Sono trascorsi dieci anni dall'allargamento del 2004. Un'intervista a Jerzy Buzek, polacco, primo presidente dell'Europarlamento originario di uno dei 10 paesi entrati nell'Ue nel 2004
Link: Parlamento europeo
Il primo maggio è stato celebrato il decimo anniversario del più grande allargamento mai avvenuto nell'Ue. Cosa ha significato per lei, dal punto di vista personale?
Ricordo quel momento, dieci anni fa. Era un sogno divenuto realtà, un'Europa che tornava a respirare con entrambi i polmoni. E' stato un momento importante nel nostro percorso di rinnovamento e trasformazione delle nostre radici nella civilizzazione occidentale. Allo stesso tempo è stato il culmine di uno sforzo di lungo termine e un'ingente dispendio di energie. La gente in tutto il paese festeggiava la fine di questa lunga divisione.
Ora abbiamo sia la possibilità che la responsabilità di dare forma, assieme, ad una nuova Unione europea, di lavorare per un comune benessere. L'Europa orientale ha fatto suo questo ruolo ed è ora importante pensare a come poterlo adempiere tutti assieme.
In molti temevano che l'ingresso nell'Ue avrebbe causato una perdita di indipendenza e identità e alcuni hanno strumentalizzato questi sentimenti per perseguire propri obiettivi. Cosa direbbe ora loro?
Gli stessi cittadini hanno dato la miglior risposta. Tra quelli che dieci anni fa sono divenuti parte di un'Europa comune, molti sono diventati ancor più consapevoli della propria identità e non percepiscono alcuna perdita di indipendenza. Questi ultimi dieci anni hanno rappresentato una grande lezione sul come presentare il nostro punto di vista: è attraverso argomenti convincenti che si vince nel processo decisionale europeo e che si influenza la politica dell'Ue.
Che posizione hanno nell'Ue i dieci paesi entrati nel 2004? Qual è il loro valore aggiunto?
Devo dire, con grande soddisfazione, che raramente sento dire “nuovi paesi membri” nei corridoi. E' veramente tempo che tutti smettano di chiamarci così. Abbiamo bisogno di creare l'Ue e non solo “farne parte”, in particolare quando si tratta di affrontare le nuove sfide geopolitiche e la stanchezza da integrazione visibile in molti paesi dell'Europa occidentale.
L'Ue deve continuare nel processo di allargamento? Se sì, chi sarà il prossimo e perché?
L'Ue deve continuare a tenere le porte aperte. Ciononostante, senza rispettare determinati criteri e senza preventive e intense negoziazioni e disponibilità ad adottare standard europei, dovrebbe essere impossibile parlare di accesso. Altrimenti sarebbero entrambi – lo stato in questione e l'Ue – a perdere, incapaci di trarre profitto mutualmente dall'integrazione.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea, nel quadro dei programmi di comunicazione del Parlamento Europeo. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto BeEU - 8 Media outlets for 1 Parliament.
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