Malgrado decenni di aiuti finanziari, le differenze nell’addestramento e delle attrezzature in Unione europea rendono la cooperazione tra i vigili del fuoco degli Stati membri complicata e spesso inefficiente
Nell’estate del 2023, scorrendo le notizie, non si è potuto fare a meno di imbattersi negli articoli sugli incendi di boschi e foreste che imperversavano nel mondo. Hawaii e Canada, volendo citare i più gravi, hanno vissuto i loro peggiori incendi di sempre. In Europa, vasti incendi hanno colpito la Sardegna, la regione portoghese di Castelo Branco e l’isola di Santorini.
Gli incendi incontrollati spesso sono aggravati dalle condizioni climatiche e sono sempre più presenti in Europa a causa del cambiamento climatico. Secondo il rapporto Forest Fires in Europe, the Middle East, and North Africa del Joint Research Center della Commissione europea, nel 2022 l’Ue è stata interessata dal maggior numero di incendi dal 2006. Sono bruciati circa 5500 chilometri quadrati, il doppio della superficie del Lussemburgo, 1000 dei quali all’interno delle aree protette di Rete Natura 2000, le riserve di protezione della biodiversità dell’Unione europea.
Con l’aumento del rischio di incendi nel continente, cresce anche l’importanza del Meccanismo di protezione civile, ideato per facilitare la cooperazione tra vigili del fuoco dei diversi Stati membri, aumentare la loro prontezza nelle emergenze e ampliare la loro presenza nei territori.
Vigili del fuoco: sempre meno e sempre più anziani
Date queste circostanze, è chiaro che in Europa occorrono più vigili del fuoco, in particolare durante le stagioni interessate dagli incendi. Ma come si evince da un uno studio di Eurostat pubblicato nell’agosto 2023, la triste realtà è che negli ultimi anni dieci paesi dell’Ue hanno ridotto il loro numero di pompieri. Complessivamente, nel 2022, nell’Ue c’erano 359.780 vigili del fuoco professionisti, 2.800 in meno rispetto al 2021.
Inoltre, le cifre indicano che una buona parte dei vigili del fuoco ha un’età avanzata, visto che il 25,5 percento è ultracinquantenne e soltanto per il 12,6 percento ha meno di trent’anni. Eurostat precisa che questi numeri non tengono conto dei volontari, una componente importante delle strategie nazionali di lotta agli incendi in molti paesi dell’Ue.
È interessante notare come il livello del rischio di incendi negli Stati membri dell’Ue non sia necessariamente correlato al numero di vigili del fuoco. Grecia, Estonia e Cipro hanno il maggior numero di pompieri nelle rispettive forze lavoro, ma altri paesi dove nel periodo estivo gli incendi sono molto frequenti, come Portogallo, Spagna e Italia, si collocano a metà di questa classifica. Preoccupa il fatto che la Francia, le cui regioni meridionali sono fortemente colpite, si posizioni al penultimo posto di questa classifica.
Che cosa fa l’Ue per facilitare la cooperazione?
Alla fine dell’agosto del 2023, l’Unione europea ha rafforzato la sua infrastruttura comune e la sua flotta di mezzi rescEU antincendio, costituita di elicotteri e aerei. Quest’anno il Meccanismo di protezione civile dell’Ue per il soccorso immediato è stato attivato sette volte su richiesta degli stati membri per incendi scoppiati nell’Europa mediterranea e oltre (Tunisia, Cile e Canada). Di conseguenza, per domare gli incendi l’Europa ha schierato 20 aerei antincendio e più di 660 vigili del fuoco.
Il Meccanismo di Protezione civile dell’Ue è stato creato nel 2001 per rafforzare la cooperazione tra gli stati membri in tema di protezione civile e per migliorare la prevenzione, la prontezza e la risposta nelle calamità. L’idea di fondo è che i Paesi che ne fanno parte mettano in comune il capitale umano, l’esperienza, gli strumenti e gli automezzi necessari. L’Ue coordina e finanzia almeno il 75 per cento delle spese di dispiegamento e trasporto necessarie per queste operazioni.
Per fornire personale ed esperienza al Meccanismo, i governi hanno creato l’European Civil Protection Pool. Entro la fine del 2023, 25 stati membri avranno aggiunto 124 figure specializzate per coprire ogni tipo di scenario quando un’emergenza supera le capacità di intervento di un paese europeo o altrove.
Il Meccanismo si è attivato più di 700 volte dalla sua creazione. È indicativo il fatto che tra il 2007 e il 2019 un terzo delle richieste di aiuto presentate all’EU Civil Protection Mechanism siano state relative a incendi. Adesso le risorse perlopiù sono destinate al programma di aiuti umanitari nell’ambito della guerra in Ucraina.
