzie più importanti supera i 25 milioni di euro. Vicino alla stazione ferroviaria di Zagabria, Lucija Škegro e Kusum Rakhal Magar lavorano insieme in una piccola agenzia di collocamento. “Ogni giorno chiamo le aziende croate e chiedo loro se hanno bisogno di manodopera straniera. Spesso, quando chiamo una ditta attorno all’ora di mezzogiorno, mi sento dire che sono già la decima oggi a porre loro questa stessa domanda!”, esclama Lucija, che prosegue: “Non appena troviamo un posto vacante, Kusum contatta le agenzie in Nepal e cerchiamo un lavoratore”.
La procedura prosegue con la richiesta di un permesso di lavoro al ministero dell’Interno e quindi l’ottenimento di un visto. Una volta risolte queste questioni burocratiche il futuro dipendente può acquistare il suo biglietto aereo. “Non prendiamo alcuna commissione da parte del lavoratore, sarebbe illegale in Croazia. Ma a volte ci sono molti intermediari tra noi e la persona reclutata, perciò può capitare che l’emigrante paghi per venire qui”, ammette Lucija Škegro.
La storia di Asha e Sinul
Molti nepalesi raccontano in effetti di aver dovuto investire somme considerevoli per arrivare in Croazia. È il caso Asha Gurung, impiegata al Kathmandu Mart, il primo negozio di prodotti nepalesi aperto da poco nel centro di Zagabria.
Originaria di Dhangadhi nel Nepal occidentale, questa giovane ragazza dai lunghi capelli neri è arrivata nella repubblica ex-jugoslava poco più di un anno fa. La “mancanza di opportunità” e “l’instabilità politica” nel suo Paese l’hanno spinta ad andarsene. Dopo aver preso in prestito dei soldi dalla sua famiglia, ha pagato un'agenzia per trovarle un lavoro in Croazia e prepararle i documenti necessari. "La procedura dura un anno e costa tra i 4.000 e i 6.000 euro", dice Asha, che sta ancora ripagando il suo debito.
Prima di arrivare al Kathmandu Mart, inoltre, Asha Gurung ha avuto una “terribile” esperienza lavorativa fuori Zagabria. “Lavoravo in una grande panetteria di campagna, a volte anche dieci ore al giorno. Nessuno parlava inglese e i capi non erano mai contenti di noi”, sospira la venticinquenne. Da quando è nella capitale croata “va molto meglio”. Anche perché non è più sola: anche sua sorella si è trasferita in Croazia.
Sinul Bam racconta una storia simile. 38 anni, padre di famiglia originario sempre del Nepal occidentale Sinul è arrivato in Croazia un paio di anni fa come impiegato in un impianto di riciclaggio della plastica nella città di Osijek. Anche se non considera l’esperienza in Slavonia negativa, Sinul si dice contento di essere arrivato a Zagabria, dove è oggi vice-presidente dell’associazione di riferimento dei nepalesi nel paese. Inoltre, anche suo fratello sta ultimando le formalità per il trasferimento in Croazia. “Questo è un paese sicuro e le persone sono cordiali. I salari sono più alti che in Nepal, ma anche i prezzi. Per esempio, 20 chili di riso costano circa 53 euro qui, contro 20 euro nel mio paese”, afferma Sinul Bam, sorseggiando un dolcissimo tè al cardamomo e zenzero allungato col latte.
Se in Nepal il salario minimo non supera i 150 euro al mese, in Croazia un lavoratore non specializzato può contare almeno su 560 euro, il salario minimo nazionale. Inoltre, quando un’azienda assume un lavoratore straniero, deve fornirgli alloggio e un pasto al giorno. Ovviamente non mancano le discriminazioni e le violazioni del diritto del lavoro, ma i nepalesi di Zagabria si dicono per il momento soddisfatti.
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