Renald Hysi (foto archivio privato)

Renald Hysi (foto archivio privato)

Nell’autobiografia di “uno dei tanti arrivati coi barconi”, Italia e Albania si possono guardare dall’esterno, chiedendosi chi sono stati e cosa stanno diventando. Definendosi “extra-terrone”, Renald Hysi non fa sconti a nessuno e racconta di una migrazione ormai dimenticata

21/03/2025 -  Marta Abbà

“L’Albania, è il Paese che sta vicino alla Polonia, vero?”. Sono passati anni da quando la sua maestra di seconda elementare gli ha così posto la domanda, ma Renald Hysi ancora se lo ricorda bene. Quando è arrivato in Italia, era l’unico in tutta la scuola proveniente dalle coste di fronte alla Puglia e uno dei pochi a non essere sbarcato dalla nave Vlora, quella che l’8 agosto 1991 da Durazzo ha portato a Bari oltre 20mila suoi connazionali.

Crescendo e vedendo Italia e Albania diventare "partner" e “partner in crime”, la narrazione del suo paese d’origine ha cominciato a suscitargli una sensazione di “non raccontato” crescente. Ha aspettato decenni, ma poi ha deciso di raccontare lui stesso la terra da cui arriva, e anche quella in cui è arrivato. A modo suo, con un fumetto: “L’invasione degli extra-terroni” .

Campanili e burocrazia: sorprese in arrivo

L'invasione degli extraterroni.

L'invasione degli extraterroni.
Un'autobiografia contro ogni confine
di: Renald Hysi, Elena Rapa
Editore: Becco Giallo
Anno pubblicazione: 2023

Se non basta il titolo per intuire lo stile scelto da Hysi per il proprio libro, lo si può fare dal sottotitolo che lo definisce una “autobiografia contro ogni confine”. Nella scelta del termine “contro”, c’è tutto lo spirito di lotta con cui l’autore ancora oggi parla di sé e dell’Albania e di un’Italia “a volte addirittura felice di sapere che ero un albanese, e non un terrone”.

Ecco perché il titolo del libro e un protagonista con una tripla nazionalità - sia albanese, sia “terrone”, sia “non-italiano” - che permette a Hysi di parlare “dell’Albania pre-capitalismo aggressivo che nessuno tuttora conosce e di un’Italia del Sud oggi inimmaginabile”.

“Prima del ‘97 il mio Paese era molto giovane, schizofrenico e soprattutto ingenuo. Dopo anni di quasi totale chiusura verso il mondo, molti non conoscevano ciò che nei sistemi occidentali capitalistici era noto da un decennio e sono infatti rimasti vittime di truffe come quella dello schema Ponzi", racconta. "Da piccolo dormivo con il suono delle bombe, per strada la mattina trovavo i bossoli di kalashnikov, ma per me e i miei amici era tutto un gioco. Non volevo partire, ma restare con loro”.

Della sua infanzia Hysi ricorda un Sud Italia “con un senso di comunità molto legato alle chiese e alle parrocchie”, strano per chi, come lui, veniva da una città grande come Valona. Appena ha iniziato a spostarsi e a crescere, tra episodi di razzismo e solidarietà, ha poi presto compreso che, oltre al “Paese dei tanti campanili”, l’Italia è anche un “terribile labirinto burocratico”.

Con la stessa armatura ironica dell'extraterrone che indossa nel suo fumetto, Hysi ci sta navigando tuttora ed è proprio in una delle tante strade cieche imboccate cercando di uscirne che ha maturato il coraggio di esporre la sua storia di migrante. Uno dei tanti che rimbalza tra ministero, uffici, associazioni e avvocati “malandrini” e non ha ancora nulla in mano.

La burocrazia blocca, il fumetto libera

“Volevo raccontare una storia di migrazione, ma non certo la mia. All’inizio avevo in mente quella di una famiglia che dalla Siria attraversava il Mediterraneo arrivando a Lione, ma attraverso l'Italia. L’ho studiata, l’ho proposta ad alcune case editrici e BeccoGiallo mi ha risposto invitandomi nella sua sede - racconta - quando li ho incontrati, però, mi hanno detto che non erano interessati alla storia proposta. Avrebbero pubblicato volentieri la mia”.

Ci sono voluti un paio di mesi perché Hysi si convincesse a “mettere in piazza la mia vita. Non era il massimo - spiega - ma ho poi pensato che anche condividendo la mia personale esperienza di migrazione avrei potuto mandare un messaggio importante”.

