Alessandro Profumo, Amministratore delegato di UniCredito Italiano

Integrazione europea, relazioni con il sud est Europa, riferimenti valoriali da rispettare operando tanto in Italia che in Serbia, Croazia o Bosnia Erzegovina ... sono temi affrontati dall'amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo al recente convegno di Osservatorio sui Balcani. Un resoconto del suo intervento

24/11/2005 -  Davide Sighele

Alessandro Profumo, Amministratore delegato di UniCredito Italiano

L'amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo è intervenuto come relatore a "L'Europa di mezzo" convegno internazionale di Osservatorio sui Balcani tenutosi a Trento lo scorso 4 e 5 novembre.

Dopo aver promosso il dibattito sulla cooperazione allo sviluppo e solidarietà nel sud est Europa, sul tema dell'elaborazione del conflitto e della riconciliazione, sui due "protettorati" in seno all'Europa, Bosnia e Kosovo, Osservatorio ha deciso di far proprio un nuovo filone d'approfondimento. Quello della trasversalità, dei punti di contatto e di rigetto tra due mondi che si relazionano con i Balcani: quello dell'imprenditorialità e quello della cosiddetta cooperazione decentrata e della solidarietà internazionale.

Per questo l'invito ad Alessandro Profumo il cui punto di vista, proprio quale conseguenza dell'intensa attività ed interesse del gruppo che dirige verso il "nostro oriente", è senza dubbio privilegiato.
Unicredit, dalla Russia alla Turchia
La presenza del gruppo Unicredit nell'Europa orientale è senza dubbio rilevante. Lo è diventata ancora di più in seguito alla recente acquisizione del gruppo tedesco HVB. "Dalla Russia alla Turchia abbiamo circa 60.000 persone che lavorano per noi" ha spiegato Profumo "se poi si contano anche le loro famiglie possiamo dire che circa 200.000 persone vivono grazie al fatto che hanno un rapporto economico con noi". Poi alcuni dati sull'area dei Balcani, dove Unicredit è stata tra le più attive banche europee: "In Croazia abbiamo circa 4500 colleghi, in Bosnia 1000, in Serbia 500, in Romania più di 2000, in Bulgaria circa 3000 ed infine in Turchia 16.000".

Stimolato da un intervento dal pubblico Alessandro Profumo ha inoltre specificato che nel rapportarsi con queste realtà del proprio gruppo viene assolutamente sovvertito il concetto di centro -periferia. "E' stata una delle grandi fortune di questa nostra avventura paneuropea, abbiamo 19 mercati diversi - e nei nostri ricavi quello italiano rappresenta più o meno il 30% - e quindi non si può dire un Paese sia più importante di un altro. Non esiste un centro ed una periferia. Ad esempio in Turchia abbiamo 7 milioni di clienti, in Polonia 5 e mezzo. Per noi è importante essere una banca locale, sarebbe ad esempio un vero dramma se in Polonia fossimo percepiti come una banca italiana, tedesca o austriaca. In Polonia dobbiamo essere una banca polacca o addirittura di Varsavia, Cracovia o Danzica ....
Integrazione europea, non solo una questione economica
"Abbiamo annunciato l'operazione di acquisizione dell'HVB quando in Francia vi è stato il voto negativo nel referendum sulla Costituzione europea. Noi siamo interessati di fatto a quello che possiamo chiamare allargamento dell'Unione, ad un'integrazione non solo e non tanto per motivi economici ma perché l'adesione all'Unione avviene innanzitutto con tutti quei meccanismi di allineamento istituzionale che sono un elemento chiave per assistere ad uno sviluppo democratico dei Paesi e delle economie di quei Paesi" ha affermato l'amministratore delegato Unicredit "credo comunque che occorra continuare a ragionare in modo serio ed approfondito su cos'è l'Unione e cosa implica l'allargamento".

Alessandro Profumo ha poi sottolineato che sono due i concetti chiave per poter analizzare al meglio il tema dell'allargamento.

Il primo è quello dell'identità. "E' un aspetto fondamentale. Come gruppo bancario ci siamo posti questo problema. Vogliamo essere un gruppo bancario unitario e quindi riconoscerci in un sistema di valori che abbia degli elementi forti e comuni. Allo stesso tempo non vogliamo disperdere le identità che di questo gruppo fanno parte, le nostre radici".

"Credo che il tema dell'allargamento dell'Unione riguardi gli stessi temi. Occorre discutere di come si possano far convivere diversi livelli identitari senza disperderne perché si passa ad un livello successivo. E come ha affermato Zlatko Dizdarevic, del Ministero degli esteri bosniaco, nella misura in cui non c'è una risposta positiva nei confronti del tema dell'identità si rischia di tornare indietro al nazionalismo".

L'altro concetto sollevato da Profumo nel suo intervento è stato quello di "integrazione". "Si possono individuare diversi modelli di creazione dell'identità. E' molto diverso parlare di integrazione piuttosto che di omologazione. Quando ad esempio si hanno rapporti con aziende americane, la tendenza è quella omologante: sempre lo stesso marchio, modelli molto centralistici. Un modello che ha anche una sua efficienza e dei valori propri" ha affermato Profumo "ma a mio avviso integrare significa avere capacità di rispetto e di ascolto".

