Il primo Moldova Reintegration Forum ha fornito un’occasione per discutere di alcune questioni che per anni hanno plasmato il conflitto con la Transnistria. In un contesto regionale in costante cambiamento, le vecchie questioni riemergono però sotto una luce diversa, aprendo delle opportunità per andare avanti
(Questo articolo è stato pubblicato contemporaneamente da balcanicaucaso.org and peaceagency.org )
Lo scorso 11 aprile l'ufficio governativo per la Reintegrazione moldavo, insieme ad alcuni rinomati think tank locali, ha organizzato il primo Moldova Reintegration Forum . Non si è trattato di un evento di grandi dimensioni e – nonostante il nome – non è stata la prima volta che la reintegrazione della regione della Transnistria in territorio moldavo è stata al centro di un incontro. Questa volta però nella sala conferenze aleggiava uno stato d’animo diverso: c’è qualche possibilità di superare il conflitto che si protrae da più tempo in Europa continentale?
Si ha l’impressione che alcuni relatori intervenuti alla conferenza siano più ottimisti rispetto al passato. Sembra infatti ragionevole pensare che nei prossimi mesi si possa aprire una finestra di opportunità per risolvere il conflitto transnistriano, anche se non necessariamente in termini di reintegrazione delle due sponde del Nistru/Dnestr.
Nel 1990 la Transnistria dichiarò l’indipendenza dalla Moldavia sovietica e due anni dopo, nel 1992, scoppiò una guerra tra i separatisti sostenuti dalla Russia e le forze moldave. Lo scontro si concluse con un cessate il fuoco, sancendo l’inizio di un conflitto congelato che perdura da allora.
Nuovi negoziati in vista?
Lo scenario di una possibile (seppur ancora imprevedibile) risoluzione del conflitto non è fondato sui negoziati già avviati. I colloqui nel formato 5+2 , mediati dall’OSCE, attualmente sono in stallo, e non si intravede un altro tentativo di mediazione diretta. Tuttavia, l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Federazione russa ha rovesciato alcune questioni e percezioni fondamentali. Se nel 2022 in Moldavia regnava un clima di profonda paura – molti cittadini moldavi erano pronti a lasciare il loro paese nel caso di un’eventuale conquista della regione di Odessa da parte di Mosca, conquista che avrebbe minacciato Chişinău – ora la percezione è cambiata. Oggi più che mai la Moldavia è concentrata sul proprio futuro, anche se il Cremlino rappresenta ancora una minaccia.
L’attuale finestra di opportunità dipende principalmente da due fattori. Primo, la fornitura gratuita di gas a Tiraspol da parte di Mosca potrebbe essere interrotta il primo gennaio 2025. Tale svolta potrebbe innescare una crisi economica e sociale nella regione e spingere i politici e le élite economiche locali a cercare alternative praticabili. Secondo, la guerra in Ucraina ha conferito nuova rilevanza ad un semplice dato geografico: la Federazione russa non ha accesso diretto alla Transnistria, fatto che riduce la portata dell’influenza russa nella regione, almeno dal punto di vista militare.
Mosca e il ruolo della Găgăuzia
Chiaramente, Mosca dispone anche di altri mezzi per destabilizzare Chişinău, soprattutto in vista del referendum sull’UE e delle elezioni presidenziali previste per il prossimo 20 ottobre, alle quali Maia Sandu con ogni probabilità verrà riconfermata presidente della Moldavia . Dopo l’invasione dell’Ucraina, nella regione della Transnistria sono state effettuale diverse operazioni sotto falsa bandiera , alcune al limite del ridicolo e senza alcun impatto notevole. Allo stesso modo, la prospettiva di un’annessione di Tiraspol alla Russia sembra improbabile e non è nemmeno auspicabile per la maggior parte delle élite transnistriane.
In questo contesto, la Russia sta esplorando nuovi approcci per esercitare pressione su Chişinău, anche attraverso una regione moldava: la Găgăuzia. Quest’area, abitata principalmente da gagauzi – gruppo etnico turcofono, di religione ortodossa – è vicina alla Federazione russa dal punto di vista politico. All’inizio di aprile, Evghenia Guțul, presidente della regione autonoma, eletta grazie all’oligarca filorusso Ilan Shor, si è recata a Mosca per un incontro formale con Putin. Nel corso della visita, Guțul ha stipulato un accordo che prevede che tutti i pensionati e dipendenti pubblici in Găgăuzia possano richiedere un aiuto mensile pari a 100 dollari finanziato dal Cremlino . Ironicamente, la situazione della Găgăuzia è spesso considerata “un conflitto evitato” perché la regione ha negoziato la sua autonomia con Chişinău, evitando uno scontro come quello accaduto in Transnistria.
Il ruolo dell’integrazione europea e della leadership moldava
Negli ultimi mesi il governo moldavo ha spesso messo in secondo piano il conflitto transnistriano, percependolo come un potenziale ostacolo al percorso di avvicinamento della Moldavia all’Unione Europea. La Moldavia ha presentato la domanda di adesione all’UE nel 2022 e poco dopo ha ottenuto lo status di paese candidato, insieme all’Ucraina. Josep Borrell, Alto rappresentante UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha sottolineato che l’attuale situazione in Transnistria non rappresenta un ostacolo all’adesione di Chişinău all’UE.
Tale approccio però è considerato controverso. Nel corso del primo Moldova Reintegration Forum a cui si è accennato prima, Oleg Serebrian, vice ministro per la Reintegrazione moldavo, ha tracciato un legame diretto tra il processo di reintegrazione e il percorso di adesione della Moldavia all’UE. Serebrian ha anche espresso il desiderio di creare gruppi di lavoro per discutere gli standard europei, ammettendo però che alcune questioni, come la demilitarizzazione della Transnistria, sono complesse e almeno in parte legate alla situazione in Ucraina. Tuttavia, l’approccio di Serebrian, osservato nel suo insieme, sembra più proattivo rispetto al passato, essendo caratterizzato da una maggiore consapevolezza di una potenziale opportunità per negoziare con Tiraspol.
Benché il conflitto tra Moldavia e Transnistria perduri ormai da tanto tempo, nel corso degli anni sono state adottate alcune misure di rafforzamento della fiducia che hanno portato benefici tangibili alla popolazione locale. Se da un lato i risultati raggiunti nell’ambito nei negoziati ufficiali sullo status della Transnistria restano molto limitati, dall’altro il cosiddetto confine interno è rimasto quasi sempre aperto, così gli scambi e i movimenti tra le due sponde del Nistru/Dnestr non sono stati interrotti. In un contesto regionale in costante cambiamento, i leader locali hanno una rara opportunità di continuare in questa direzione, nonostante tutte le difficoltà.
Le autorità di Chişinău dovranno arginare l’ingerenza russa nella politica interna della Moldavia, al contempo rispettando i propri impegni democratici e costituzionali. Non dovrebbero però considerare Tiraspol esclusivamente come un portatore di interessi russi. Anziché un atteggiamento conflittuale, dovrebbero assumere una posizione pragmatica nei confronti delle élite transnistriane, dimostrando un sincero interesse per il benessere e il futuro della popolazione locale.
Questo articolo è stato scritto nell'ambito del progetto “Analisi di contesto e di scenario di crisi in Moldavia e Transnistria”, realizzato in collaborazione con l'Agenzia per il Peacebuilding .
Il progetto è realizzato con il contributo dell’Unità di Analisi, Programmazione, Statistica e Documentazione Storica – Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ai sensi dell’art. 23 – bis del DPR 18/1967. Le opinioni contenute nella presente pubblicazione sono espressione degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
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