Nella Repubblica caucasica di Inguscezia si è votato l'8 settembre per il presidente. Yunus-Bek Yevkurov è stato riconfermato nel suo ruolo non però dal popolo ma con una votazione da parte dell’assemblea legislativa locale, la quale ha scelto fra una rosa di candidati presentati da Vladimir Putin
Nel Nord-Caucaso i motivi di polemica non mancano mai, data la complessità della regione e la molteplicità di interessi che vi si agitano. Anche in Inguscezia, come in tutta la Russia, l’8 settembre si sono svolte le elezioni per la presidenza della repubblica. Vincitore è risultato l’attuale titolare Yunus-Bek Yevkurov, esponente di "Russia Unita”, dimissionario dal luglio scorso. La votazione non è avvenuta con la partecipazione popolare, ma si è svolta nel parlamento regionale, con un procedimento che, fra tutti gli 80 "soggetti della federazione”, hanno scelto solo Inguscezia e Daghestan. Yevkurov ha ottenuto 25 voti sui 27 deputati presenti, mentre 2 hanno espresso la loro preferenza per il deputato del Consiglio comunale di Nazran’, Uruskhan Evloev. Nessun voto invece è andato al terzo candidato, il vicespeaker del parlamento regionale Magomed Tatriev.
Chi ha scelto il presidente
Ricordiamo la situazione giuridica: nel marzo 2013 in Russia è stata adottata una legge federale che consente alle regioni di sostituire l’elezione diretta del presidente con una votazione da parte dell’assemblea legislativa locale, la quale sceglie fra una rosa di candidati presentati dal capo del Cremlino, Vladimir Putin, su raccomandazione dei partiti politici. In Inguscezia, il cui governo è saldamente nelle mani di "Russia Unita”, questa scelta del modo elettorale ha suscitato la vivace protesta dell’opposizione la quale ha insistito sul fatto che le elezioni popolari dirette non possono provocare alcuna complicazione, in termini di temute conflittualità interetniche, in una repubblica sostanzialmente monoetnica come l’Inguscezia, a differenza del multietnico Daghestan.
Democrazia non per tutti
Le elezioni però, come del resto c’era da aspettarsi, hanno dato luogo a polemiche. La più rilevante è stata quella originata dallo stesso capo del governo russo Dmitrij Medvedev. Intervenendo il 19 agosto ad un incontro a Pjatigorsk con i partecipanti al Foro giovanile nord-caucasico "Mašuk 2013”, il capo del governo russo aveva fatto delle osservazioni sulla maggiore o minore maturità democratica di certi paesi. "Ritengo – aveva detto Medvedev – che dovunque si debbano tenere le elezioni. Un’altra faccenda è che nei casi in cui la cultura politica è ancora un po’ diversa, possiamo stabilire per questo un certo periodo di transizione”. Insomma, democrazia sì, ma non subito e non per tutti. Il premier non spiegò se la sua osservazione si riferisse anche alla Russia in senso stretto. Sta di fatto però che gli inguš la presero male, riferendo a se stessi le riserve espresse da Medvedev. Si mosse per prima un’associazione pubblica locale, il “Consiglio civile inguscio” il cui Consiglio di coordinamento chiese al presidente russo Vladimir Putin di “commentare le dichiarazioni non ben ponderate del primo ministro Dmitrij Medvedev sulle particolarità della cultura politica nella nostra repubblica”. Infatti, secondo gli autori della richiesta, “a nessuno è concesso dividere i popoli sulla base di una cultura politica 'giusta' o 'diversa'”. Il documento contiene anche la richiesta a Putin di “tranquillizzare il popolo inguscio che si sente irritato”. La controversia ha avuto una notevole eco sui media di Magas e Nazran’. In ogni caso essa dimostra quanto siano ancora suscettibili le popolazioni del Nord-Caucaso alle “prediche” provenienti da Mosca, immediatamente considerate un’offesa al loro orgoglio nazionale.
Il potere ha reagito con imbarazzo alla protesta. Il segretario-stampa del premier, Natal’ja Timakova, ha banalizzato l’argomento, osservando che il capo del governo “ha chiaramente espresso la sua posizione” circa la necessità di svolgere elezioni dirette, tuttavia “alcune regioni, in base alla legge, hanno preferito un altro schema e in tal modo hanno dimostrato la propria apertura politica all’una o all’altra variante”.