E queste considerazioni portano Profumo a ritenere che parlare di UE solo in ottica economica è drammaticamente "riduttivo e fallimentare". "Il vero valore dell'Unione europea è che si creano degli standard istituzionali e di regole che consentono ai singoli paesi di avere dei passaggi in avanti in termini di crescita e di sviluppo. E' fondamentale - anche per noi, nel nostro quotidiano - avere un sistema giudiziario efficiente, delle leggi strutturate per quanto riguarda i diritti di proprietà ecc. E' fondamentale per noi per svolgere bene questo mestiere ed è altrettanto fondamentale per queste economie affinché si sviluppino".
Integrazione a più velocità
Alessandro Profumo si è inoltre soffermato sulla questione di un'integrazione a più velocità. In una delle relazioni che lo avevano preceduto si sottolineava il rischio che stabilire percorsi temporalmente diversi per i vari Paesi balcanici nel loro cammino verso l'Unione rischi di rallentare l'accesso dell'intera area e lasciare qualcuno fuori.

Profumo con quest'affermazione non si è dichiarato d'accordo. "Mi fa un po' paura l'approccio che banalizzando si può descrivere del "tutti o nessuno". Perché ritengo innanzitutto che vi siano dei meccanismi emulativi positivi e poi chi è più avanti è giusto che venga aggregato prima alla comunità, intesa come insieme di soggetti che riconoscono le stesse regole".

Poi a suo avviso si prospetterebbe il rischio che si interrompano i percorsi di riforma che - con modalità differenti - stanno attraversando tutti i Paesi dell'area. "Aspettare tutti l'ultimo vagone del treno può essere pericoloso perché può generare dei ritorni all'indietro di chi sta più avanti. Anche perché occorre tener presente che l'adeguamento agli standard dell'aquis communitaire prevede grandi sforzi da parte di questi Paesi dal punto di vista culturale e dal punto di vista dell'evoluzione dei modelli di gestione dell'economia. Laddove gli sforzi non vengano premiati si corrono rischi rilevanti. Anche perché è la stessa Unione che non si è ancora riformata nei propri meccanismi di funzionamento e che non gode di un'immagine proprio brillante nei Paesi di nuovo accesso. In Polonia per le elezioni europee hanno votato circa il 30% dei cittadini. Di questo problema noi dobbiamo farci carico. Non dobbiamo dire "sono loro che non capiscono nulla". Se non funziona un meccanismo di premi/sanzioni rispetto all'integrazione tutti quelli che devono ancora entrare potrebbero decidere di starsene fuori, fare da soli, gestire la competizione attraverso svalutazioni o quant'altro e comunque evitando di avere quelle tensioni sociali che con l'adeguamento ai meccanismi dell'Unione possono causare. E' stato il grande rischio che si è avuto con la Turchia prima della decisione che è stata assunta dall'Ue lo scorso 3 ottobre".
Il sistema dei valori
Recentemente il gruppo Unicredit ha avviato un percorso che ha portato a realizzare una "Carta dell'integrità", un documento nel quale vengono definiti i valori ed i comportamenti nei quali il gruppo Unicredit si riconosce. Anche di questo ha parlato Profumo: "Abbiamo lavorato in tanti, sono state coinvolte alcune migliaia di persone in appositi "laboratori dei valori". Questo perché siamo pienamente coscienti del fatto che nessuna azienda può sopravvivere nel medio e lungo periodo se non ha una forte legittimazione sociale. Si può fare del profitto nel breve periodo ma nel medio e lungo periodo non si sopravvive e quindi non si genera valore. Quando si dibatte della contrapposizione tra legittimazione sociale dell'impresa e profitto si sbaglia. E' un approccio del passato, mai come oggi è chiaro che un'impresa scompare se non ha capacità di avere rapporti sostenibili con le comunità locali con le quali lavora, con i propri dipendenti, con i propri clienti e con i propri fornitori ... il rischio reputazionale è uno dei più grossi che dobbiamo gestire quotidianamente, nel nostro mestiere (bancari, ndr) forse anche più che in altri settori. Laddove ci dovesse essere un'offesa alla nostra reputazione in qualsiasi dei 20 paesi dove operiamo la propagazione di quest'offesa sarebbe ampliata a tutto il sistema e quindi il pensare che si opera in un modo in Serbia ed in un altro in Italia sarebbe un grossissimo errore. Ad esempio sul tema del riciclaggio svolgiamo e dobbiamo svolgere per norma e per volontà una serie di controlli estremamente stringenti, omogenei a livello di gruppo". Poi, nel dibattito alcune ulteriori specificazioni: "All'inizio si pensava di chiamare questo documento "Codice etico". Ma ho una certa repulsione nell'utilizzo della parola "etico" perché mi sembra che troppa gente la usi a sproposito. Vedere che c'è una banca che si chiama "Banca etica" mi da fastidio perché credo che qualsiasi banca debba essere etica, chiunque debba avere dei comportamenti etici. Quindi abbiamo optato per integrità che per noi significa identificarci con un forte sistema di valori che deve influenzare il nostro operare quotidiano e che vogliamo ci aiuti a creare una forte percezione reputazionale di noi nel mercato". Ed un ultimo appunto: "Abbiamo anche fortemente discusso della parola "reputazione" perché spesso si fa confusione tra reputazione ed immagine, le due cose sono totalmente diverse. Purtroppo a volte ci si occupa più di immagine che non di reputazione".

La sezione del sito dedicata al convegno


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