Un’infrastruttura condivisa è uno degli elementi decisivi delle soluzioni comuni. Nel suo ininterrotto tentativo di migliorare la qualità e l’efficienza della cooperazione transnazionale, l’Unione europea nel 2023 ha deciso di investire 23 milioni di euro nei suoi primi aerei antincendio di proprietà comune, che dovranno essere consegnati prima della stagione degli incendi del 2027. A questi si sommeranno altri 12 aerei cofinanziati dall’Ue ma di proprietà dei singoli stati membri, che li gestiranno in proprio a condizione di renderli disponibili nell’Ue durante il periodo di maggior rischio. In precedenza, l’Ue aveva una flotta di 28 aerei antincendio presi in prestito dalle flotte dei singoli Paesi dell’Ue o sul mercato.
Attenzione agli incendi
Nel 2022, il Centro di coordinamento di risposta alle emergenze dell’Ue (ERCC) ha inviato aiuti per incendi boschivi in Repubblica Ceca, Francia, Germania, Portogallo, Slovenia e Albania, con 33 aerei, 8 elicotteri e oltre 1500 vigili del fuoco.
Tuttavia, come hanno spiegato a EDJNet Przemysław Rembielak e Bartosz Klich, due esperti vigili del fuoco polacchi operativi in varie operazioni antincendio in diversi paesi, spesso la compatibilità delle attrezzature tra le varie brigate è un problema non indifferente. Per esempio, quelle polacche in missione all’estero hanno 17 veicoli che possono mettere insieme tre chilometri di manichette larghe 110 mm, diametro appropriato per spegnere incendi di magazzini e di immondizia. Rispetto a loro, le brigate spagnole di vigili del fuoco possono utilizzare tre chilometri di manichette con un singolo automezzo, disponibili però con un diametro di soli 25 mm. Per di più, è stato evidenziato che le uniformi di alcune brigate di vigili del fuoco dell’Europa settentrionale sono troppo calde per essere indossate quando il personale è dispiegato più a Sud nei Paesi mediterranei.
Molto contano anche le abitudini di spegnimento degli incendi in uso nei vari paesi. Per esempio, quando devono intervenire, i vigili del fuoco polacchi sono abituati a contare su strade, mappe e punti di coordinamento adeguati. Le brigate spagnole, invece, hanno imparato ad avvicinarsi con la manichetta molto di più alle fiamme, con risultati migliori.
In diversi stati membri, tra i vigili del fuoco in servizio e i vigili del fuoco civili c’è una sorta di “muro”. Sembra che le opportunità di addestramento transnazionali nell’Ue non abbiano cambiato molto le cose, da questo punto di vista. Anche qui, le brigate di vigili del fuoco professionisti delle Ong polacche non hanno avuto accesso al meccanismo di allerta per offrire i loro servizi, forse per motivi economici.
Un altro esempio in Grecia mostra che, tenuto conto delle poche risorse per gli interventi straordinari, il costo del combustibile e in generale il lavoro extra-orario, i vigili del fuoco sono restii a farsi carico di compiti aggiuntivi, figuriamoci intervenire all’estero. Le istituzioni dell’Ue e gli esperti nazionali non potrebbero sottolineare maggiormente l’importanza della prevenzione degli incendi e dell’educazione.
Le linee tagliafuoco ben mantenute e le barriere agricole sono indispensabili per scongiurare gli incendi, come pure educare la popolazione a estinguere efficacemente le fiamme e molte altre questioni. In risposta a una sollecitazione, la Commissione europea ha detto a EDJNet che non esistono direttive Ue che prescrivono provvedimenti specifici relativi agli incendi nella Wildland Urban Interface (WUI). Tuttavia, in ogni stato membro esiste un Piano nazionale per la gestione integrata degli incendi nelle campagne con istruzioni dettagliate su come spegnere gli incendi rurali.
Allo stesso modo, non esistono materiali educativi antincendio standardizzati. A ciò si sommano le diverse tradizioni che hanno portato a una situazione per cui il livello di educazione varia notevolmente nei diversi paesi dell’Ue. Svedesi, finlandesi, tedeschi e polacchi, per esempio, sono i più preparati in Europa, mentre i portoghesi cercano di recuperare il terreno per ciò che riguarda la manutenzione delle foreste e la protezione della natura dal rischio di incendio. Altri stati membri sono ancora più restii a educare la popolazione in genere.
Nel suo intervento del settembre 2023 alla Commissione per l’Agricoltura e lo Sviluppo rurale del Parlamento europeo (AGRI), anche il rappresentante dell’European Forest Fire Information System (EFFIS) ha chiesto maggiore attenzione per la prevenzione e l’educazione dell’opinione pubblica.
Questo articolo è pubblicato in associazione con lo European Data Journalism Network ed è rilasciato con una licenza CC BY-SA 4.0
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