Il Parlamento europeo ha approvato giovedì 2 febbraio la liberalizzazione dei visti per la Georgia, ora il passaggio formale al Consiglio dei ministri dell’UE e da fine marzo i primi viaggiatori
Bruxelles apre le porte a Tbilisi e per i cittadini georgiani viaggiare senza visto nell’area Schengen diventa realtà. Il Parlamento europeo ha dato il via libera alla liberalizzazione dei visti che dalla fine di marzo permetterà soggiorni per turismo o affari nei paesi nello spazio comune europeo fino a 90 giorni, con passaporto biometrico e su un periodo complessivo di 180 giorni. Non permetterà loro invece di cercare occupazione.
Il via libera dato a larga maggioranza – 553 voti a favore, 66 contrari e un pugno di 28 astenuti – chiude un processo aperto formalmente un anno fa, ma che ha radici di decenni in un paese che si considera a tutti gli effetti europeo, per storia e valori. Un via libera importante che, secondo gli analisti, è anche un’iniezione di fiducia verso il governo a pochi mesi dalle elezioni e una spinta nella direzione delle riforme.
L’Accordo di associazione e libero scambio siglato tra Tbilisi e Bruxelles nel giugno del 2014, dopo due anni di lavoro, prevede l’abolizione dei dazi e una serie di liberalizzazioni tra le quali rientrava anche quella dei visti. Ma nonostante il paese fosse in linea con i requisiti richiesti dall’Unione europea, la crisi dei rifugiati e i timori di nuovi flussi migratori hanno lasciato in sospeso per mesi la formalizzazione.
Lo sblocco è avvenuto in seguito all’accordo raggiunto tra Parlamento e il Consiglio europeo, ovvero l’organo che stabilisce l’agenda politica e le priorità dell'Ue, sui meccanismi di controllo e sospensione d’emergenza degli accordi sul regime dei visti - in sostanza se e quando interrompere i viaggi senza visti.
Esultanza e commenti politici non si sono fatti aspettare. A Bruxelles il vice-presidente dell’europarlamento, il polacco Ryszard Czarnecki, ha commentato che la Georgia è “parte integrante” e “nazione cristiana nel cuore della civiltà e della cultura europea.” A Tbilisi il Primo ministro Giorgi Kvirikashvili ha affidato a Facebook la sua gioia per “una giornata storica” spiegando ai suoi 140.000 seguaci che “il risultato tangibile di una politica di avvicinamento all’Unione,” è una tappa di un percorso “ancora lungo per far diventare il nostro paese uno stato veramente europeo, membro a pieno titolo della famiglia euro-atlantica.”
La Georgia è il paese con la più forte aspirazione europeista nel Caucaso. L’adesione formale al blocco europeo, prospettiva ad oggi sine die, è l’obiettivo primario in tema di politica estera fin dal 2003 quando la Rivoluzione delle rose, guidata dal controverso ex presidente Mikheil Saakashvili, ha aperto la strada ad un impegno per le riforme mantenuto poi dalle successive amministrazioni, pur con sostanziali differenze nei rapporti con Mosca.
“L’allargamento non è in agenda a Bruxelles, e noi lo sappiamo”, ha dichiarato Natalie Sabanadze, ambasciatore georgiano all’Unione. “Tuttavia la Georgia è ostinatamente impegnata a seguire il percorso d’integrazione euro-atlantica, nonostante le difficoltà e i costi che questo comporta”.
L’età dell’oro dell’allargamento a est è politica del passato - il vento è cambiato da quando, nel 2004, l’Unione abbracciò dieci nuovi membri e sorprese come Brexit non sono che l’esempio più eclatante di un crescente scetticismo anti-europeo.
Poi però c’è il fattore russo. “Questo provvedimento significa maggiore fiducia e spazio di manovra nelle relazioni con Mosca che negli anni ha cercato di convincere i georgiani che a Bruxelles e, in generale, all’Occidente non interessava la Georgia,” spiega a OBC Transeuropa Kornely Kakachia, professore di analisi politica alla Tbilisi State University. “Significa che la costruzione di uno stato democratico nel Caucaso meridionale non è chimera, ma un’opzione reale. Questa decisione è una specie di conferma che la Georgia si sta muovendo verso la direzione giusta e un monito a non perdere la bussola delle riforme nelle quali il paese ha investito negli ultimi 10 anni.”
