Quanto contano e quanto hanno pesato le diaspore di Moldova e Georgia alle recenti elezioni? In entrambi i casi, centinaia di migliaia di cittadini che vivono all'estero hanno diritto di voto ed esprimono un orientamento politico distante da quello dei propri concittadini in patria
Ottobre è stato un mese a lungo atteso per Moldova e Georgia, chiamate al voto rispettivamente il 20 e il 26 per due tornate elettorali fondamentali: la prima ha espresso il proprio voto per il referendum costituzionale di adesione all’Unione Europea e per eleggere il nuovo capo di Stato; la seconda, invece, per il rinnovo del parlamento.
Nonostante la differenza sostanziale fra i due paesi – per demografia, collocazione geografica, cultura, storia politica e sociale – i due appuntamenti elettorali sono stati spesso assimilati.
Quello che è certo è che il "fenomeno elezioni" ha dato il via a speculazioni e, successivamente, a brogli e frodi durante il voto sia in Moldova che in Georgia. Fattore da non sottovalutare è quello giocato dalle diaspore, che ha avuto un peso diverso nei due paesi.
Il voto della diaspora georgiana
La popolazione della Georgia nel 2023 si attestava sui 3 milioni e 800mila abitanti, con tantissimi georgiani che negli ultimi trent’anni sono emigrati all’estero per via delle difficili condizioni economiche nella terra natia (nel 1989 la popolazione raggiungeva il suo picco assoluto di quasi 5 milioni e mezzo). Un fenomeno sociale che ha grande influenza sull’economia del paese: sempre nel 2023 circa il 14% del PIL georgiano derivava , infatti, dalle rimesse estere, una percentuale in costante crescita nell’ultimo ventennio.
Al 2020, anno delle ultime elezioni parlamentari, circa 850mila georgiani vivevano all’estero in base ai dati ONU (probabilmente il numero è più alto); di questi, poco più di 66mila si erano registrati per votare , ma solo 12mila (il 18,5%) si sono recati alle urne (il doppio dei 5.675 che avevano votato alle elezioni presidenziali del 2018).
Questa scarsa affluenza si spiega con la complessità delle procedure elettorali all’estero, il voto per corrispondenza non è previsto e gli elettori, che spesso vivono in condizioni economiche difficili, sono costretti a percorrere lunghe distanze per raggiungere il seggio più vicino.
Negli ultimi quattro anni, secondo alcune stime , il numero di georgiani espatriati ha superato il milione. Nello stesso periodo si è registrato anche un accresciuto attivismo politico da parte della diaspora georgiana, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti.
Per esempio, mentre la lunga ondata di proteste contro la legge sugli agenti stranieri si protraeva in Georgia nella primavera del 2024, i georgiani espatriati organizzavano manifestazioni di supporto alle proteste in molte città europee e americane.
Come dimostrano i risultati del voto estero nel 2020, in cui due terzi delle preferenze sono andate ai partiti di opposizione e Sogno Georgiano si è attestato al 29% (contro il 50% sfiorato in Georgia), chi tra gli espatriati andava a votare lo faceva in massima parte per esprimere il proprio dissenso dal partito di governo.
In virtù di questi numeri e dell’accresciuta assertività politica della diaspora, Sogno Georgiano non ha avuto quindi interesse a facilitare le procedure elettorali fuori dai confini. A questo giro si è votato in 67 seggi elettorali localizzati in 42 paesi con molti cittadini che si sono sobbarcati lunghi “viaggi elettorali”.
La corsa a registrarsi per il voto all’estero ha confermato che molti georgiani della diaspora volevano partecipare a quello che era considerato come un momento importante per il futuro del paese.
In base ai dati della Commissione elettorale centrale , ben 95.910 espatriati si sono iscritti per votare (su un totale di 3.495.789 aventi diritto). Di questi, 34mila si sono recati alle urne aspettando, in alcuni casi, per ore il proprio turno (il video della coda chilometrica a New York ha fatto il giro dei social).
Come nel 2020, i risultati di Sogno Georgiano sono stati di molto inferiori (intorno al 15%, ma mancano ancora i dati definitivi) al 54% ottenuto in Georgia, con la “Coalizione per il Cambiamento” che è risultata la forza politica con più preferenze all’estero.
Anche se si è trattato di un fenomeno sociale rilevante, il voto estero non ha pesato in modo significativo sui risultati delle elezioni del 26 ottobre in Georgia.
La mancata partecipazione dei compatrioti espatriati è stata comunque fonte di polemica nella complessa situazione post elettorale con la presidente Salome Zourabichvili che ha puntato il dito contro Sogno Georgiano per aver ostacolato il voto estero: “La Moldova è stata salvata dai 300mila votanti della diaspora. La nostra diaspora, forte di un milione di persone, è stata esclusa: solo in 34mila sono stati ‘autorizzati’ a votare”.