Dopo aver studiato libri e documenti e aver intervistato la madre per ricostruire parti di passato che ricordava parzialmente, Hysi ha poi mescolato la realtà con qualche favola albanese, “per alleggerirla”, lavorando a quattro mani con l’amica disegnatrice Elena Rapa.

“Emotivamente è stato impegnativo, molte volte ho dovuto uscire dalla biblioteca dove studiavo la storia albanese per prendermi un caffè: non riuscivo a continuare senza piangere - racconta - soprattutto ripensando alla barca e ai maltrattamenti dei bulletti. Ma una volta messo tutto su carta, sono stato meglio e, quando nel 2023 il libro è stato pubblicato, ho ricevuto molti più complimenti di quanto immaginassi”.

Niente copia incolla, noi siamo albanesi

Portando in giro la propria autobiografia “contro ogni confine”, Hysi ha rifatto il giro d’Italia come da piccolo ma con tappe diverse e nuovi incontri. Un viaggio che, come una cartina tornasole, gli ha permesso di notare gli attuali contrasti del paese in cui abita dagli anni Novanta.

Cita “un’animata discussione in un circolo letterario sulle montagne vicino a Urbino, un po’ di destra” ma in cui poi ha venduto tante copie, e “un bel dibattito organizzato da un collettivo di Bologna con la prima sindaca italiana di origini albanesi, quella di Pieve di Cadore: Sindi Manushi”.

Assieme hanno parlato di come oggi sia diverso lo sguardo degli italiani verso gli albanesi, perché “ormai il problema si è spostato e, appena imparato a conoscere i loro potenziali nemici, sono diventati subito nostri migliori amici”. Ciascuno con il proprio punto di vista, quella sera hanno guardato anche all’Albania di oggi e a come è “totalmente cambiata”.

“Era tra i paesi più poveri del mondo, noi siamo arrivati qui disperati, a volte attaccati sotto ai camion alla ricerca di un benessere che significava semplicemente poter mangiare e dormire - racconta - oggi siamo un narcostato. E un paradiso fiscale”.

Sembra durezza, ma è amarezza quella che risuona nella voce di Hysi. Nel suo fumetto non l’ha messa, ma lo accompagna sempre, spiega lui stesso. “Quando vado lì, mi arrabbio. Vedo tanti giovani albanesi con la voglia di scappare in America, Germania, Belgio e Canada e vorrei dire loro quanto è dura la vita da migranti - racconta - ma in parte li capisco. Al di fuori della scuola o del lavoro, non hanno spazi di ritrovo. I pochi che esistono, non se li possono permettere. Sono per un’élite”.

Lui stesso aveva provato a crearne un luogo che fosse accessibile e aperto a tutti, alla collettività. “Mi aveva coinvolto un gruppo di ragazzi belgi, assieme abbiamo trasformato una ex fabbrica nel primo centro sociale di Tirana. Poi, finiti i lavori, sono tornati a casa loro lasciandocelo da gestire e siamo rimasti io e un mio amico senza riuscire a organizzare altro che il doposcuola per alcuni bambini del quartiere”.

D’altronde, se la maggior parte degli albanesi fa orari di lavoro “micidiali”, dove trova il tempo libero da dedicare a un centro sociale? Hysi lascia la domanda sospesa e conclude così: “Non è colpa dell’Albania se progetti come quello falliscono. Abbiamo i nostri difetti, ma non si può pretendere che un format nato in Belgio funzioni anche qui, facendo un semplice copia e incolla”.

Unisciti alla MigraVoice Superpower Community, una comunità transfrontaliera di esperti con esperienze migratorie che mettono a disposizione dei media e dei giornalisti europei le loro competenze e conoscenze come fonti autorevoli e affidabili in un'ampia gamma di discipline. L'iniziativa mira a contrastare la de-umanizzazione ed esclusione delle voci di migranti e rifugiati dalle narrazioni dei media europei tradizionali, avvalendosi anche di una piattaforma digitale all'avanguardia.
 

Questo articolo è stato prodotto nell'ambito di “MigraVoice: Migrant Voices Matter in the European Media”, progetto editoriale realizzato con il contributo dell'Unione Europea. Le posizioni contenute in questo testo sono espressione esclusivamente degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni dell'Unione europea.


Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!