A sua volta il portavoce di Putin ha affermato di non essere al corrente se da parte dei "Consiglio civile inguscio" sia mai arrivata al presidente questa lettera di protesta contro le dichiarazioni di Medvedev, ma nello stesso tempo ha dichiarato di dubitare che Putin avrebbe dato un pubblico giudizio sulle parole del premier. “Il presidente ha già espresso la sua posizione quando inviò all’assemblea legislativa della repubblica la lettera con le tre candidature alla carica di capo della regione”, ha concluso Sviridov, in sostanza eludendo la domanda.
L' assassinio di Kotiev
Purtroppo, anche quest’anno non è mancato nel Nord-Caucaso quello che potremmo definire il “giallo dell’estate”. L’anno scorso, il 28 agosto, una terrorista-suicida di osservanza “wahhabita” aveva ucciso in Daghestan lo šeykh Said Afandi Čirkejskij, uno dei più autorevoli maestri della confraternita islamica “sufica” e anti-wahhabita detta “Naqšbandiyya”. Quest’anno il 27 agosto, esattamente 12 mesi dopo, è toccato ad Ahmed Kotiev, segretario del Consiglio di sicurezza dell’Inguscezia. L’attentato è avvenuto di mattina presto sulla strada Malgobek-Nazran’. Kotiev stava recandosi in ufficio a bordo di un’auto di servizio al volante della quale si trovava suo cugino. Gli assalitori hanno aperto il fuoco sull'auto provocando la morte del guidatore, mentre Kotiev, rimasto gravemente ferito, è morto poco dopo in ospedale. Uno dei tanti atti di violenza nel Nord-Caucaso dove nel 2012 si sono avute 1.225 vittime ed altre 495 nei primi sei mesi del 2013. La casa di Ahmed Kotiev a Malgobek era già stata attaccata a colpi di bazooka nel giugno 2012, ma senza provocare vittime.
Il leader ceceno Kadyrov riferisce sull'assassinio
L’assassino di Kotiev è stato arrestato pochi giorni dopo, il 3 settembre, in Cecenia e la notizia è stata data personalmente dal Ramzan Kadyrov, capo di questa repubblica, via internet. È stata certamente una “rivincita” di Kadyrov sul presidente inguscio Yevkurov. Fra i due leader non corre infatti buon sangue da quando nell’aprile scorso centinaia di militari armati ceceni hanno “invaso” l’Inguscezia, commettendo anche atti di violenza, e Yevkurov rispose con una graffiante intervista alla radio moscovita “Dožd’”, alla quale seguirono altre bordate polemiche.
Secondo l’informazione di Kadyrov, dunque, l’arrestato, che ha confessato, si chiama Artur Dolsaev, residente nel distretto di Malgobek in Inguscezia. Ma Kadyrov aggiunse anche qualcosa in più, sostenendo che l’assassinio del segretario del Consiglio di sicurezza inguscio era stato preparato da un gruppo di guerriglieri comandato da tale Artur Getagažev, a sua volta seguace di Doku Umarov , ultimo presidente dell’Ičkeria (la Cecenia secessionista di Džokhar Dudaev), poi datosi alla macchia e proclamatosi capo dello “stato virtuale” dell’”Imarat Kavkaz”. La partecipazione di Getagažev all’attentato è stata confermata anche dalla polizia di Malgobek. Il motivo dell’uccisione di Kotiev non è stato chiarito, ma Yevkurov ha fatto l’ipotesi che l’attentato possa essere connesso con l’attività del funzionario “per il recupero alla vita civile dei componenti delle bande armate”, cioè per il reinserimento nella società dei guerriglieri che rinunciano alla lotta armata.
La reazione del presidente dell'Inguscezia Yevkurov
Di fronte alla recrudescenza della violenza, Yevkurov ha deciso di ricorrere a misure drastiche. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato un attentato nel villaggio di Nesterovka (Inguscezia) contro un poliziotto, successivamente deceduto in ospedale. Yevkurov ha convocato una seduta straordinaria della Commissione antiterroristica dove ha dichiarato: “A edificazione delle persone che simpatizzano con i criminali e li aiutano, le case delle famiglie che hanno ospitato i banditi verranno abbattute e gli appezzamenti di terreno verranno confiscati”. Queste misure, ha sottolineato il presidente, saranno prese nei confronti di una famiglia che ha ospitato un “bandito” di nome Barčišvili. “La casa nella quale ha vissuto il bandito – ha annunciato Yevkurov – sarà demolita e il terreno confiscato. Su questo luogo costruiremo in condominio. Inoltre – sempre a detta di Yevkurov – tutti coloro che daranno asilo, alimentari e presteranno altri aiuti ai banditi, verranno denunciati per connivenza con i guerriglieri. Tutti devono capire – ha concluso il presidente - che se si apre la propria casa a una persona, se ne deve anche rispondere”.
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