Una minoranza isolata, dall'anima contesa tra diverse identità: quella pomacca, quella greca e quella turca. Un viaggio attraverso i villaggi della Tracia Occidentale, raccogliendo impressioni e testimonianze di una comunità poco conosciuta, quella dei musulmani slavi di Grecia
“A Skecha siamo nashi, e parliamo in pomacco”. Ho conosciuto Husnia sull’autobus che dalla città di Xanthi, capoluogo dell’omonima prefettura della Tracia Occidentale, in Grecia, una regione stretta tra il Mare Egeo e i monti Rodopi, ci porta al suo paese natale, Thermes.
Husnia torna a casa per la festa di “Ederles" (6 maggio), che segna la fine dell’inverno e l’inizio della bella stagione. E' proprio nella località termale di Thermes (che gli abitanti locali, musulmani, chiamano Ladzha), a non più di 10 chilometri dal confine con la Bulgaria, che si tiene una delle feste più grandi per questa occasione. “Skecha”, è il nome con cui la popolazione locale chiama Xanthi, quando non utilizza il vecchio nome turco di "Iskece".
I pomacchi sono qui una comunità chiusa, che vive nei villaggi periferici delle prefetture di Xanthi, Komotini e Evros, villaggi che chiamano con nomi che non figurano su nessuna carta ufficiale greca. Parlano un dialetto che definiscono “nash” (il “nostro”), e che fa parte della famiglia linguistica che comprende anche i dialetti bulgari dei Rodopi.
La tradizione di “Ederlez” a Thermes è molto viva. In tre grandi ristoranti si cuoce agnello allo spiedo e si canta in tre lingue: bulgaro, greco e turco. Il banchetto più ricco è quello apparecchiato dall’Unione pomacca pan-greca, allietato dai musicisti di un famoso gruppo folk proveniente dal villaggio di Vievo, in Bulgaria.
Ahmet Imam, uno dei leader della comunità, sostiene che in Grecia ci siano oggi circa 80mila pomacchi, che parlano un dialetto e conservano un’identità culturale condivisa con gli abitanti del versante bulgaro dei monti Rodopi.
In Grecia il dialetto locale non ha spazio nel sistema scolastico, e si insegna di generazione in generazione all’interno delle famiglie degli slavi musulmani della regione. Dal 1998 un’associazione culturale pomacca stampa la rivista “Zagalisa”, che in dialetto locale significa “ci vogliamo bene, ci amiamo”.
Prima che inizi il pranzo organizzato dall’Unione, arriva in elicottero lo sponsor dell’avvenimento, il ricco businessman greco Prodromos Emfiyecioglu, membro onorario dell’organizzazione.
Nella vicina trattoria si canta in greco, mentre a fianco del locale è stato eretto un palco da cui si canta in lingua turca. In questa cacofonia musicale si può intravedere l’insieme di aspirazioni e tendenze che segnano la competizione per l’anima di questa piccola minoranza periferica, sospesa tra l’identità pomacco/bulgara, quella greca e quella turca.
La tradizione di "Ederlez" vuole che di mattina si faccia il bagno, e che nell’acqua si pongano numerose foglie di geranio (“zdravetz” in lingua bulgara, pianta ritenuta di grandi qualità curative n.d.r.). Quest’anno a Thermes, sono venuti anche molti pomacchi dalla Bulgaria a festeggiare.
In una delle sorgenti termali fanno il bagno donne del villaggio musulmano di Nedelino, insieme a donne locali. E tra loro parlano tranquillamente, senza bisogno di interpreti. “Siamo parte dello stesso popolo. A Ladzhata e Shein (Echinos in greco, popoloso villaggio alle porte di Xanthi) parlano come noi”, mi dice Nasibinka di Nedelino.
Per "Ederlez", a Thermes, le ragazze più eleganti vengono dal villaggio di Glafki (o Gechebunar, circa duemila abitanti), coperte da veli di seta dai colori sgargianti, tipici della tradizione pomacca. Ali Rongo, musicista di Glafki, così definisce l’identità dei musulmani di Xanthi/Skecha: “Noi non siamo turchi. Siamo musulmani, e ci capiamo con la gente di Bulgaria, con quelli di Shiroka Laka e Smolyan (cittadine dei Rodopi bulgari). Molte parole sono in comune”.
L’accesso a questi villaggi isolati, in una fascia di 30 chilometri dalla frontiera, era molto difficile per gli stranieri fino al 1995. Con l’ingresso della Bulgaria nell’Unione europea, la popolazione musulmana ai due lati della frontiera ha potuto di nuovo comunicare e (ri)conoscersi. Un ulteriore passo avanti è stato fatto il 15 gennaio 2010, quando i premier di Bulgaria e Grecia hanno inaugurato il nuovo varco di frontiera di Zlatograd-Thermes.