Il peso del voto dei cittadini all’estero: il caso moldavo
Esistono “due Moldove ” che si sono recate alle urne per la recente tornata elettorale (referendum compreso) e che hanno visibilmente scelto presidenti diversi.
La prima – rappresentata dalla diaspora e, all’interno, dalla città metropolitana di Chişinău – ha rieletto la presidente uscente liberale Maia Sandu.
La seconda – costituita dal nord del Paese, dall’entità territoriale autonoma di Gagauzia e dalla repubblica separatista di Transnistria – ha votato maggiormente per l’ex procuratore generale socialista Alexandr Stoianoglo, che in alcune aree si è portato a casa oltre l’80% dei voti al secondo turno.
Due realtà palesemente differenti e con priorità diverse che, unendosi, sono riuscite a determinare il risultato finale di queste elezioni presidenziali tanto attese e discusse.
Si è trattato, ancora una volta , di un voto determinato dalla diaspora moldava, che ha contribuito a un’affluenza alle urne davvero meritevole (dal 1994 al 2009 la partecipazione è raddoppiata ).
All’estero sono stati aperti ben 234 seggi elettorali , 60 dei quali in Italia e solo 2 a Mosca (invece dei 29 inizialmente previsti), nonostante la Federazione Russa ospiti la diaspora moldava più numerosa dopo la Romania. Una decisione, quest’ultima, determinata dalla volontà delle autorità moldave di limitare la palese ingerenza di Mosca nella politica di Chişinău presente ben prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Probabilmente, se ci fossero stati almeno un paio di seggi in più, i risultati del voto non sarebbero stati gli stessi e non avremmo avuto cittadini moldavi residenti in Russia pagati per volare a Baku o a Minsk per esprimere il proprio voto.
A queste elezioni si sono recati alle urne per il ballottaggio 329.775 cittadini moldavi aventi diritto di voto all’estero, quasi 90mila in più del primo turno.
La diaspora moldava ha giocato un ruolo chiave anche nel referendum nazionale del 20 ottobre, in concomitanza con il primo turno, quando una maggioranza risicata del 50,35% ha votato per garantire il percorso della Moldova verso l’adesione all’Unione Europea.
“La diaspora ha votato in massa per il referendum. Hanno cambiato la dinamica, aggiungendo quasi il 9%, secondo alcuni dati. Su un totale di circa 245mila voti stranieri, circa il 77%, cioè 181mila, ha votato a favore dell’integrazione nell’UE”, spiega l’analista moldavo Oktawian Milewski in un’intervista a New Eastern Europe .
La struttura del voto nella diaspora è palesemente diversa se confrontata con i risultati all'interno del Paese: la diaspora moldava – che contribuisce fortemente al PIL interno grazie alle rimesse straniere – appare come la principale forza del cambiamento democratico, in grado di influenzare la composizione del governo moldavo a favore di partiti democratici, liberali e di orientamento pro-europeo.
A spingere la diaspora al voto è, in primis, il paese stesso che incoraggia gli emigrati moldavi a esercitare il proprio diritto di voto in quanto unico mezzo tangibile per mantenere un legame con la patria.
Notevoli le parole di Sandu al riguardo: “La nostra diaspora ci ha dato oggi un’altra lezione, da cui tutti dovremmo imparare. I moldavi all’estero hanno dimostrato ancora una volta che la Moldova batte forte nei loro cuori come nei nostri in patria”.
I risultati del voto hanno delineato tanto le divisioni interne alla società moldava, quanto quelle con l’ester(n)o. La spaccatura interna si nota tra la capitale (dove c’è quella fetta di popolazione con un reddito sopra la media e che vota una classe politica pro-europea) e le zone rurali (dove si vive con pensioni minime, pochi servizi e dove le condizioni socioeconomiche contano più della politica estera); quella con l’estero emerge tra i moldavi in Moldova e la diaspora.
Secondo i dati ufficiali, il numero di cittadini moldavi che vivono all’estero oscilla oggi tra 1,11 e 1,25 milioni di persone (probabilmente la cifra effettiva è maggiore) che, per un paese con una popolazione di circa 2,4 milioni di abitanti, è incredibilmente alto.
Una fetta di popolazione che, tuttavia, non va affatto esclusa dal processo decisionale all’interno del paese: il coinvolgimento attivo della diaspora moldava nella politica riflette infatti l’affinità con la patria e la speranza in un futuro migliore per la Moldova. E il peso che essa ha giocato nei processi elettorali, di ieri e di oggi, ne è la prova.
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