Il lento sconfinamento camminato da Kaliningrad al Bosforo del fotografo Luca Nizzoli Toetti. In atmosfere sospese, il racconto di quello che l'Europa è, non è, e potrebbe divenire tra vecchi muri e nuove frontiere, e quella nostalgia che non vuol passare. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
(Pubblicato originariamente da BabelMed)
Nei 55 scatti in bianco e nero che compongono il suo libro, Luca Nizzoli Toetti racconta le realtà in divenire dei paesi lungo le frontiere orientali dell’Europa, dall’exclave russa di Kaliningrad fino al Bosforo.Con uno sguardo poetico e delicato, l’autore (Premio Chatwin 2010) costruisce un personale “itinerario emotivo” attraverso territori dai confini labili e sfumati, che in un futuro non troppo lontano potrebbero entrare a far parte dell’Unione. Le immagini, molto curate, rivelano una grande maturità tecnica e nell’editing sono volutamente accostate in modo non cronologico né sequenziale da un punto di vista geografico. Questo lento periplo sul filo delle frontiere nate dal crollo dell’URSS ci restituisce suggestioni visive e atmosfere fatte di sguardi, piccoli gesti, momenti di vita quotidiana colti con incredibile sensibilità e un velo di ironia.
“Con il mio mestiere soddisfo un desiderio di libertà errabonda, di fuga dai vincoli territoriali, ideologici, professionali che sviluppo lontano dai veloci e superficiali meccanismi dei media e metto in atto nel più semplice dei modi: camminando e fotografando”, leggiamo nella postfazione.
Al di là della vecchia cortina, esistono luoghi ancora lontani e inaccessibili, ovattati dagli echi di una propaganda antisovietica non del tutto dissolta e, per questo, difficilmente comprensibili. Le imponenti e sperdute stazioni russe, il litorale ucraino, le brulicanti città delle repubbliche baltiche, i bar di Istanbul, le piazze di Chişinău. “Libero fruitore dell’eventualità”, senza mappe né appuntamenti prestabiliti, l’autore si perde in questi mondi inesplorati come un viaggiatore di fine ottocento, immergendosi “nella massa frettolosa con lentezza, senza far nulla ma inseguendo ogni cosa”.
L’intervista di Babelmed
Cosa l'ha spinto verso quei territori?
Volevo cercare l’Europa dove ancora non c’è e trovare qualcosa che mi parlasse del nostro passato recente, di trenta, quarant’anni fa. Mi interessava parlare di luoghi poco noti che presto, forse, faranno parte dell’Unione europea, anche se alcuni dei paesi che ho attraversato dubito che ci riusciranno. La domanda di fondo che mi ha spinto a partire è stata: “cos’è l’Europa? cosa sono gli europei?”. Ho cercato delle risposte osservando la vita quotidiana delle persone che abitano ai confini orientali di questa entità politica e geografica ma ho trovato solo molte fotografie e tanta gente che si sta chiedendo la stessa cosa…
Qual è stato il suo approccio da un punto di vista fotografico?
Ho scelto di lavorare cogliendo i particolari di quello che succede e che vedo mentre cammino. L’urbanizzazione selvaggia e la quasi totale dipendenza dalle automobili ci costringono a seguire troppo spesso percorsi obbligati e per questo raramente attraversiamo un territorio vivendolo fino in fondo. Alzare la testa e camminare diventa quindi un atto sovversivo, politico. Abbandonare per un momento gli smartphone che occupano ogni pausa delle nostre frettolose giornate, deviare dai percorsi noti, perderci in luoghi sconosciuti lasciandoci stupire dalla realtà che ci circonda. È questo che mi spinge a fotografare. Non uso mai le mappe quando sono in viaggio: le consulto prima di partire e poi provo a riorientarmi sul territorio creandomi dei nuovi punti di riferimento.
Cosa lo ha colpito di più del viaggio?
Non essendo un esperto di geopolitica, non posso esprimermi sulla situazione di quei posti ma attraversandoli, parlando con la gente, vivendone le atmosfere ho sicuramente riscontrato una forte nostalgia per un passato che è stato spazzato via in pochissimo tempo e in modo forse troppo violento. Le persone dell’Est considerano ancora il periodo comunista come un momento di grande disponibilità e umanità, di apertura e condivisione, supporto reciproco. Il nostro punto di vista su quell’epoca storica non può essere obiettivo per via della pesante propaganda anti-russa che era molto diffusa in occidente, ma lì è ancora visibile il retaggio di una grandezza che non si è persa. E anche se l’ideale socialista non c’è più, restano comunque sue tracce indelebili nell’imponente architettura sovietica, onnipresente.
Qual è l’atteggiamento dei giovani di questi paesi rispetto all’Europa?
Alla gente non manca l’Europa, né un’economia diversa. Le persone vorrebbero magari un po’ di ricchezza in più ma alla base del loro disagio c’è la libertà di movimento negata. Per muoversi hanno bisogno del visto e molti non riescono a ottenerlo per viaggiare liberamente e scoprire il mondo, che dovrebbe essere un diritto di tutti. L’elemento più forte è, dunque, un desiderio di mobilità condiviso, soprattutto tra i giovani.
Il tuo è in qualche modo anche un lavoro sul confine, sulla frontiera. Potrebbe dire qualcosa a riguardo?
Il tema dei muri mi affascina molto, ma ciò che mi interessa approfondire va al di là dei muri fisici che vediamo nel mondo. Venticinque anni fa, quando è caduto quello di Berlino, abbiamo assistito all’abbattimento di una barriera di mattoni che per molto tempo aveva separato due mondi che finalmente potevano riavvicinarsi. Oggi ci sono altre dinamiche, altri muri, più invisibili e sofisticati che il progresso tecnologico ci ha costruito attorno: sono i nostri corpi, sempre più isolati, sono gli smartphone che usiamo di continuo e che filtrano la realtà esterna, sono il bombardamento mediatico che ci riempie di notizie nell’illusione di informarci in modo adeguato.
“Almost Europe” è stato realizzato grazie a un sistema di prevendite on line. In che modo?
Si tratta di un sistema che andava molto di moda all’inizio del secolo scorso e che ora si sta diffondendo di nuovo per far fronte alla crisi dell’editoria. Prima di ogni nuova tappa del viaggio, ho lanciato una campagna di raccolta fondi per finanziare gli spostamenti in programma specificando di volta in volta gli itinerari e offrendo ai donatori alcuni scatti realizzati grazie al loro contributo, firmati e numerati. Così, prima che l’opera fosse stampata, ne erano già state vendute 120 copie.
Quali saranno le sue prossime tappe?
Sto già lavorando a un secondo viaggio attraverso l’Europa: dalla Scandinavia alla Sicilia in treno, grazie allo stesso metodo di finanziamento dal basso. E in futuro mi piacerebbe immaginare un itinerario da Cascais fino alle Repubbliche baltiche.
Luca Nizzoli Toetti, Almost Europe,
Postcard, Roma, Ottobre 2013
122 pagine, b/n, 25 euro.
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