La cittadina di Zlatograd si trova a soli dieci minuti dalla frontiera, ed in poco tempo è divenuta una destinazione per lo shopping per gli abitanti provenienti dalle regioni di Xanthi, Drama e Kavala, visti i prezzi più accessibili dei negozi in Bulgaria.
Secondo Aleksandar Mitushev, albergatore e proprietario di un complesso etnografico privato a Zlatograd, l’apertura del nuovo varco di frontiera aiuterà lo sviluppo di turismo culturale e ripristinerà i vecchi contatti tra Bulgaria e Grecia. Nel complesso sono state restaurate antiche case del XIX secolo appartenenti a commercianti locali, che scendevano verso i porti sull’Egeo per poi trasportare le merci verso i Rodopi con carovane di cammelli.
Secondo Mitushev, la popolazione pomacca in Grecia rappresenta un ponte tra questa e la Bulgaria. “Sono bulgari musulmani, pomacchi. Queste popolazioni hanno vissuto nell’isolamento, in Grecia vengono chiamati pomacchi e sono lasciati sotto l’influenza della Turchia…Molti hanno studiato proprio in Turchia, e i giovani capiscono meglio il turco che non il bulgaro”.
I pomacchi di Xanthi/Skecha parlano sia greco che pomacco, mentre quelli della regione di Komotini parlano greco e turco ed hanno quasi dimenticato il pomacco. Secondo Zafeirios Mekos, avvocato di Komotini esperto di minoranze musulmane nella Tracia Occidentale, anche grazie alla pressione della Turchia tutti i musulmani della regione vengono considerati turchi.
Secondo Mekos la festa di "Ederlez" viene utilizzata dalla componente turca per allontanare i pomacchi dai cristiani. Mekos ritiene che nella Tracia greca oggi vivano intorno ai 35mila pomacchi. “I pomacchi tengono alla propria identità particolare. I pomacchi sono sunniti, e in alcuni villaggi vicini al confine turco ci sono comunità di ‘kazalbashi’, musulmani mistici che bevono vino e le cui donne sono più libere e non hanno l’obbligo del velo. I ‘kazalbashi’ hanno alcune tradizioni cristiane. Ad esempio si fanno il segno della croce quando spezzano il pane”.
A Iasmos, cittadina di cinquemila persone alle falde dei monti che si alzano tra Komotini e Xanthi, chiamata "Yasyu Kyoi" dai locali abitanti di religione musulmana, vivono due comunità, greca e pomacca. Le principali fonti di reddito sono l’allevamento e la coltivazione di tabacco.
In questa regione il dialetto pomacco è quasi perduto.Myumyun si occupa di pastorizia, è nato al confine con la Bulgaria, nel villaggio di Kaloticho (o “Ugurli” in dialetto pomacco). Myumyun intona una famosa canzone dei Rodopi, “Bela sam, bela yunache” nota anche in Bulgaria. L’ottantenne Ayshe, anche lei nata a Ugurli, racconta che, quando con la famiglia è arrivata a Iasmos sapevano parlare solo pomacco e greco, ma che poi hanno imparato anche il turco.
Ayshe è la sciamana del villaggio, e conosce antichi rituali utilizzati per tener lontano il malocchio. Quando l’ho pregata di cantarmi qualche vecchia canzone, si è ricordata solo di canzoni in turco. Le canzoni in pomacco, che non canta da molti anni, le ha ormai dimenticate.
A Organi, villaggio nella regione di Komotini, il sindaco Mehmet Eminoglu mi spiega che, su undici villaggi pomacchi della municipalità il vecchio dialetto si parla solo nel villaggio di Mirtiski. I giovani dimenticano la lingua, e solo i vecchi sono in grado di cantare le canzoni tradizionali. “Nella scuola elementare qui si studia in greco e turco. Qui in Grecia il governo sostiene che si tratta di popolazione turca, visto che c’è il timore che la Bulgaria possa avanzare pretese su queste minoranze”.
Secondo Eminoglu la minoranza pomacca somiglia ad una mela, tagliata in due metà dai monti Rodopi: ogni villaggio in Grecia ha il suo villaggio gemello in Bulgaria. “Noi siamo cittadini europei, cittadini greci, di origine ottomana o turca, così almeno si sentono la maggior parte di noi”, racconta il sindaco. “Io capisco il bulgaro, ma non lo so scrivere. Quando nasce un bambino in una delle nostre case, però, la prima lingua che impara è il pomacco”.
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