Una lunga anticamera
Uno scetticismo del quale a Tbilisi arrivano solo echi lontani - nelle strade della capitale l’atmosfera è quella delle grandi occasioni – e ciascuno sembra avere una ragione per festeggiare. Giorgi Mechelashvili, ingegnere votato alla carriera di tassista perché “di questi tempi guadagno di più al volante,” potrà andare a trovare la figlia che lavora in Germania. Per Eka Tsuladze, ventunenne studentessa di storia e diritto europeo, l’accesso facile all’Europa è vitale “per gli studi e per lo scambio con studenti che, come me, si sentono europei anche se oggi pare non andare più di moda.” Per tanti altri la molla è turistica, come per Khatuna Abuladze, commessa, che vede più vicino il suo sogno di una gita in gondola a Venezia.
La gioia del traguardo cancella la frustrazione di un percorso tortuoso che prima del sigillo parlamentare, ha dovuto superare gli sbarramenti della Commissione europea prima e del Consiglio europeo poi. Il lungo semaforo giallo per i cittadini georgiani riflette opinioni profondamente divergenti in seno alle istituzioni europee in tema di apertura delle frontiere e all’opposizione di alcuni paesi membri.
Il dialogo per l’Accordo di associazione e liberalizzazione è partito ufficialmente il 4 giugno 2012 e Bruxelles ha presentato alle autorità georgiane un piano d’azione dettagliato nel febbraio successivo. I paletti imposti dall’Unione sono stati rigidi – lotta alla corruzione e criminalità organizzata, protezione dei dati, leggi anti-discriminazione e tutela delle minoranze, oltre a riforme volte a garantire l’indipendenza del sistema giudiziario.
I progressi legislativi ed esecutivi sono stati attentamente monitorati tra il novembre 2013 e il dicembre 2015 quando la Commissione europea ha presentato la sua ultima relazione affermando che Tbilisi aveva soddisfatto i parametri di riferimento per viaggiare nell’area Schengen. Per l’esecutivo le condizioni per l’accesso all’area Schengen erano mature già a marzo 2016, ma a rallentare il sì definitivo sono state situazioni contingenti. I flussi migratori hanno spinto Germania, Francia e Italia a chiedere un meccanismo correttivo che permettesse la sospensione del regime privilegiato nel caso di specifici effetti migratori.
Di qui il meccanismo di sospensione, approvato a fine 2016, che permetterà a Commissione e stati membri di ripristinare velocemente il regime dei visti se ritenuto necessario. I casi previsti sono “aumento del numero di cittadini di un paese terzo che restano irregolarmente sul territorio dell’Unione europea”; “aumento di richieste di asilo prive di fondamento” oppure “in mancanza di collaborazione per la riammissione di migranti rimpatriati”. In questi casi scatterà il blocco degli accordi per un periodo di nove mesi, estendibile a un anno e mezzo.
Kvirikashvili si è detto certo che i suoi compatrioti faranno buon uso dell’opportunità data loro. Come dire, se sgarrano pochi paga tutto il paese.
“L’ultimo spenga la luce”
Per Mariam Grigalashvili, analista del Georgian Institute of Politics, “le possibilità che il meccanismo [di sospensione] sia applicato alla Georgia sono minime.” Eppure, ottenuto il privilegio si tratta ora di comunicarlo in modo adeguato. La battuta ricorrente “l’ultimo cittadino si ricordi di spegnere la luce in aeroporto” riflette l’idea che ora ogni singolo georgiano si riverserà in Europa.
“C’è urgente bisogno di una campagna di informazione per spiegare alla popolazione cosa significa esattamente questo provvedimento,” scontinua Kakachia. “Si tratta di un lavoro che deve essere svolto dal governo ma anche dalla società civile, coinvolgendo i media e il mondo accademico, per gestire le aspettative e proteggere dalle delusioni. Bisogna essere creativi”.
Tbilisi vede la liberalizzazione anche in chiave di politica interna. Tra gli effetti del provvedimento c’è infatti anche la speranza di migliorare le relazioni con l’Abkhazia e l’Ossezia del sud - con un passaporto georgiano anche i residenti delle due regioni separatiste potranno viaggiare in Europa. Una lettera d’intenti, affidata dal ministro degli Esteri Mikheil Janelidze a Twitter, presto fatta a pezzi dalle autorità de facto sia a Sukhumi che a Tskhinvali. In un comunicato, Sukhumi ha definito infatti “rozzo” l’approccio delle autorità georgiane, “un’altra trappola per i cittadini dell’Abkhazia sotto forma di liberalizzazione dei visti con i paesi UE,” aggiungendo che il tentativo di “invogliare i cittadini abkhazi verso la Georgia fallirà.”
Questa pubblicazione/traduzione è stata prodotta nell'ambito del progetto Il parlamento dei diritti, cofinanziato dall'Unione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.
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